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Salute e Sanità
07.04.2017 - 08:550
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Primario frontaliere all'EOC, Michele Morisoli: "Vi spiego perché, secondo me, un quadro medico ospedaliero dovrebbe risiedere nella regione in cui lavora: prontezza di intervento, inserimento nella realtà locale e opportunità politica"

L'ex direttore dell'Ospedale regionale di Bellinzona e vicepresidente del PLR: "Faccio fatica a capire come mai, nel caso sollevato alcuni giorni fa, il Consiglio di amministrazione dell'EOC, autorità di nomina di tutti i medici primari, non sia intervenuto in questo senso al momento della nomina”

di Marco Bazzi

Il tema è quello del primario frontaliere che lavora all’Ente ospedaliero cantonale. Il primo primariato l’ha ottenuto dieci anni fa, l’ultimo recentemente. Abbiamo spiegato le ragioni per cui, a nostro parere, è inaccettabile che un medico che riveste la carica di primario, per di più in ospedali pubblici, abiti oltre confine.

Il caso sollevato settimana scorsa da liberatv ha diviso l’opinione pubblica. Per questo abbiamo voluto sentire il parere di un esperto neutrale, che ha però alle spalle una lunga esperienza di direzione all’EOC, essendo stato tra il 2003 e il 2011 direttore dell’Ospedale regionale di Bellinzona e dello IOSI.

Michele Morisoli, ex deputato in Gran Consiglio, è tra l’altro vicepresidente del PLR, dunque non è assolutamente qualificabile come ‘hooligan antifrontalieri’ o campione della ‘destra populista e xenofoba’.

“A mio parere – spiega – la questione va valutata su tre livelli. Parlo da osservatore esterno, sia chiaro, ma che conosce bene la realtà ospedaliera, e faccio astrazione dal caso attuale, che neppure conosco. Il primo è quello dell’operatività e dell’efficienza di un servizio ospedaliero. È vero che discipline e specializzazioni mediche diverse possono avere delle necessità di diverse prontezze d'intervento. Ma é indubbio innanzitutto che l’aspetto della prontezza d'intervento é importante. Inoltre occorre considerare anche che ogni servizio ospedaliero interagisce in modo approfondito e strutturato con numerosi altri servizi e reparti che compongono quella realtà complessa che é un ospedale. Per questo ritengo sia importante che i quadri medici - dunque, primari, vice-primari e capi servizio -, risiedano in un raggio di pochi chilometri dall’ospedale in cui lavorano. In passato, quando assumevamo un quadro medico negli ospedali che fanno parte dell'Ospedale Regionale di Bellinzona e Valli, chiedevamo dunque regolarmente la residenza in un raggio molto vicino, un raggio regionale, per intenderci”.

Il secondo livello, aggiunge Michele Morisoli, è quello dell’inserimento del medico nella realtà locale. “Un livello al quale personalmente ed in sintonia con i miei colleghi di Direzione tenevo molto e che ritengo importante per qualsiasi realtà ospedaliera. Ho sempre constatato che questo fattore veniva apprezzato dai pazienti, che nella stragrande maggioranza provengono dalla regione dove ha sede l’ospedale, dai collaboratori dell'istituto, e anche dai medici esterni che collaborano con l’ospedale nella cura dei pazienti”.

Veniamo al terzo livello: “Qui – conclude Morisoli - non è l’esperienza professionale nel settore Ospedaliero che parla, ma la mia sensibilità di ticinese, che ha maturato varie esperienze in settori diversi, sia nel privato che nel pubblico, sia in Ticino che oltre Gottardo. Credo infatti vi sia anche un fattore di ‘opportunità politica’ in senso lato per cui un quadro medico dirigente dovrebbe risiedere nella regione o almeno nel cantone in cui lavora. Per diverse ragioni: fiscali, consumi personali, indotto economico… e anche per quel discorso di integrazione nella realtà locale di cui ho appena parlato. Penso dunque sia giusto porre ai quadri medici la condizione della residenza, il che vale a maggior ragione quando il datore di lavoro è una struttura statale o para statale. Faccio quindi fatica a capire come mai, nel caso sollevato alcuni giorni fa, il Consiglio di amministrazione dell'EOC - autorità di nomina di tutti i medici primari - non sia intervenuto in questo senso al momento della nomina”.

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