di Marco BazziUn paio di riflessioni s’impongono, visto che l'articolo di Andrea Leoni sta facendo molto discutere e vengo chiamato in causa anch’io come direttore di Liberatv, che come tale ha letto, approvato e intellettualmente condiviso il pezzo "incriminato" prima della pubblicazione (
leggi qui).
A chi con un sarcasmo poco fantasioso ha voluto giocare con il nome della nostra testata in contrapposizione alle tesi dell'articolo di Leoni (come fate a pubblicare queste cose e ad avere la parola "Libera" nel marchio), rispondo che sì, Liberatv si chiama così proprio perché cerca di fare del giornalismo un esercizio e un luogo di dibattito (anche estremo e affrontando i tabù), e quindi di libertà, e non solo una catena di notizie o di opinioni convenzionali.
Personalmente non capisco bene cos’abbia suscitato reazioni tanto virulente sui social. Se la metafora delle ‘metastasi dell’Occidente’, o il paradosso del ‘meglio una teocrazia islamica di questo Occidente’, o ancora la critica alla politica scolastica di Ginevra, oppure ancora una superficiale lettura del testo… O semplicemente la sintesi ‘brutale’ del titolo. Tutte cose che possono aver urtato la sensibilità dei lettori, ma nelle quali non trovo nulla di scandaloso. Scandalose sono semmai certe reazioni e certi atti censori, con accuse di cyberbullismo (!)…
In ogni caso, l'obiettivo del collega non era quello di sostenere una posizione di intolleranza (e chi lo conosce sa che è un libertario convinto e non certo un oscurantista), ma solo di far riflettere partendo da un caso concreto (quello della ragazzina transgender di Ginevra, sul quale ognuno può avere opinioni diverse, ovviamente, e la mia non è di approvazione) sull’indebolimento della società occidentale, tema che ha già affrontato in altri articoli: come quello sul diritto universale al suicidio assistito al di là dello stato di salute, per esempio.
Le legittime e argomentate riflessioni di Leoni non sono assolutamente omofobe o intolleranti, al contrario di ciò che alcuni hanno sostenuto su Facebook. Se lo fossero non conterrebbero una citazione di Pier Paolo Pasolini e non partirebbero dall’antica Grecia, dove l’amore omosessuale era ampiamente accettato.
E nemmeno sono un inno alle teocrazie o al fondamentalismo islamico. Ci mancherebbe! Quella frase era un evidente paradosso per dire che dobbiamo ritrovare delle regole e dei valori chiari e condivisi se vogliamo opporci alla logica di chi vorrebbe uno stato islamico mondiale. Altrimenti saremo perdenti.
Credo che oggi più che mai dobbiamo tornare a pensare e a ripensare il nostro modello di società ripartendo non solo dai valori fondanti dell’Occidente (civili e religiosi, oso dire, e spero per questo di non essere linciato come accaduto a Leoni), ma anche e soprattutto dai doveri e non solo dai diritti. Diritti ai quali ci siamo troppo abituati e che pretendiamo che lo Stato ci garantisca.
Credo, in altre parole, che non dobbiamo accettare supinamente tutto quello che ci viene proposto, o imposto, dalle istituzioni e dai vari poteri, o dalle lobby o dai media che dominano la società.
Credo che non dobbiamo considerare tutto ‘normale’, dovuto, scontato e acquisito. E che dobbiamo invece profondamente interrogarci, come singoli e come comunità, sulle scelte che riguardano l’organizzazione sociale e che, come tali, toccano ogni individuo.
Credo anche che dobbiamo tornare a rivalutare un semplice concetto: che nella vita non è tutto gratis, che le cose e i diritti si devono conquistare con la fatica e con l’impegno e con la lotta. Solo così potremo ricostruire un modello di società in grado di sopravvivere ai troppi fanatismi che ci stanno minacciando. Una società fondata solo sui diritti è destinata a soccombere. In questo senso Leoni ha usato la metafora delle ‘metastasi dell’Occidente’.
In questi giorni ho letto un interessante saggio di Gustavo Zagrebelsky, illustre giurista e costituzionalista italiano. S’intitola “Diritti per forza”.
“Una cosa è il dovere come soggezione a un potere; un’altra cosa è il dovere come risposta a una chiamata in responsabilità nei confronti della condizione dei propri contemporanei e nei confronti di coloro che dovranno poter venire dopo di noi”, scrive Zagrebelsky.
E spiega: “Nei tempi recenti, dopo o accanto a quella che è stata l’ideologia vincente dei diritti umani, si è fatta strada l’esigenza di rivalutare i doveri, non più nella prospettiva della soggezione a un ordine imposto, ma nella prospettiva dell’appartenenza a un mondo che si regge su fragili equilibri e compatibilità, pena la catastrofe (…). Parlando di doveri senza Dèi e senza Sovrani, peroriamo la causa di noi stessi”.
E chiudo citando ancora Pasolini, che nel ’74 scrisse: “Mai la diversità è stata una colpa così spaventosa come in questo periodo di uguaglianza. L’uguaglianza non è stata infatti conquistata, ma è una falsa uguaglianza ricevuta in regalo”.