Sul sito del gruppo sono infatti apparse alcune micro-interviste a personaggi che hanno deciso di schierarsi contro la proposta di abolizione del canone in votazione il prossimo 4 marzo.
Nei brevi "botta e risposta" agli intervistati vengono poste domande sui programmi preferiti o sui primi ricordi legati alla RSI. Ma, ovviamente, il punto della questione è uno e uno soltanto: perché bisogna bocciare la No Billag?. Ecco cosa hanno risposto i primi quattro personaggi che si sono sottoposti al questionario. Altri ne seguiranno.
Secondo il vicesindaco di Lugano Michele Bertini “l’abolizione del canone – un allettante risparmio? – è il classico cavallo di Troia per lo smantellamento del servizio pubblico, oggi garante della libera formazione delle opinioni e di una buona qualità di programmi informativi, culturali e d’intrattenimento”.
Per la presidente dell’HCL Vicky Mantegazza, l’iniziativa va respinta perché “oltre alla RSI coinvolge anche le radio private e Teleticino che per noi del mondo dell’hockey sono fondamentali: sia per i tifosi, sia per gli sponsor. E anche per non perdere un pezzo grosso del nostro Cantone e della nostra italianità”.
“Non certo - dice dal canto suo Sergio Morsoli - per gli argomenti catastrofisti e terroristici della CORSI, degli Organi centrali e dei lobbisti dell’ultima ora che non hanno mai avuto un piano B, che nel tempo hanno sempre snobbato altezzosamente il giudizio critico popolare, che se fossero coerenti e avessero a cuore la TV di Stato dimissionerebbero tutti prima del voto popolare. Voto contro solo e unicamente per salvare la gente che ci lavora, i talenti non espressi, perché il Ticino non può permettersi altre perdite di competenze e lavoro e merita un nuovo progetto aggregativo. Voto no con la speranza che chi ci ha portato a questo triste punto si faccia da parte”.
Infine Franco Cavalli: “No Billag per il Ticino sarebbe un suicidio dal punto di vista economico: perderemmo perlomeno un migliaio di posti di lavoro, con tutto l’indotto economico che ciò comporta. Ma anche idealmente non c’è dubbio che la presenza della Svizzera italiana alla radio e alla televisione diminuirebbe drasticamente. Questo andrebbe sicuramente a scapito della coesione nazionale. Se c’è un aspetto della politica svizzera che va molto a favore delle minoranze, è proprio la suddivisione del canone radiotelevisivo. All’estero, lo cito sempre come esempio di come bisognerebbe favorire le minoranze linguistiche, per evitare situazioni disastrose come quella belga o spagnola”.