LOCARNO – “L’ospite”, di Duccio Chiarini, è il film che passerà stasera al Festival e al quale noi, approfittando della proiezione anticipata per giornalisti e ippopotami accreditati, abbiamo deciso di dare un occhio già ieri. Perché? È che dopo l’esperienza fatta col primo film italiano in Piazza martedì sera (“Il nemico che ti vuole bene”) ci siamo messi a disposizione come cavie per preavvisare i nostri lettori che si fossero chiesti “ma varrà la pena di andarci ancora, in quella Piazza, a vedere un altro film italiano, preannunciato come commedia dolce-amara”?
Ebbene sì, la nostra risposta è positiva. Non prendetelo per entusiasmo. “L’ospite” non si colloca tra i capolavori della settima arte. Ma è un film, ben più amaro che dolce, che con realismo da elettrocardiogramma ci mette sotto gli occhi lo spappolamento di ciò che chiamiamo “cuore”.
Non il muscolo, quantunque nella trama del film abbia anche lui il suo posto, giacché il protagonista si fa eseguire un cardiogramma sotto sforzo da una bella cardiologa di cui poi si invaghisce. Noi ippopotami intendiamo “cuore” come centro della personalità umana, sede delle ragione e non solo dell’affezione, che abbandonata a se stessa si sdilinquisce in puro sentimento.
Le conseguenze di questo spappolamento sul rapporto di coppia e, diciamo pure, su quell’organismo in via d’estinzione che si era soliti chiamare famiglia, sono documentate efficacemente nel nostro film. Di cui non vi anticipiamo altro, per stasera.
Domani ci torniamo sopra, e magari metteremo a confronto “L’ospite” con una pellicola in concorso che abbiamo appena visionata: “Gangbyun Hotel”, del sud coreano HONG Sangsoo, già vincitore di un pardo d’oro e di uno d’argento.