ULTIME NOTIZIE News
Salute e Sanità
23.10.2016 - 19:430
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

L'economia che confina con la speranza... Quando l'investimento ha obiettivi sociali e non tende solo al profitto. Mauro Baranzini e Renzo Respini indicano l'alternativa: il terzo settore, il non profit. E raccontano l'esperienza della Clinica Luganese

Le domande sono: si può guardare e cercare un orizzonte diverso? Si può investire senza speculare? Immaginare un’alternativa al mantra dell’investimento che ha un solo obiettivo: la massimizzazione del profitto? Le risposte le ha date un convegno organizzato dalla Clinica: si può!

LUGANO – Chi dice che in una clinica non si possono organizzare convegni che vanno oltre gli scontati (‘logisticamente scontati’, trattandosi di una struttura ospedaliera) temi della sanità e delle cure nelle loro varie sfaccettature? Chi dice che in una clinica non si può parlare di economia? Che non si può riflettere su formule e soluzioni “sociali” che non siano quelle a cui la pigrizia, la convenienza e l’abitudine ci hanno inchiodati?

Le domande sono: si può guardare e cercare un orizzonte diverso? Si può investire senza speculare? Immaginare un’alternativa al mantra dell’investimento che ha un solo obiettivo: la massimizzazione del profitto?

Nei giorni scorsi la Clinica Luganese ha dimostrato che tutto questo si può fare. Che se ne può parlare, almeno. E che si può organizzare una conferenza al termine della quale chi vi ha partecipato esce con una diversa visione della società e dell’economia, e con qualche speranza in più per il futuro.

Il titolo della serata era apparentemente ostico: “Investimenti mirati alla missione: un’opportunità per le fondazioni che vogliono rafforzare il proprio ruolo sociale”. Detto in altre parole, il tema era il non profit, il cosiddetto “terzo settore”.

Gli ospiti erano però d’eccezione, a iniziare da chi ha aperto e chiuso la conferenza: l’economista Mauro Baranzini, da alcuni mesi presidente del Consiglio d’amministrazione della Clinica Luganese Moncucco, e il suo predecessore, l’ex consigliere di Stato Renzo Respini, che ha raccontato cosa si aspettano le fondazioni FAI e Praxedis, che nei mesi scorsi hanno salvato la Clinica Luganese dallo stallo in cui si era trovata a causa delle difficoltà finanziarie della Congregazione delle Suore Infermiere dell’Addolorata di Como. E che, soprattutto, hanno garantito alla Clinica la possibilità di conservare il proprio spirito non profit.

Oltre a Baranzini e Respini, hanno portato la loro testimonianza sul ‘terzo settore’ due docenti universitari, il filosofo tedesco Markus Krienke, docente alla Facoltà di teologia di Lugano, e il sociologo Flaviano Zandonai, docente all’università di Trento.
Ecco il sintesi, gli interventi di Baranzini e Respini.

“Dal punto di vista di un economista, il “no-profit” rispetto al “for-profit”, cioè le imprese che massimizzano il profitto, ha almeno cinque marce in più – ha detto l’economista -. Deve avere un concetto di “missione” con dei “valori” ben precisi. La missione può riferirsi ad aspetti istituzionali, culturali, di servizio pubblico, eccetera; aspetti che si sostituiscono a quello del profitto, del massimo profitto (o del massimo extra-profitto nel caso di mercati non perfettamente concorrenziali). L’importanza della missione e dei valori sovente costituisce un “potente” incentivo”.

La seconda marcia in più per Baranzini è “la strategia di non distribuzione degli (eventuali) avanzi di esercizio; essi vanno ai futuri investimenti e alle riserve non obbligatorie. Gli investimenti futuri mantengono ed accrescono la competitività futura. In presenza di un management particolarmente efficiente ed efficace, sarà anche possibile tener bassi i prezzi, o le tariffe praticate, in modo da farne beneficiare tutta la società civile. Le riserve in eccedenza a quelle obbligatorie servono per i periodi di difficoltà. Esse evitano le chiusure, i fallimenti, i licenziamenti. È per questo che diversi studi confermano la maggiore continuità o longevità delle imprese no-profit. Il “no-profit” impedisce che le imprese famigliari abbiano il solito andamento: la prima e la seconda generazione sgobba e accumula; la terza o la quarta sovente dilapida il patrimonio famigliare. Con tutte le conseguenze sociali che conosciamo”.

E ancora: “La micro-economia moderna dimostra che con una curva di costi e ricavi normali, e in presenza di qualche imperfezione del mercato, l’impresa che non mira al profitto massimo, ma che mira a un avanzo “buono e giusto” di esercizio, può potenzialmente produrre a un livello più alto. Cioè tende ad ampliare la produzione o il proprio servizio alla società civile, con tutti i vantaggi che questo comporta”.

Respini ha invece riassunto così gli scopi della FAI e della Praxedis, due fondazioni svizzere riconosciute di pubblica utilità: “La FAI ha finalità di solidarietà sociale e umanitaria ed è attiva nell’aiuto allo sviluppo. La Praxedis sostiene attività e progetti di enti di diritto privato o di diritto pubblico che perseguono finalità caritative e socio-educative con indirizzo cattolico”.

E ha spiegato che “la Clinica ha pure un riconoscimento di pubblica utilità poiché agisce nell’ambito dei mandati di prestazione che le vengono attribuiti dalla pianificazione ospedaliera adottata dal Canton Ticino, rispettivamente per la medicina altamente specializzata dalla Confederazione. La visione delle due fondazioni è quella di indirizzare parte del proprio patrimonio in un investimento a lungo termine con l’intento di permettere alle strutture acquisite di rispettare il loro indirizzo originale e consolidato, di accoglienza, professionalità e rispetto della dignità dell'uomo, nonché un forte attaccamento alla comunità locale. Ma anche di effettuare un investimento correlato con la missione delle Fondazioni stesse”.

Con questo investimento, ha spiegato Respini, le due Fondazioni hanno voluto rafforzare le loro missioni individuali. “La Clinica, infatti, che fornisce servizi sanitari di qualità a favore di tutta la popolazione ha la possibilità di svolgere uno specifico ruolo nella medicina a favore di Paesi terzi meno fortunati, che rientra negli scopi statutari della FAI. Lo spirito della Clinica, che poggia su una gestione manageriale, ma con un chiaro approccio olistico, basato sui consolidati valori di riferimento e una chiara identità cristiana, così come le sue potenzialità in termini di condivisione delle proprie competenze e conoscenze verso ‘terzi’, rientrano perfettamente nella missione statutaria della Praxedis”.

Le due Fondazioni, ha aggiunto, “ritengono che il settore ospedaliero non profit, se accompagnato da un rigoroso management delle risorse, garantisce sul lungo termine una migliore risposta ai bisogni della società rispetto alle iniziative che si prefiggono la ricerca di importanti margini di profitto”.

L’investimento deve dunque “rispondere alle esigenze di un impegno del patrimonio sicuro a lungo termine, destinato a garantire alle Fondazioni la continuità nello svolgimento del loro mandato strategico”.

L’agire no-profit, per avere una rilevanza di pubblica utilità, ha detto Respini, “deve svolgere in modo durevole e disinteressato un’attività a favore di una cerchia indeterminata di destinatari in ambiti caritativi, umanitari, sanitari, ecologici, culturali, eccetera. L’attività deve essere perseguita senza fini di lucro. In caso di fine dell’attività, c’è l’obbligo di devolvere il patrimonio a favore di un altro ente di carattere no-profit con finalità analoghe di pubblica utilità”.

E ha precisato: “Non distribuiamo utili d’esercizio o risorse disponibili della Clinica e della Moncucco al di fuori dei perimetri della pubblica utilità riconosciuti. Non vi è nessuna spinta per la massimizzazione del profitto (né a breve, né a lungo periodo) e nessun tasso di carattere speculativo. I tassi sono coerenti con quelli di mercato di medio o lungo periodo e rispettano gli standard di prudenza, almeno al pari di quelli di investimenti di tipo più convenzionale o conservativo, anche con riferimento ai tassi sulle obbligazioni di lungo periodo degli enti pubblici cantonali o federali. Manteniamo la prevalenza di pazienti svizzeri e di pazienti cassa malati e non facciamo nessuna ricerca di pazienti esteri. Non pratichiamo nessuna discriminazione sulle ammissioni”.

E ha concluso con un concetto: “I beni relazionali sono una nuova categoria nel discorso economico, che confina con la speranza. Ecco, io con un’aspettativa che confina con la speranza, vedo che nell’humus favorevole del perimetro del nostro progetto no-profit possono nascere questi beni relazionali”.

emmebi

Resta connesso con Liberatv.ch: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔
Tags
fondazioni
baranzini
respini
clinica
missione
investimento
profitto
utilità
speranza
luganese
News e approfondimenti Ticino
© 2024 , All rights reserved