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Quarto Potere
05.03.2017 - 11:340
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Caso Sant'Anna, Perugini firma 4 decreti d'accusa contro i giornalisti e il direttore del Caffè. Il settimanale ricorre: "Abbiamo fatto concorrenza sleale. Ma non ci si contestano errori. Allora, è vero che...?". La clinica "Altro che verità, diffamazione

Proposte di condanna: ripetuta diffamazione per 3 giornalisti del Caffè e concorrenza sleale per il direttore, Lillo Alaimo. Il settimanale: “Mentre il procedimento a carico della nostra testata è andato avanti rapido, pare fermo, invece, quello che riguarda il chirurgo, autore dell’errore medico"

LOCARNO – “Il Caffè ha fatto concorrenza, sleale per di più, alla clinica Sant’Anna. Almeno così la pensa il Ministero pubblico. Nei giorni scorsi il procuratore Antonio Perugini ha, difatti, firmato un decreto d’accusa contro il direttore responsabile, Lillo Alaimo, per concorrenza sleale e ripetuta diffamazione, per l’inchiesta del nostro settimanale sull’errore medico, avvenuto nella clinica di Sorengo nel luglio del 2014, che provocò l’asportazione dei seni a una paziente”.
Inizia così l’articolo firmato dai giornalisti del Caffè Libero D’Agostino, Stefano Pianca e Patrizia Guenzi che dà conto della decisione del procuratore Perugini, il quale ha chiuso il procedimento penale aperto su denuncia della clinica con quattro proposte di condanna. Concorrenza sleale per il direttore, mentre, scrive il settimanale, “per il vicedirettore Libero D’Agostino, il caporedattore Stefano Pianca e la giornalista Patrizia Guenzi, la procura si è limitata all’accusa di ripetuta diffamazione”.

Sul sito del giornale (www.caffe.ch) viene pubblicata la versione integrale dei decreti d’accusa.

“Mentre il procedimento a carico della nostra testata è andato avanti rapido – scrivono i tre giornalisti -, pare fermo, invece, quello che riguarda il chirurgo, autore dell’errore medico. Contro i quattro decreti d’accusa il legale del Caffè, Luca Allidi, ha già inoltrato opposizione.
Il reato di concorrenza sleale, precisa il procuratore, è imputato ad Alaimo, "per aver denigrato le prestazioni, i prezzi e le relazioni d’affari della Sant’Anna".
Viene motivato con le stesse ragioni che sostanziano l’accusa di ripetuta diffamazione per i quattro giornalisti. Sintetizzando, "per aver ricostruito solo parzialmente i fatti e/o amalgamando fatti tra loro diversi - scrive il procuratore -, esagerando l’importanza di singoli elementi e/o allineando affermazioni errate o parzialmente tali". Il tutto per mettere in cattiva luce la clinica: "Suggerendo nessi di causalità non provati" (…) e/o ipotizzando condotte penalmente rilevanti (…), suscitando dubbi malevoli (…)". Sollevando dubbi sulle inchieste in corso "e/o reputandone necessarie altre". In sostanza il Caffè avrebbe veicolato nel pubblico "il sospetto di ‘favoreggiamento’ nei confronti del dr. med. Rey da parte della direzione/conduzione della clinica, ‘coprendone’ il noto errore medico(…)". Insinuando anche dei sospetti "su una precaria sicurezza sanitaria dei pazienti legati ad una organizzazione carente ritenuta "pericolosa" per la loro salute(…), sulle pratiche di fatturazione ‘opaca’ delle prestazioni sanitarie prestate ai pazienti e sull’esistenza di esercizio abusivo di funzioni mediche da parte di semplici infermieri".

Il settimanale ha chiesto sulle proposte di condanna un’opinione al professor Bertil Cottier,  esperto di diritto dei media: “Non commenta il decreto d’accusa, ma rileva come nello stesso "non ci sia una sorta di bilanciamento tra il diritto di informare e l’esplicitazione del fatto che il giornalista abbia voluto denigrare". Sono questi i due punti che la Cedu, la Corte europea dei diritti dell’uomo, fa valere nel trattare la concorrenza sleale contestata ai mezzi d’informazione: "Per Strasburgo - ricorda Cottier - è decisivo stabilire se l’obiettivo del giornalista è stato di denigrare, di arrecare un danno oppure quello di informare. Secondo la Cedu bisogna tener conto del ruolo della stampa. La Corte cita alcuni ambiti, tra cui la sanità, in cui c’è necessità di informare".

“Per Ruben Rossello, presidente dell’Associazione ticinese dei giornalisti (scrive sempre il Caffè), la decisione del Caffè di opporsi ai decreti d’accusa e di chiedere il processo pubblico è una decisione coraggiosa che l’Atg appoggia pienamente. "Ciò consentirà di fare chiarezza soprattutto sull’accusa di concorrenza sleale applicata al giornalismo - osserva -. Si tratta di una necessità: ogni inchiesta giornalistica rischierebbe altrimenti in futuro di venir fermata con la stessa accusa. Non possiamo che essere grati ai colleghi che affronteranno il processo e che ci consentiranno di avere una giurisprudenza importante su questa delicata materia".

L’articolo si chiude con alcune domande: “Nei decreti di accusa non si contestano errori al Caffè, per cui sorgono spontanee alcune domande.
Allora, è vero o non è vero che la direzione della Clinica ha saputo subito dell’errore medico, ma per 4 mesi è stata in silenzio? È vero o no che alla Sant’Anna capitava che in sala operatoria al posto di medici assistenti ad affiancare il chirurgo vi fossero solo delle infermiere strumentiste? È vero o no che l’infermiera responsabile delle cure, che aveva contestato alla direzione questa situazione, ha dovuto poi lasciare la clinica? È vero o no che alla Sant’Anna all’epoca dei fatti, non esisteva alcuna procedura d’identificazione del paziente standardizzata e vincolante per i chirurghi? È vero o no che sulle fatturazioni della clinica, il Caffè ha solo riportato i dubbi avanzati in un’interrogazione parlamentare, cercando risposte anche tra alcuni esperti nazionali? È vero o no che le "carenze organizzative" nella gestione delle sale operatorie sono state sottolineate nel rapporto della Commissione cantonale di vigilanza, presieduta dal presidente del Tribunale penale, il giudice Mauro Ermani? È vero o no che quel rapporto riferisce di una "situazione ad alto rischio di confusione" e paragona il chirurgo che vi operava a "un acrobata che lavora senza rete protettiva?”.

In mattinata è giunto anche un comunicato stampa della clinica, firmato dal presidente, l’avvocato Fulvio Pelli.

“Nella sua edizione di oggi – si legge nella nota - “Il Caffè” ha scelto di divulgare e commentare a modo suo le decisioni di condanna contro il direttore e tre giornalisti del settimanale, che il Ministero pubblico ticinese ha preso in seguito alla campagna denigratoria lanciata dal domenicale contro la Clinica Sant’Anna di Sorengo. La Clinica ha finora sostanzialmente taciuto ed è convinta che le procedure penali si debbano fare nelle aule giudiziarie e non sui media. La strada scelta da “Il Caffè” richiede però ora alcuni chiarimenti.

Da mesi “Il Caffè” ripete ai lettori che è accusato di “aver detto solo la verità” e/o di aver “scritto troppo”. I decreti di accusa del magistrato smentiscono queste affermazioni vittimistiche con quattro decisioni chiare che elencano dettagliatamente, in oltre 10 pagine e citando articoli apparsi in 9 edizioni del domenicale sull’arco di due mesi e mezzo, gli errori, le strumentalizzazioni, le imprecisioni fuorvianti e le ipotesi malevole di cui si è reso colpevole il giornale. Sono le stesse che vengono ripetute negli articoli di oggi, dimostrandosi quei giornalisti anche del tutto incapaci di riconoscere i propri errori”.

Altro che “verità”: diffamazione intenzionale!, prosegue il comunicato della clinica, che pure allega la decisione di Perugini contro i 4 giornalisti, “in modo che la trasparenza sia finalmente fatta e chiunque possa valutare autonomamente i fatti. Per difendersi e suscitare sostegno, oltre a ripetere di aver “riportato solo verità scomode”, “Il Caffè” evoca da settimane un deliberato attacco alla libertà di stampa. In realtà, i soli nemici della libertà di stampa sono coloro che ne abusano andando oltre i limiti fissati dallo Stato di diritto.

La Clinica Sant’Anna non ha mai preteso compiacenza né trattamenti di favore. Rispetta la libertà di stampa come anche il giornalismo d’inchiesta; ma questo quando la legge e la verità non vengono violate! L’evidente scopo ultimo dell’accanimento giornalistico de “Il Caffè” era mettere in dubbio la qualità e la sicurezza delle cure mediche fornite dalla clinica (e più in generale dal settore sanitario privato).

Finalmente, dopo le innumerevoli e ingiustificate accuse alla loro professionalità, le decisioni del PP riconoscono indirettamente alla direzione della Clinica e al suo personale di avere agito e di agire tuttora nel rispetto delle regole e nel solo interesse dei pazienti”.

Red
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