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Coronavirus
24.02.2021 - 15:340

Ticino&Lavoro teme che, una volta tolto il blocco ai licenziamenti in Italia, arriveranno tanti frontalieri

L'associazione, preoccupata, chiede il blocco dei permessi G. "La responsabilità sociale di chi assume personale residente deve essere maggiormente riconosciuta. E per i Cantoni di frontiera serve uno Statuto di necessità"

BELLINZONA - L'associazione Ticino&Lavoro è preoccupata non solo per l'immediato ma anche per il futuro. La pandemia di Coronavirus sta portando con sé tanti problemi economici e molte persone hanno perso il lavoro ma si teme che il peggio debba ancora venire. Per questo chiede interventi.

"Ci aspettiamo un forte aumento della disoccupazione causa termine del lavoro ridotto, fine del lavoro stagionale e fine blocco da parte dell’Italia al divieto dei licenziamenti", spiega in una nota. 

"Il nostro Cantone subirà una maggiore pressione da parte di lavoratori oltrefrontiera che cercheranno in tutti i modi e con tutti i mezzi di trovare condizioni di lavoro migliori in Svizzera", è la preoccupazione di Ticino&Lavoro.

Che chiede "a gran voce, come già fatto con le 12 proposte di miglioramento degli Uffici Regionali di Collocamento (maggio 2015), di potenziare questi servizi e di renderli maggiormente efficaci e capaci di rispondere in modo adeguato alle imminenti sfide che saremo costretti ad affrontare. Basta corsi inutili, basta a programmi occupazionali che lasciano il tempo che trovano, Si a corsi di lingua per migliorare il livello linguistico per cercare lavoro anche in altri Cantoni della Svizzera, Si alle riqualifiche mirate a seconda delle necessità di mercato e Si ad una maggiore sinergie con gli altri URC della Svizzera per unire le forze".

"La responsabilità sociale dei datori di lavoro che assumono personale residente dev’essere inoltre maggiormente riconosciuta e sostenuta dal Cantone e l’erogazione dei permessi G dev’essere sospesa mantenendo da parte della Confederazione lo Statuto di necessità ai Cantoni con forte pressione frontaliera", concludono. Insomma, bloccare i permessi G non necessari per aiutare la mandopera indigena, soprattutto di fronte a un periodo in cui la pressione di lavoratori italiani rischia di essere forte. 

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