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09.06.2017 - 09:320
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Stefano Piazza: "Così l’Islam ribolle in Estremo Oriente: persino il paradiso turistico delle Maldive dietro all’immagine patinata nasconde una realtà ben diversa"

L'esperto di terrorismo islamico: "L’estremismo islamico trova sempre più terreno fertile nel continente Indiano e nel Sud-Est asiatico abitato da quasi due miliardi di abitanti. Donne e uomini chiamati al jihad e alla visione letterale del Corano in molti modi"

di Stefano Piazza*

 

La nuova recrudescenza del fenomeno islamista nelle Filippine con gli scontri tra jihadisti locali e l’esercito a Marawi (provincia filippina del Lanao del Sur situata nella Regione Autonoma nel Mindanao Musulmano) certifica l’avvenuto contagio del virus salafita violento anche nel sud est-asiatico.

 

L’estremismo islamico trova sempre più terreno fertile nel continente Indiano e nel Sud-Est asiatico abitato da quasi due miliardi di abitanti. Donne e uomini chiamati al jihad e alla visione letterale del Corano in molti modi. Proteste di piazza e manifestazioni contro gli omosessuali che vengono fustigati sulla pubblica piazza come avvenuto in Indonesia. L’intolleranza delle autorità indonesiane monta nei confronti dei gay in varie località del paese compresa la capitale Giacarta con centinaia di arresti in locali notturni e saune.

 

Che il clima si faccia sempre più pesante lo mostra la recente istanza presentata davanti alla Corte Suprema indonesiana per mettere fuori legge non solo le relazioni gay ma anche il sesso fuori dal matrimonio e la pornografia della quale va detto, il mondo musulmano fa larghissimo uso. Le punizioni pubbliche previste dalla sharia (legge islamica) attirano migliaia di persone urlanti di gioia che munite di “smartphone” postano tutto sui social network diventando così i registi delle macabre dirette Facebook. Stesse manifestazioni di giubilo che si videro nel dicembre del 2015 quando il sultano del Brunei ( isola del Borneo), Hassanal Bolkiah decise di mettere “fuori legge il Natale”. Guai a chi lo festeggia “illegalmente”, pena 5 anni di carcere. Con questa nuova norma è stato spiegato “non si vogliono creare danni alla credenze della comunità musulmana”.

 

Il jihad armato vive un momento di particolare forza e violenza nelle Filippine del Presidente Rodrigo Duterte, leader a dir poco “muscolare” e non solo a parole (celebri i suoi insulti a Barack Obama e alla figlia di Hillary Clinton) visto che fa applicare nel paese le esecuzioni sommarie nei confronti dei trafficanti di droga e delinquenti vari. Contro i salafiti locali ha mandato oltre ai soldati che combattono casa per casa, anche l’aeronautica militare che sta bombardando a tappeto l’isola. Bilancio parziale da prendere con molta cautela dei combattimenti, è di 19 civili, 20 membri delle forze di sicurezza e 65 jihadisti tutti morti nella battaglia di Marawi nella quale sarebbero rimasti intrappolati 2.000 abitanti dei quasi 200.000 che normalmente la popolano.

 

Le forze di sicurezza tentano di riconquistare i quartieri della città sui quali sventolano da settimane le bandiere nere dell’Isis. Sono quelle dei gruppi islamisti “Abu Sayaf “e il “Maute” che seppur in concorrenza territoriale hanno fatto la “Bayʿa” (sottomissione a un leader) al Califfo Abu Bakr al Baghdadi. A proposito di quest’ultimo si dice sia nascosto tra la Siria e l’Iraq anche se si teme che possa essere già fuggito in Libia per iniziare la fase 2.0 del califfato nero. I du movimenti “Abu Sayaf “e il “Maute” hanno scelto di non venire a patti con il regime di Duterte così come fatto dagli altri gruppi islamisti che pullulano nelle Filippine e che hanno rinunciato alla violenza, chi convinto con le buone, soldi e autonomia territoriale - e chi con le uccisioni e le torture nelle terribili carceri di Manila. Il conflitto tra i musulmani e i governi delle Filippine è però storia antica che ha segnato la storia dell’isola meridionale di Mindanao che non è certo una piccola realtà visti i 22 milioni di abitanti che ci vivono.

 

Ma perché tutto questo odio e cosi’ tanto sangue versato? Tante ragioni; certamente una è che l’islam maggioranza religiosa fin dal 14° secolo, si è visto soppiantare dai cristiani che grazie al sostegno dei governi di Manila e degli Usa (che qui hanno importanti basi militari) non si sono fatti troppi problemi ad espropriare interi appezzamenti di terra ai “musulmani Moro” (dallo spagnolo Moriscos) che con il 5% sono la più grande etnia non cristiana delle Filippine. Così si è sviluppato un conflitto su basi etnico- religioso che secondo le Nazioni Unite ha causato nelle varie fasi dal 1970 almeno 120.000 morti. I combattimenti di Marawi sono iniziati il 23 maggio u.s. durante l’operazione di polizia che aveva come obbiettivo il leader storico di “Abu Salyaf”, quel Isnilon Hapilon sulla quale testa la CIA ha messo una taglia da cinque milioni di dollari che tanto fanno gola a militari e ai tanti cacciatori di taglie che si muovono anche in quest’area.

 

Ma non solo il capo jihadista non è stato preso, ma ad accogliere forse perché molto bene “informati”, i soldati filippini c’erano centinaia di jihadisti armati fino ai denti che battendoli si sono fatti notare dal loro Califfo Abu Bakr Al Baghdadi al quale sono fedeli. Difficile fare previsioni sul futuro dell’isola e dell’intera aerea ma di certo nelle Filippine, in Malesia, in alcune zone al sud della Thailandia e nell’immensa Indonesia l’islam ribolle anche grazie agli arrivi di moltissimi militanti islamisti che giungono dal Bangladesh, dall’Afghanistan e dal Pakistan e persino dal paradiso turistico delle Maldive che dietro all’immagine patinata nasconde una realtà ben diversa.

 

Con una popolazione di 350.000 persone disseminata in un gruppo di atolli sono almeno 500 i jihadisti maldiviani che si sono recati nel” Siraq”. Fatti ostinatamente negati dal governo di Male in un paese nel quale l’Arabia Saudita finanzia moschee e scuole coraniche. Quindi in Estremo Oriente arriva gente che sa fare la guerra sul serio e che può trasferire anni di esperienza maturata sul campo ai giovani combattenti indottrinati a puntino. Pensare che i militanti islamisti del sud est asiatico possano finalmente riuscire nel sogno della creazione del “Daulah Islamiah Nusantara, lo Stato islamico in Estremo Oriente, oggi non è più fantapolitica. E non è certo una buona notizia.

 

*Presidente Centro Studi Space

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