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Cronaca
10.02.2017 - 10:020
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Nicoletta Barazzoni sul suicidio del giovane di Udine: "Quante sono le persone che stanno vivendo la loro morte interiore per essere state licenziate come scarpe vecchie? Quante sono le persone morte dentro che hanno cercato lavoro ma si sono viste svanir

Le riflessioni della giornalista sul caso del 30enne che si è tolto la vita dopo troppi "no"

di Nicoletta Barazzoni *

Non dovremmo mai dover ricorrere alla morte per capire cosa si prova quando la vita e le circostanze ti sbattono in faccia tutte le porte, quando cerchi lavoro, come è successo a Michele, il ragazzo di Udine che si è suicidato, perché i no sono stati così tanti che credi di essere l'ingranaggio difettoso di una catena che ti stritola. E perciò ti autoconvinci di non avere più nessun motivo d'esistere.

Non ci vorrebbe un suicidio, come questo, per smuovere le coscienze perché la morte di un giovane ragazzo in particolare, e di una persona non è solo una morte fisica ma soprattutto morale, intima e umana. È la fine di un'aspirazione legittima che si frantuma contro il muro spietato della mancanza di comprensione, di fronte a chi sta chiedendo di poter lavorare.

Quante sono le persone che stanno vivendo la loro morte interiore, una disfatta traumatizzante, in silenzio, per essere state licenziate come scarpe vecchie? Quante sono le persone morte dentro che hanno cercato lavoro ma si sono viste svanire un diritto, la possibilità di credere in se stessi, quando a monte ci sono innumerevoli motivi, che il più delle volte sono riconducibili a un sistema e a un mercato del lavoro che promuove i favoritismi, il nepotismo, l'opportunismo o il clientelismo?

Non sono soltanto i no a ferire e a uccidere una persona, che si vede negare un'assunzione. Non sono soltanto i no a spingere queste persone a credersi dei falliti, degli impotenti o degli incapaci. È spesso il modo con cui si viene trattati e accompagnati durante le procedure di valutazione e di assunzione.

Quanti sono quei datori di lavoro che non rispondono alle lettere, o alle e mail di chi postula un impiego, lasciando inevase delle speranze, infondendo così la convinzione che sia la fine di un sogno? È il modo e la sensibilità con cui un'opportunità lavorativa viene meno a fare spesso la differenza. Sono le motivazioni e i convincimenti del no ad attribuire quel minimo di dignità a coloro i quali sono alla disperata ricerca di un'occupazione. Perché uccide di più l'umiliazione e l'ingiustizia di un no espresso nel rispetto della persona, del suo valore, delle sue competenze e delle sue capacità professionali.

* giornalista


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