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Cronaca
21.05.2017 - 10:430
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Disagio nei Pompieri di Locarno, Daniele Garbin ci scrive una lettera aperta: "Invece di cercare sempre di rispondere alla domanda 'chi?' (chi è stato, chi ha parlato...) il Comando dovrebbe rispondere alla domanda 'perchè?'. Perchè si è arrivati a questi

Parla l'aiutante che nei mesi scorsi ha lasciato polemicamente il Corpo: "Il comandante accusa i quadri di essere scorretti e di non avere il coraggio di affrontare in plenum o direttamente con lui i problemi. Hanno cercato di farlo ma non si sono presentati come un unico fronte unito"

Egregio direttore,

Mi riferisco ai recenti articoli apparsi su Liberatv concernenti il Corpo Civici Pompieri Locarno, che ho letto con molto interesse e tanta tristezza: interesse in quanto per trent’anni, fino all’inizio dello scorso mese di febbraio i Pompieri sono stati la mia vita, e tristezza per lo stesso motivo…

Vorrei esprimermi su quanto da Lei pubblicato. Si tratta della mia opinione personale, che non vuole dare giudizi o impegnare nessuno.

Innanzi tutto, a scanso di equivoci, io ho dato le dimissioni dal Corpo per il modo come sono stato trattato in occasione di quello che io ho definito “affare Abruzzo”. Ma è stata l’ultima goccia di uno stillicidio di atteggiamenti e comportamenti sempre al limite. Ma questa è un’altra, lunga e brutta (per me) storia…

Ma dallo scorso mese di febbraio vi sono state, come riportato nei Suoi articoli, diverse prese di posizione da parte di pompieri, che si sono rivolti all’Autorità comunale per esternare un disagio crescente. Il Municipio ha preso posizione, e si sono svolte delle riunioni tra il Comando e i sottufficiali, come risulta sempre dalle Sue pubblicazioni. Nonostante le affermazioni contrarie, la situazione non si è ancora normalizzata, e oggi un ulteriore articolo ne dà conferma.

Premesso tutto ciò, mi si permetta di dire quanto segue.

Il comandante Zamboni accusa i quadri di essere scorretti e di non avere il coraggio di affrontare in plenum o direttamente con lui i problemi (leggi qui). Purtroppo mi risulta (e lo si desume dai Suoi scritti) che i quadri hanno cercato di portare il loro disagio all’attenzione del comandante e dello Stato Maggiore del Corpo. Ma senza esito, in quanto, non essendosi presentati come un unico fronte unito, le singole lamentele sono state fatte passare come problemi personali e non riconducibili ad atteggiamenti di conduzione discutibili da parte di ufficiali dello Stato Maggiore.

Lo stesso Municipio, di fronte alle prese di posizione scritte ad esso consegnato, non ha potuto far altro che prendere atto di questo fatto, e non essendo emersi reclami puntuali verso persone identificabili, ha accettato quanto affermato da Zamboni e di rimettersi al suo rincrescimento e alla sua volontà di migliorare la situazione. Nell’articolo del 17 maggio si citano ritorsioni, black list, pressioni e umiliazioni, autoritarismo, eccetera.

La situazione, secondo me, è causata da diversi fattori. Ad esempio, l’accusa di troppo autoritarismo. I pompieri hanno un’organizzazione gerarchica che ricalca quella dell’Esercito. E così deve essere. Una catena di comando è indispensabile per garantire che gli eventi che impegnano i militi siano affrontati in maniera efficace e impeccabile. Purtroppo il comandante e almeno un altro ufficiale esagerano nel militarismo, affrontando il problema senza avere l’esperienza maturata nell’Esercito, e applicando comunque regole che erano quelle dell’Armata degli anni ottanta e novanta del secolo scorso. L’Esercito (mi risulta) abbia aggiornato metodologie e didattiche.

Anche i pompieri, nei nuovi regolamenti, privilegiano l’istruzione portata con il metodo della formazione per adulti. Bisogna tenere presente due aspetti importanti, secondo me. Il primo è che i giovani (e meno giovani) che appartengono a una qualunque organizzazione non sono gli stessi di venticinque anni fa. Oggi le persone sono molto più consapevoli dei loro coetanei degli anni novanta (la mia generazione, per intenderci). Inoltre, la stragrande maggioranza dei pompieri sono di milizia. Persone che hanno una professione e che sacrificano il loro tempo libero a favore della comunità. E che hanno diritto a un riconoscimento per questo loro impegno. Ma a Locarno qualcosa non è ancora perfettamente passato. A torto o a ragione, i pompieri spesso vengono maltrattati con atteggiamenti che se fossero assunti da datori di lavoro, rasenterebbero il mobbing.

Concludo con due osservazioni. Io ho lasciato il Corpo dopo trent’anni in quanto, tra le altre cose, ho maturato la convinzione che come capo intervento dapprima e come capo gruppo (dopo la mia esautorazione di marzo) dopo, non ero più tutelato dal Corpo. E non sono l’unico che ha preso atto di questa situazione e che ha deciso di tradire la sua missione in quanto il piatto della bilancia sul quale si trovavano passione, dedizione, abnegazione e sacrifici per una causa in cui si credeva non controbilanciavano più i rischi di essere accusati o di non essere tutelati in caso di incidenti.

Io ho sempre accettato che un “nemico mi sparasse addosso”: reclami e critiche fanno parte dei rischi quando si svolge qualsiasi attività. Quello che non posso accettare è il “fuoco amico”. E il sistematicamente cercare di rispondere alla domanda “CHI” (chi è stato, di chi è la colpa, chi ha scritto ai giornali…) anziché dare un senso alla domanda “PERCHÈ” (perché hai fatto così, perché è successo questo, perché qualcuno ha scritto in Municipio e ai giornali) crea un ambiente negativo, che non porta a niente. Come a niente porta il permettere che certa gente possa comportarsi in un modo che ad altri non è consentito. (Per citare George Orwell, La fattoria degli animali: “Tutti gli animali sono uguali, ma ci sono animali più uguali degli altri…”).

E infine, una constatazione che spero sia errata ma temo rispecchi la realtà. Negli ultimi 10 anni sono usciti dal Corpo Civici Pompieri (a detta di Zamboni) una settantina di persone: ufficiali, sottufficiali e pompieri, su un effettivo di linea di un centinaio di militi. Molti erano pompieri da pochi anni, ma molti erano persone di esperienza, che hanno lasciato per motivi “ufficiali”, ma anche per la scemata passione causata da quanto sopra esposto. Orbene: in know how di questi “vecchi” non si ricostruisce in due giorni. I pompieri non si fanno con la pasta del pane, ma con esperienza, sacrifici e passione. Ma soprattutto con il tempo…
E l’esperienza che si è persa mancherà quando (e non se…) succederà un evento più complesso della norma.

Distintamente.

Daniele Garbin

ex aiutante sottufficiale
del Corpo Civici Pompieri Locarno
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