La decisione di barattare il giro di vite sui permessi, via casellario giudiziale, per favorire la ratifica dell’accordo fiscale tra Svizzera e Italia, a nostro avviso è stata una mossa sbagliata, per tempi, per forma e per sostanza. Ma da qui a chiedere le elezioni anticipate, raccogliendo 15’000 firme, ce ne passa. E ce ne passa parecchio. Senza sottacere che questa bizzarria di tornare prima del tempo alle urne, avrebbe proprio l’effigie italica che in parecchi da queste parti agitano come lo spettro del peggiore esempio di sistema politico possibile.
Se accettassimo questa logica, che non rientra nella nostra cultura politica e istituzionale, ogni anno si troverebbe di certo un motivo, più o meno buono rispetto alla propria parte politica, per mandare tutti a casa. Magari ispirandosi a quel celebre adagio attribuito al Cardinale Richelieu: “Datemi sei righe scritte dal più onesto degli uomini, e vi troverò una qualche cosa di sufficiente per farlo impiccare”. In sostanza, ogni decisione governativa di un certo impatto sull’opinione pubblica, potrebbe essere strumentalizzata ai fini di una cacciata dei cinque. Così come ogni risultato di una consultazione popolare (iniziative e referendum). Ma se questa diventasse la bussola salterebbe ogni equilibrio. E allora che le facciamo a fare le elezioni?
La destituzione del Consiglio di Stato è un atto talmente estremo e contrario al nostro sistema di condivisione delle responsabilità, che è la classica arma di auto difesa popolare da tenere blindata nell’arsenale nella speranza di non doverla utilizzare mai. La nostra democrazia, a differenza delle altre, conosce tutta una serie di strumenti per marcare stretto, stimolare e indirizzare il Governo, senza bisogno di schiacciare il bottone dell’estrema ratio.
Finché si scherza, si dice per dire o si polemizza, va bene, ci mancherebbe, ma se qualcuno pensasse seriamente di utilizzare quell’arma, mettendo a repentaglio una delle nostre colonne portanti, ovvero la stabilità, beh, credo che andrebbe energicamente convinto a prendersi un periodo di vacanza. Fortunatamente, come detto, non è e non sarà il caso.
La decisione della maggioranza del Governo sul casellario, per quanto controversa possa apparire (come del resto lo era anche la misura stesa), rientra nelle scelte politiche che un Collegio governativo è chiamato a prendere. Non è stato calpestato nessuno diritto Costituzionale e neppure si sente puzza di abuso di potere o di concreto pericolo per la democrazia (motivi per i quali si potrebbe pensare a una destituzione). È stata una scelta legittima, insomma, criticabile sul piano politico ma non tale da mettere in discussione l’intero quadro istituzionale. È una questione di misura e di proporzionalità. Di semplice buon senso.
Il tradimento della volontà popolare, evocato dagli oppositori della maggioranza del Governo, in politica è un atto stagionale e multicolore. Di ineccepibili monogami non ce ne sono: nessuno può scagliare la prima pietra senza arrossire.
E di conseguenza, l’operato del Governo e dei singoli ministri, va semplicemente sottoposto alla valutazione dagli elettori, che ogni quattro anni sono chiamati ad esprimere un giudizio complessivo, nel segreto dell’urna. Quindi anche su eventuali tradimenti, debolezze e incompetenze. Sui risultati, soprattutto.
Mi pare un compromesso che, seppur imperfetto, continua ad essere il più ragionevole.