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07.01.2018 - 11:160

Armando Dadò, la rivoluzione bloscevica e la Russia da Lenin a Putin: "Chi ha creduto in questa ideologia per convinzione, per conformismo o per convenienza, alla fine si è trovato di fronte alla realtà dei fatti e alla memoria di una catastrofe"

L'editore a un secolo della rivoluzione d'ottobre: "Anche il nostro Virgilio Gilardoni, in occasione dei settant’anni di Stalin, sottoscrisse un messaggio di auguri in cui esprimeva «la più profonda riconoscenza e rispettosa ammirazione per la sua opera immensa al servizio di tutta l’umanità"

di Armando Dadò (dalla rivista ‘Il Ceresio’)

L’anno appena conclusosi ha segnato la ricorrenza centenaria della Rivoluzione bolscevica. Celebrata in pompa magna ai tempi dell’Unione sovietica, era considerata ancora più importante della Rivoluzione francese del 1789, giacché prometteva il paradiso in terra e la liberazione dalle catene dell’oppressione. Col naufragio dell’URSS le cose sono cambiate e le celebrazioni della Rivoluzione d’ottobre sono diventate più tiepide.

La Russia prima della Rivoluzione

Nel libro L’Isola di Sachalin (1) Anton Cechov descrive le condizioni terribili della Russia degli zar. All’inizio del ventesimo secolo l’impero russo era una delle nazioni europee più arretrate. L’organizzazione feudale della società concedeva alle ricche classi aristocratiche ogni agiatezza, ma condannava i contadini e gli operai a un durissimo lavoro di sopravvivenza. I segnali del malcontento popolare verso il regime zarista retrogrado si moltiplicarono sotto forma di varie rivolte. Nel 1905 migliaia di persone parteciparono a una manifestazione di massa davanti al Palazzo d’inverno. La polizia zarista intervenne e compì un massacro: furono uccisi moltissimi manifestanti e l’adunata fu repressa nel sangue.

Il malcontento popolare divenne sempre più diffuso e ciò favorì i piani rivoluzionari di Lenin, che allora soggiornava in Svizzera, e dei suoi amici. Nel 1917 le condizioni erano mature per un cambiamento di regime. Furono uccise moltissime persone, tra le quali i componenti della famiglia imperiale e Rasputin, personaggio che aveva una gran influenza sulla zarina. Fu la fine della dinastia dei Romanov, insediatasi nel 1613.

La dittatura comunista (2)

Dopo anni di cruenta guerra civile si instaurò il regime comunista col potere nelle mani di Lenin e Trotsky. Fra i primi provvedimenti del nuovo Governo vi furono la distribuzione delle terre, le restrizioni al commercio, il controllo sulle industrie e l’istituzione dei tribunali rivoluzionari. Vi fu poi una serie di attentati terroristici, in uno dei quali Lenin fu gravemente ferito. Il Governo rispose con la proclamazione del cosiddetto «terrore rosso» e la conseguente uccisione di un numero considerevole di oppositori di destra e di sinistra.

Nel 1924, alla morte di Lenin, Stalin si impadronì del potere e cominciò a governare con criteri sanguinari. Nei decenni successivi fece uccidere milioni di persone e altre le spedì in Siberia. Autore di ogni genere di atrocità, si accanì in particolare contro intellettuali e contadini. La sua lunga dittatura è ricordata come uno dei periodi più dolorosi della storia russa. Trotsky fuggì in Messico, ma qualche anno dopo Stalin riuscì a farlo assassinare. Durante la seconda guerra mondiale l’esercito russo si schierò a fianco degli Alleati e i soldati russi si distinsero per il valore e l’eroismo dimostrati nell’opporsi all’esercito di Hitler. Al termine della guerra, le potenze vincitrici si spartirono le terre conquistate e le zone d’influenza.

Dopo la morte di Stalin

Stalin morì nel 1953, commemorato dai partiti comunisti di tutto il mondo. L’Unità lo ricordò come un padre dell’umanità. Anche il nostro Virgilio Gilardoni, in occasione dei settant’anni di Stalin, sottoscrisse un messaggio di auguri in cui esprimeva «la più profonda riconoscenza e rispettosa ammirazione per la sua opera immensa al servizio di tutta l’umanità».
Giunto al potere Nikita Krusciov, questi sbalordì il mondo comunista presentando al congresso di Mosca un famoso rapporto nel quale elencava e denunciava i crimini di Stalin. Anni dopo giunse al potere Michail Gorbaciov, che cercò di modificare l’URSS introducendovi libertà e trasparenza. Ebbe indubbi meriti, ma si trovò di fronte a enormi difficoltà.

In quegli anni a Berlino fu abbattuto il «Muro della vergogna». Più tardi fu il momento di Boris Eltsin, il quale liberalizzò il mercato, portando praticamente alla dissoluzione dell’URSS. In quegli anni gli oligarchi si impadronirono delle enormi ricchezze statali.

Poi arrivò Putin e questa è musica degli ultimi anni. Putin è riuscito a ridare un ruolo internazionale alla Russia, ma la sua politica non trova consenzienti i vari osservatori occidentali. In un momento abbastanza confuso a livello generale, in cui gli USA hanno perso molta credibilità, è difficile avere opinioni chiare, anche perché il grado di fiducia nell’attendibilità delle fonti di informazione è in indubbio regresso.

Com’è stata ricordata in Occidente  la Rivoluzione d’ottobre?

Se in patria è stata celebrata con un certo imbarazzo, in Occidente la Rivoluzione d’ottobre è stata ricordata sottotono. Sono stati pubblicati diversi libri e articoli su giornali e riviste. Non sono mancate conferenze, rievocazioni e dibattiti. Tuttavia, il clima è radicalmente cambiato. Il comunismo è quasi scomparso.
Molti che avevano guardato con fiducia all’avvento del nuovo mondo promesso sono stati fortemente delusi. I tipi alla Pajetta, che si erano identificati nell’ideologia comunista e avevano lottato strenuamente per il trionfo della causa, sono rimasti sbalorditi dalle rivelazioni kruscioviane e di quanto successo successivamente.
I poveri Pajetta hanno vissuto gli ultimi anni in preda alla confusione, allo smarrimento, allo sconforto domandandosi: «Possibile che le cose siano andate in questo modo senza che noi ce ne rendessimo conto? La nostra è stata la strada sbagliata?». Sì, le cose sono andate proprio così.
Chi ha creduto a questa ideologia per convinzione, per conformismo o per convenienza, alla fine si è trovato di fronte alla realtà dei fatti e alla memoria di una catastrofe. Alcuni si sono riciclati, altri hanno ammesso l’errore, altri ancora hanno cercato di minimizzare, alcuni si sono ritirati nel silenzio. È stata la fine di una grande illusione, di una grande utopia.

In Ticino?

Da noi gli eventi rivoluzionari russi sono stati oggetto di tre interessanti serate presso la Biblioteca cantonale di Bellinzona. Inoltre, sul Giornale del Popolo sono usciti a puntate i resoconti molto dettagliati di Orio Galli sui fatti che coinvolsero i suoi antenati che si trovavano in Russia, la sua famiglia e la famiglia Botta. È un lungo racconto, naturalmente circoscritto, ma abbastanza curioso e singolare. Si collega in qualche modo al diario pubblicato anni or sono sulle vicende della famiglia Raggi (3).

Russofobia: mille anni di diffidenza

Non possiamo chiudere questo editoriale senza accennare all’opera di Guy Mettan dal titolo Russofobia – Mille anni di diffidenza (4). Mettan è un giornalista svizzero. La sua ricerca, data alle stampe nel 2016, è stata presentata al Salone del libro di Torino. In questo volume l’autore esprime un punto di vista abbastanza diverso dalla letteratura corrente.

La sua opera non riguarda solo il periodo della Rivoluzione, ma abbraccia un millennio di storia russa. Mettan, che è pure storico e politico ginevrino, non contesta i gravissimi fatti avvenuti, ma il suo discorso è molto più ampio. Paragona l’atteggiamento della Russia con quello degli altri Stati occidentali durante i secoli. Secondo Mettan, il nostro punto di vista nei confronti della Russia odierna è molto condizionato dalla visione dei momenti più bui e drammatici. Il suo è un libro molto interessante e documentato, che ci dà un’ampia visione da una diversa prospettiva della storia e della cultura russa senza nulla togliere alla grande tragedia rivoluzionaria.

Note

1. Anton Cechov, L’isola di Sachalin, 2017 Adelphi.
2. Orlando Figes, La tragedia di un popolo, 2016 Mondadori. Orlando Figes, Storia della cultura russa, 2008 Einaudi. Aleksandr Solzenicyn, Arcipelago Gulag, 2013 Mondadori.
3. Giorgio Cheda e Michele Raggi, Dalla Russia senza amore, 1995 Dadò.
4. Guy Mettan, Russofobia, prefazione di Franco Cardini, 2016 Teti.

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