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Cronaca
13.05.2017 - 00:480
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

'Patti chiari' torna sul 'caso Crotta': qualcuno sapeva, ma nessuno parlava... Insulti e calci ai dipendenti, parti di salari trattenute per punizione... La Polizia indaga e il minestrone diventa un vaso di Pandora. Ma il titolare nega

“Patti Chiari” è tornato da Crotta, che, come nel servizio precedente, ha accettato di aprire le porte della sua ditta. Come prevedibile, ha negato tutti gli addebiti, a partire da prodotti non ticinesi, sino al lavoro in nero

Ticinolibero.ch ha pubblicato venerdì sera un resoconto della puntata di 'Patti Chiari' che è tornato sul caso Crotta. Ecco la cronaca...

COMANO – Per una settimana, l’azienda Crotta è stata sotto i riflettori, e non in senso positivo. Il servizio di “Patti Chiari” di settimana scorsa, in cui si mostravano mancanze di igiene all’interno della ditta che tratta verdure definite locali. Nei giorni seguenti, Migros, Coop e Manor avevano interrotto le forniture. Crotta si nostri microfoni aveva parlato di sabotaggio.

Ma intanto le voci si sono susseguite: maltrattamenti ai dipendenti, verdure che in realtà non erano ticinesi, abusi edilizi. Il Municipio di Muzzano aveva denunciato tutto alle autorità cantonali. Insomma, qualcuno sapeva, e nessuno ha mai parlato.

Visto il clamore, “Patti Chiari” è tornato sul tema. La domanda che la redazione, come molti, si è posta, è come mai nessuno avesse mai detto nulla prima. E si è partiti da una serie di altre testimonianze, rese in anonimo dagli ex dipendenti che avevano già procurato le fotografie. In un susseguirsi di affermazioni clamorose, hanno parlato di insulti e di calci negli stinchi dati con stivali da parte di Crotta stesso, di soldi trattenuti sulla busta paga per punizione se non si rendeva a sufficienza, di pagamenti in nero (“a volte lavorava più gente in nero che sotto contratto”, ha sostenuto qualcuno), di certificati di infortunio fasulli prodotti mentre le persone in realtà lavoravano, oltre che delle verdure arrivate dall’Italia, ma anche da altri paesi, come Spagna e Grecia.

Nessuno, dunque, sapeva? Il sindacato UNIA era stato allertato dalle stesse persone che si sono rivolte poi alla trasmissione della RSI. Gli inviati si sono dunque recati da Enrico Borelli, che ha confermato come fosse stata effettuata una segnalazione per le stesse tematiche sollevate dalle testimonianze.

Qualcuno si era rivolto anche a OCST, e anche dagli uffici di questo secondo sindacato è stato detto come si era segnalata la questione a settembre 2016. Si è fatto qualcosa? Nessuno ha più saputo nulla.

“Patti Chiari” è andato ancora da Crotta, che, come nel servizio precedente, ha accettato di aprire le porte della sua ditta. Come prevedibile, ha negato tutti gli addebiti, a partire da prodotti non ticinesi, sino al lavoro in nero. Ha spiegato di alzare ogni tanto la voce quando i dipendenti non lavorano come vuole, ma sempre nel rispetto. Ha tolto qualche franco dalla busta paga a seguito di lavori eseguiti male a mo’ di monito, e sui certificati di infortunio, ha voluto precisare come qualcuno in malattia al 50% si sia offerto di lavorare tutto il giorno perché consapevole di non rendere effettivamente al 50% ma senza fare lavori pesanti. Riguardo le buste paga, ha detto di aver tolto una volta il costo di un permesso, un giorno di salario dopo che un dipendente si era messo in malattia tramite un medico italiano senza avvisare. “Ti hanno detto che ho tirato via 300 franchi dopo aver sbagliato dieci volte? Sì, almeno la prossima volta non sbagli più”, ha aggiunto, invitando il giornalista a confrontarsi di fronte al sindacato.

La Polizia intanto ha confermato che la Crotta SA è al centro di un’indagine in corso, nell’ambito delle inchieste sul caporalato, mentre non ha preso posizione sugli altri aspetti segnalati dal sindacato. Il Ministero Pubblico dal canto suo ha confermato che  dal 2013 è in corso un’inchiesta per maltrattamenti e reati finanziari, inchiesta nella quale nel 2014 era confluita anche una segnalazione del sindacato UNIA.

Insomma, il caso è tutt’altro che chiuso, anche perché Lorenzo Mammone ha fatto notare come in redazione siano arrivate altre segnalazioni non utilizzate nei servizi. “Abbiamo usato solo ciò di cui abbiamo ricevuto almeno una doppia conferma”, ha risposto a chi lo accusava  di accanimento verso la ditta. E in studio è stato detto come nella giornata di oggi è pervenuta una busta paga, parole letterali del giornalista, “da far rizzare i capelli”.

Il vaso di Pandora è aperto…
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