Foto: TiPress/Carlo Reguzzi
ULTIME NOTIZIE Opinioni
Analisi
30.09.2016 - 18:530

Sanzioni più severe per i padroncini sleali: il Ticino canta vittoria per il voto a Berna. Ma intanto gli appalti pubblici finiscono sempre più spesso a ditte italiane con 'bucalettere' in Ticino che entrano con prezzi da liquidazione. Come nel caso del p

Invece di cantar vittoria per la decisione odierna del Nazionale - che ci sta - la politica (in particolare Governo e municipi) dovrebbero emanare chiare direttive e applicare nei concorsi pubblici il principio “prima i nostri”, nel senso, prima le ditte locali

di Marco Bazzi

Buone notizie da Berna, oggi. Il Parlamento, grazie anche all’impegno dei deputati ticinesi nel convincere i loro colleghi d’oltralpe, ha approvato il principio della proroga facilitata dei contratti normali di lavoro e l’inasprimento delle sanzioni per le ditte che violano le condizioni lavorative e salariali. Giro di vite, dunque, per i padroncini e le aziende sleali, con multe fino a 30 mila franchi, e divieto per le imprese estere di operare in Svizzera per un periodo da uno a cinque anni.

Però, sullo sfondo, resta una realtà che non è facile contrastare. A parte i ripetuti e scandalosi casi di dumping che ogni settimana fanno cronaca, le imprese estere hanno diversi modi per aggirare le regole, che per chi non ha alcuna etica se non quella dell’arraffare sono semplicemente ostacoli.

Prendiamo un’impresa che ha sede in Italia e apre una società ‘bucalettere’ in Ticino - con l’immancabile estensione “Suisse” -, per poter partecipare agli appalti pubblici. L’impresa ottiene un lavoro entrando nel concorso con prezzi stracciati. Porta i suoi operai dall’Italia, li fa lavorare sul cantiere a paghe svizzere (rispettando le regole, dunque), ma poi, quando gli operai tornano in Italia li fa lavorare gratis fino a recuperare i salari versati in eccesso (differenza tra salari svizzeri e italiani).

Professionisti dell’edilizia ci assicurano che è successo anche questo! E chi controlla che fenomeni del genere non avvengano? Nessuno. Impossibile farlo.

Ma meccanismi del genere spiegano perché le ditte estere possono entrare sul mercato a prezzi da liquidazione. Già godono di altri vantaggi concorrenziali rispetto alle ditte ticinesi: non formano apprendisti, non hanno costi di struttura (uffici, magazzini, depositi) e di amministrazione paragonabili a quelli di una ditta ticinese, il materiale e la manodopera se la portano dall'Italia, e magari non pagano nemmeno le tasse e gli oneri sociali che dovrebbero pagare. È chiaro che possono permettersi di fare una politica da spaccaprezzi.

Eppure gli enti pubblici continuano imperterriti a deliberare i lavori pagati con i soldi dei contribuenti ticinesi a imprese che non lasciano nulla sul territorio, anzi contribuiscono a impoverirlo sostituendosi alle imprese locali e mettendole in crisi.

Invece di cantar vittoria per la decisione odierna del Nazionale - che ci sta - la politica (in particolare Governo e municipi) dovrebbero emanare chiare direttive e applicare nei concorsi pubblici il principio “prima i nostri”, nel senso, prima le ditte locali.

Prendiamo uno dei tanti casi di appalti pubblici finiti a imprese italiane: il porto regionale del Gambarogno.  Bene hanno fatto, l’estate scorsa, le tre imprese ticinesi scartate a ricorrere al Tribunale amministrativo. I principali lavori per la costruzione del porto, che sorgerà a San Nazzaro, sono stati infatti assegnati dal Comune a un’impresa italiana, perché aveva presentato l’offerta più bassa, pare, tra l’altro, riducendola da 7 a 3 milioni nella seconda fase di concorso, che in prima battuta era stato annullato.

Ma il malvezzo è continuato anche sulla parte idraulica del porto. Il progettista del Comune aveva stimato il valore dei lavori in circa 380'000 franchi, ma una ditta di Como, con succursale svizzera nel Luganese, è entrata con un’offerta da 202'000 franchi e si è portata a casa l’appalto.

Non va bene! Non va proprio bene! Se il discorso può farlo un privato (ammesso che la sua coscienza glielo consenta) non lo possono fare gli enti pubblici!

Ma è partire dai capitolati dei concorsi che bisogna stabilire regole e valori che consentano di privilegiare le aziende ticinesi rispetto a una concorrenza estera che sarà sempre e comunque più a buon mercato.

E non è con l’albo degli artigiani che si risolverà il problema di fondo: se il criterio determinante nell’assegnazione degli appalti rimarrà prevalentemente il prezzo (e non la qualità del lavoro, l’attendibilità dei prezzi, gli aspetti sociali, ambientali e fiscali) le cose non cambieranno, anzi peggioreranno. E se la legge sulle commesse pubbliche ha dei buchi neri, la si cambi!




Resta connesso con Liberatv.ch: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔
Tags
ditte
imprese
ticinesi
appalti
prezzi
italia
ticino
vittoria
padroncini
liquidazione
News e approfondimenti Ticino
© 2024 , All rights reserved