ULTIME NOTIZIE Opinioni
Analisi
29.08.2016 - 11:440
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Il mio Mendrisiotto angosciato e ferito dopo decenni di ricchezza effimera. Dal lavoro, al traffico ai migranti. Pensieri, problemi e speranze dal culo della Svizzera

Le nostre fortune degli ultimi decenni sono sempre dipese dalla frontiera. Dal saperne approfittare in modo lecito e illecito. E ora che la frontiera non c'è più come c'era un tempo, il confine è diventata la nostra principale iattura. Ma nonostante tutto dobbiamo cercare di avere fiducia, di darci una mano l'un l'altro, di stare uniti e di stare insieme il più possibile. Somos todos Momò

di Andrea Leoni


È proprio vero che ogni sud ha il suo sud. E in generale più si va a sud e più la situazione peggiora rispetto al nord di riferimento. Un po', con una metafora di nobiltà volgare, come dal cervello, o dal cuore, al culo.  

 

Ho sempre vissuto nel Cantone più a sud della Svizzera. E nell'appendice più meridionale del Ticino: il Mendrisiotto. La mia regione non è sempre stata povera. Ma nei miei 30 anni ho visto disintegrarsi una ricchezza di cui avevamo beneficiato senza meriti particolari. Se escludiamo l'astuzia e l'abilità di approfittare di geografie e contingenze che il tempo ha rivelato essere effimere: il contrabbando, la piazza finanziaria, le pompe di benzina e via di seguito. Ricordo quando ero bambino le colonne di italiani alle stazioni di servizio che si facevano le palle d'oro non solo con i rifornimenti ma vendendo caffè, cioccolato e dadi. 

 

E poi i tanti che lavoravano in ferrovia, per la dogana…insomma per le amate ex regie federali. L'ultima volta che ho visto dalle mie parti ad occhio nudo un "boom" economico, nel senso di frotte di persone che venivano da oltre confine per spendere i soldi qui da noi, è stato ai tempi dell'adolescenza quando fiorirono (e in poco tempo sfiorirono) i canapai. Ancora una volta un impulso economico, diciamo così, temporaneamente semi-legale, effimero e dai dubbi risvolti etico-sociali.  

 

Le nostre fortune degli ultimi decenni sono sempre dipese dalla frontiera. Dal saperne approfittare in modo lecito e illecito. E ora che la frontiera non c'è più come c'era un tempo, il confine è diventato la nostra principale iattura. Beffardo il destino, ancora una volta. Diciamocelo con franchezza: abbiamo vissuto da sciuri, ma veramente da sciuri, perché per tanto tempo siamo stati seduti su una miniera d'oro. E ora che di oro non ce n'è più siamo diventati il culo povero della Svizzera. In realtà, se prendiamo i parametri economici nazionali, lo siamo sempre stati: solo che prima ci pulivamo con i biglietti da mille, oggi non abbiamo più nemmeno le pezze.  

 

Siamo vittime della globalizzazione ma è stata anche un po' colpa nostra. A campar sugli allori e ad assecondare in tutto e per tutto le esigenze capitalistiche del momento, va sempre un po' a finire così. Per carità, non che saremmo stati ricchi uguali a prima (i dané fanno sempre la differenza). Ma forse, ad averci pensato prima che la festa poteva finire, ci si sarebbe potuti attrezzare meglio per affrontare questi tempi di magra. Vabbé, ormai è andata, quel che è stato è stato: bisogna impiegare le energie per risolvere i problemi del presente senza sprecarle nel rivangare gli errori del passato, senza però scordarseli. 

 

Purtroppo non è facile e forse non è neppure possibile venirne fuori bene. Chiacchierando tra la mia gente sento tanta sfiducia, tanta angoscia e c'è una frustrazione sociale crescente e velenosa. D'altra parte le ferite sono profonde e sanguinano. Il problema del lavoro domina le parole e i sentimenti. Inevitabilmente, se pensiamo che in diversi comuni sono impiegati nel privato più frontalieri che residenti. Senza contare i padroncini, i lavoratori distaccati, la vertiginosa pressione sui salari, i molti giovani in assistenza o in disoccupazione. Poi c'è la piaga del traffico e dalle ultime consultazioni popolari (raddoppio del Gottardo e tassa di collegamento) abbiamo visto tutti come ha votato il Mendrisiotto. E la preoccupazione per l'inquinamento è la prima logica conseguenza dell'intasamento delle strade. 

 

A tutto questo, proprio in queste settimane, ha cominciato a picchiare forte alle nostre porte la catastrofe umanitaria dei migranti. Un ulteriore elemento di ansia che si somma alle altre. La maggior parte della mia gente è sempre stata aperta e generosa ma oggi si sente come abbandonata a se stessa e il livello di sopportazione e disponibilità vacilla. I momò, o almeno quelli con cui parlo io, si sentono come se dovessero farsi carico da soli di tutte le sfighe, o per meglio dire delle conseguenze – politiche, economiche e sociali – che si producono in questo Cantone, Paese, Mondo. Un po' come essere costantemente sacrificati sull'altare della Patria in nome della ragion di Stato e della ragion del soldo. 

 

In molti ce l'hanno con i politici, inevitabilmente. Quelli a Berna, a Bellinzona e anche con i sindaci e i municipali. Un rancore amplificato dal paradosso dell'epoca moderna dove la globalizzazione e la semplificazione della comunicazione, fa a botte quotidianamente con una complessità sempre maggiore dei problemi. E poi si sa: quando le cose non van bene si ha zero voglia di approfondire e ragionare. La pazienza diventa l'ultima delle virtù.

 

Io credo invece, al netto delle gravi responsabilità del passato, che ci sono state e non si devono negare, che nel Mendrisiotto abbiamo complessivamente delle buone amministrazioni. Solo che è difficile davvero tenere insieme le cose, far quadrare i conti, risolvere questioni così enormi, quando per di più le decisioni dipendono in minima parte da te, e molto spesso anche da chi sta immediatamente sopra di te, e le risorse sono quel che sono.  

 

Questa, ben inteso, non deve essere una scusa. Ai nostri politici locali dobbiamo chiedere idee, progetti e visioni. Ma più di ogni altra cosa serve coraggio (a loro, certo, ma anche a noi cittadini): è veramente giunto il momento di pensionare l'era del campanilismo, e dei piccoli ma tignosi egoismi microlocal. Dobbiamo fare quei grandi passi che sono ormai inevitabili per rialzarsi e costruire un futuro migliore. Un Mendrisiotto più unito ha le risorse per farcela, un Mendrisiotto diviso non ha nessuna speranza. 

 

Nonostante tutto dobbiamo cercare di avere fiducia, di darci una mano l'un l'altro, di stare uniti e di stare insieme il più possibile. L'ultima cosa di cui non abbiamo bisogno è metterci a litigare tra di noi. Perché è questa l'ansia maggiore che mi porto addosso quando giro per le strade della mia regione e parlo con la gente. Il problema forse meno evidente ma probabilmente più devastante in prospettiva: quello di cedere all'individualismo sbriciolando quel poco che resta dell'idea di comunità. 

 

Ai governanti della Svizzera e del Cantone dobbiamo continuare a chiedere attenzione e sostegno. Presenza, soprattutto. Venite, venite più spesso, a farvi un giro da queste parti. E a noi stessi, come singoli, dobbiamo chiedere di fare qualcosa di più per gli altri, per la comunità, ognuno secondo quel che può e quel che sa fare, come molti generosi concittadini stanno già facendo nelle forme più disparate: dai carnevali ai pranzi per chi è solo. 

 

Somos todos Momò. E poi, passatemi una battutaccia dopo tante negatività, un culo può anche essere meraviglioso e fare allegria, per dirla con Giorgio Gaber. 

 

Resta connesso con Liberatv.ch: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔
Tags
mendrisiotto
svizzera
tempo
culo
sud
decenni
problemi
frontiera
oro
traffico
News e approfondimenti Ticino
© 2024 , All rights reserved