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04.09.2017 - 16:280

Germano Mattei: se non ti piacciono gli omosessuali dillo esplicitamente. Senza l'ipocrisia dei giochi di parole, delle scuse politiche e del moralismo da sagrestia

L'ANALISI - Contrapporre l’omosessualità alle radici e ai valori dell’Occidente è una perversione intellettuale che dovrebbe provocare imbarazzo anche nei peggiori bar (in val Bavona come a Caracas). È peggio fingere di non essere omofobi piuttosto che esserlo e dichiararlo. In fondo siamo sempre in una logica di coming out

di Andrea Leoni


Germano Mattei ci fa sapere che non ha “niente contro le checche” (Tio), pur appellando così gli omosessuali nell'ormai famoso commento social "dei cü e dei drogati” da intendere, precisa lui, in senso dialettale (“più vicino al mondo reale, di persone che operano onestamente”, cit.). Il che sarebbe un po’ come dire che uno non ha niente contro i cretini, rifacendosi a uno degli etimi probabili della parola: poveri cristiani, in senso compassionevole, anch’esso derivante dal dialetto, francese però.

 

In realtà, checca, risulta errato nella fattispecie anche in senso dispregiativo, in quanto l’insulto omofobo - di questo trattasi -è idoneo e calzante per quegli omosessuali che mostrano atteggiamenti particolarmente effeminati. E non ci sembra il caso. Meglio, se l’intento era sfottere, o insultare, o apostrofare, sarebbe stato utilizzare frocio, culattone, finocchio. Oppure andare un po’ più sul ricercato-antico: pederasta, sodomita, invertito, uranista. O ancora giocare sul paradosso, “zia”, che nella Grecia antica aveva quel significato, mentre oggi si usa per tutt’altro. In termini sessuali, s’intende. Gay no. Perché la radice è gaio ed è una parola ammantata di nobiltà: colui che porta gioia. E neppure omosessuale: in effetti troppo politicamente corretto di questi tempi, quasi come diversamente abile.

 

Germano Mattei, investito dalla pubblica indignazione, e dai rimbrotti dei suoi colleghi di Parlamento, si difende con un’arzigogolata teoria per giustificare le sue esternazioni (comunque da lui stesso ritenute sopra le righe, con allegate scuse se qualcuno si è sentito offeso). In sintesi, ma non siamo sicuri di aver ben capito, voleva affrontare il caso politico di Daniele Caverzasio utilizzando “lo stile ventennale della Lega”. Questo per sottolineare la differenze che si prova tra il dileggiare e l’essere dileggiati. Specchio riflesso buttati nel cesso, come dicevamo alle elementari.

 

Le intenzioni giustificate da Mattei, tuttavia, non appaiono convincenti. Perché qui e là, tra l’intervista rilasciata a Tio e un lunga arringa difensiva pubblicata su Facebook, sembra affiorare un’altra verità. Citiamo alla rinfusa: “Ho chiesto se è questo il mondo che vogliamo, che ci si prospetta, se vogliamo realizzarlo con simili uomini”; “Rispetto le scelte individuali di ogni persona, indipendentemente che condivida o meno questi orientamenti definiti moderni”; “Possiamo banalizzare, dire "così fan tutti", dire che siamo nel 2017 e non nel medioevo. Le nostre origini cristiane del Ticino, della Svizzera dell'Europa non hanno più nessun ruolo e valore? Evolvere vuol forse dire gettare alle ortiche tutto il nostro bagaglio storico, etico, di una Società con determinati principi?”; “Ognuno può fare quello che vuole. Ma siamo stati creati uomini e donne, e per me ci sono dei valori intoccabili”.

 

Contrapporre l’omosessualità alle radici e ai valori dell’Occidente è una perversione intellettuale che dovrebbe provocare imbarazzo anche nei peggiori bar (in val Bavona come a Caracas). Con una domanda retorica, zac, via tutta la storia greco-romana europea. E quanto alla cristianità, beh, se la religione cattolica ha potuto sedurre il mondo con la potenza visionaria e ammaliante della bellezza, lo deve anche alla genialità di artisti omosessuali. Tra parentesi, l’attuale capo dei cattolici, ai quesiti di Mattei e degli altri fedeli che come lui la pensano, ha risposto con la stessa arma retorica: “Chi sono io per giudicare?”. Aggiungiamo infine che l’attuale crisi della Chiesa, e dunque di una parte dei valori cristiani e della loro credibilità - una iattura per l’Occidente - è in buona parte frutto di scandali sessuali, ma di tutt’altra natura. Altro che i gay…

 

Ma stiamo al punto. A noi pare proprio di capire che a Germano Mattei gli omosessuali non piacciono, come i tossici (chi manca già? Ah già, le puttane…), e tutto quel che secondo la sua morale “va all’invers”. Amen. Questo è la faccenda e il resto - lo stile leghista - è soltanto un’escursione sugli specchi bagnati.

 

Detto questo, in una democrazia, se articolato nell’ambito dell’opinione e non della legge, non amare i gay è legittimo. Esattamente come c’è a chi non piacciono i rom, gli asilanti, i musulmani, eccetera. C’è una norma che regola la discriminazione - qualunque discriminazione - e se Mattei l’ha violata dovrà semmai dirlo la magistratura. Ma siamo nell’ambito dei reati di opinione (brrr….).

 

Le esternazioni del fondatore di Montagna Viva fanno dunque parte, benché abominevoli nel sentire comune e nel linguaggio, della periferia di un dibattito democratico. A patto però che vengano esplicitate. Senza cioè celare il proprio pensiero dietro un’ipocrisia fatta di noiosi calembour, di idiozie storiche (“orientamenti moderni”), di scuse politiche risibili, di moralismo ammiccato e sussurrato da sagrestia, questo sì eredità peggiore del cristianesimo. Se non ti piacciono i gay dillo e basta. Ce ne faremo una ragione. È peggio fingere di non essere omofobi piuttosto che esserlo e dichiararlo. In fondo siamo sempre in una logica di coming out...

 

E infine anche nell’insulto servono talento, metodo e applicazione, come nell’esercizio dell’etica. Trattasi di arte, come sosteneva Schopenhauer. E non tutti sono artisti.

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