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30.07.2017 - 10:050
Aggiornamento: 13.07.2018 - 15:11

Questo goal non esiste più: lo ha lavato via la pioggia! Se un acquazzone può cancellare 45 minuti di gioco e una rete, non è più un calcio professionistico. L'incredibile potere della meteo sul campionato svizzero

Dopo l'interruzione del match ieri sera a Cornaredo, il Lugano dovrà ricominciare daccapo la partita che a metà tempo stava vincendo contro il San Gallo. È assurdo. Un campionato professionistico che si disputa nel cuore dell’Europa, cioè nel regno dell’Uefa, non può affidare alla meteorologia i risultati

di Andrea Leoni

 

È proprio vero che l’assurdità di certe regole, come di certe leggi, si manifesta con tutta la loro svalvolata pienezza, soltanto quando la sfiga impone di applicarle. Finché restano sulla carta nessuno ci fa caso perché…mica toccherà proprio a me pagarne le conseguenze. Poi quando la malasorte punta il dito e ti sceglie come “vittima” di quel comma del regolamento, si spalancano gli occhi su un’ingiustizia regolamentata - meraviglioso ossimoro e beffardo paradosso tipico della burocrazia e avverso a qualsivoglia buon senso - che è sempre stata lì.

 

Questa volta tocca al Lugano. Dovrà ricominciare daccapo una partita che a metà tempo stava vincendo, a causa dell’acquazzone che ha interrotto il match contro il San Gallo. La pioggia che ieri sera si è abbattuta su Cornaredo non ha dunque solo interrotto il gioco, ma ha anche cancellato 45 minuti di gara e un goal, quello messo a segno da Dragan Mihajlovic. È incredibile il potere che la Federazione svizzera assegna alla meteo…può cambiare e riscrivere il copione di una partita, se va male anche di una stagione. Manco fosse un arbitro incapace o in malafede. Quando si dice il potere della natura.

 

È assurdo. È semplicemente assurdo. Un campionato professionistico che si disputa nel cuore dell’Europa, cioè nel regno dell’Uefa, non può affidare alla meteorologia i risultati. Non è serio: sembra una barzelletta o un trafiletto ingiallito di cronaca proveniente da un’archivio, o una notizia di colore giunta fino a noi da qualche angolo sperduto del pianeta. Per tanto così, a scopo di tutela, le società dovrebbero avere il diritto di rifiutarsi di giocare, se le previsioni promettono fulmini e saette che potrebbero interrompere la partita.

 

Nell’anno in cui il calcio si appresta a vivere la rivoluzione della VAR, ricominciare una gara dallo 0-0 a causa della pioggia, è un danno di immagine per l’intero sistema. Perché incatena il nostro calcio a una regola medievale, incompatibile con il professionismo. Da una parte alle società e alle città si chiedono sforzi iper professionisti: eccellenza nella gestione e investimenti importantissimi per adeguare le strutture. Dall’altra un temporale ci riporta in una dimensione da dilettantismo rurale, quasi da porte senza le reti. È un controsenso.

 

Tra l’altro questa regola nega anche uno spettacolo nello spettacolo. Quello di giocare una partita di 45 minuti dove schemi e tattica sono adattati all’eccezionalità dell’occasione.

A questo punto tocca accettare il verdetto perché la regola c’era. Ma questa stortura va rapidamente corretta se non si vuole restare ostaggio di un calcio che non esiste più. E da un pezzo.

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