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Salute e Sanità
04.10.2016 - 18:070
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

"L’unico modo per curarsi con gli antibiotici è usarli il meno possibile. Il mondo sta andando verso un’era post-antibiotica in cui malattie comuni torneranno a uccidere"

L'Internazionale rilancia e traduce un articolo del columnist Gwynne Dyer che fa il punto fa il punto su uno dei rischi maggiori legati a questi farmaci: quello che non funzionino più. “La diffusione della resistenza batterica sta diventando più rapida dello sviluppo di nuovi antibiotici”, ha avvertito la direttrice generale dell’Organizzazione mondiale della sanità Margaret Chan

LONDRA - Non è un tema esattamente in cima all'agenda quotidiana delle persone o della politica. Ma potrebbe presto diventarlo. Del resto, presto o tardi, e con più o meno frequenza, tutti noi incrociamo sulla nostra strada gli antibiotici. La Medicina per antonomasia, quando non bastano le aspirine o i rimedi della nonna.


Questi farmaci vengono vissuti in maniera controversa dai pazientii. Talvolta con assoluta serenità, pur senza nessun piacere, e talvolta come se ci si stesse per curarsi con la pillola del demonio. Ma non è questo il punto specifico di cui tratteremo in questo articolo.


Il columnist Gwynne Dyer ha pubblicato un pezzo dal titolo roboante: "L’unico modo per curarsi con gli antibiotici è usarli il meno possibile". L'articolo, ripreso e tradotto da Internazionale, fa il punto su uno dei rischi maggiori legati a questi farmaci: quello che non funzionino più. E che, di conseguenza, la vulnerabilità del corpo umano alle infezioni, torni indietro di un paio di secoli. 


Vale la pena ricordare che, soprattutto quando si tratta di questi temi, le opinioni non sono dati di fatto. E quella contenuta in questo articolo è un'opinione, certo molto ben informata, ma pur sempre un'opinione. Che serve a riflettere ed eventualmente ad approfondire, non a convincersi. 


"Recentemente - scrive Dyer - i paesi delle Nazioni Unite hanno firmato una dichiarazione che riconosce l’aumento della resistenza agli antibiotici come un rischio per la moderna medicina. È un buon inizio, ma è solo un inizio. E il tempo sta per scadere. “La diffusione della resistenza batterica sta diventando più rapida dello sviluppo di nuovi antibiotici”, ha avvertito la direttrice generale dell’Organizzazione mondiale della sanità Margaret Chan. “Data la scarsità di prodotti sostitutivi, il mondo sta andando verso un’era post-antibiotica in cui malattie comuni torneranno a uccidere”. La dichiarazione dell’Onu chiede di diminuire l’uso di antibiotici per preservarne l’efficacia, facendo invece un migliore uso dei vaccini e investendo più denaro per sviluppare nuovi antibiotici. Ma non prevede nessuno stanziamento di fondi e non rende illegale la pratica di somministrare dosi minime di antibiotici negli animali d’allevamento. L’Onu non può farlo: è una decisione che spetta ai governi nazionali.

 
"Un recente studio di Public Health England - prosegue il giornalista - ha scoperto che la proporzione di batteri campylobacter resistenti alla ciproflaxacina, l’antibiotico abitualmente usato in caso di intossicazione alimentare, è cresciuta dal 30 al 48 per cento negli ultimi dieci anni. Se non facciamo qualcosa rischiamo di tornare indietro al diciannovesimo secolo per quanto riguarda la nostra capacità di controllare le infezioni. Anche ferite minori e semplici operazioni diventerebbero potenzialmente mortali. Lo stesso vale per le malattie infettive. Nel diciannovesimo secolo la tubercolosi era la principale causa di morte dei giovani e degli adulti in Europa e in America. Con la scoperta della streptomicina nel 1944, dell’isioniazide nel 1952 e della rifampicina negli anni settanta, ha smesso di essere un grave problema sanitario. Ma adesso la resistenza ai farmaci è diventata tale che almeno 190mila persone in tutto il mondo sono morte di tubercolosi lo scorso anno".
 
 
"Il problema della resistenza batterica - argomenta ancora Dyer - è noto da tempo. Se gli antibiotici uccidono tutti i batteri pericolosi nella persona o nell’animale al quale vengono somministrati, allora non si sviluppa alcuna resistenza. Ma se uccidono solo quelli più deboli, perché il dosaggio è molto basso o perché il trattamento non viene portato a termine, allora i batteri sopravvissuti saranno più resistenti e trasmetteranno la loro resistenza a tutti i loro discendenti. A loro volta questi saranno selezionati in modo analogo, e la resistenza aumenterà gradualmente. L’unico modo per far sì che gli antibiotici restino efficaci, quindi, è usarli il meno possibile e fare in modo che quando vengono usati essi uccidano tutti i batteri presi di mira. Ma non è quello che succede attualmente. I dottori prescrivono antibiotici troppo spesso, spesso solo per permettere alla gente di non andare al lavoro (e talvolta ottenendo una “mancia” dalle case farmaceutiche per ogni ricetta che scrivono). E nessuno controlla che i pazienti completino il ciclo di farmaci anche quando si sentono meglio".
 
 
"C’è anche bisogno - conclude il giornalista - di una nuova generazione di antibiotici che sostituisca quelli ormai inservibili. Per farlo occorrerebbe convincere le grandi case farmaceutiche a cambiare le priorità della ricerca. Ma per le aziende è più redditizio sviluppare nuovi farmaci che curano i problemi di salute cronici dei ricchi, e quindi servirebbero finanziamenti pubblici. Bisognerà fare tutto questo e farlo in fretta. “Di questo passo”, ha dichiarato il dottor Chan all’Onu, “anche una malattia comune come la gonorrea potrebbe diventare incurabile. I medici saranno costretti a dire ai pazienti: ‘Mi spiace, non posso fare niente per lei’”.
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