Arlind
10.12.2013 - 17:080
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

“Date una mano ad Arlind: non si può espellere un ragazzo così. In Kosovo non avrebbe futuro”

È l’appello lanciato oggi dagli amici di Arlind Lokaj, 17enne kosovaro che da tre anni cerca di ottenere il ricongiungimento con la madre ‘ritrovata’ e che il 15 dicembre sarà espulso dalla Svizzera

BELLINZONA – Tiene banco ormai da qualche giorno la storia di Arlind Lokaj, il 17enne kosovaro (nella foto con la fidanzata) che, dopo aver tentato invano per tre anni di ottenere il ricongiungimento familiare, è ora costretto ad abbandonare la Svizzera entro il 15 dicembre.

Ieri sera, quando il Consiglio comunale di Giubiasco ha deciso a maggioranza di non entrare nel merito della proposta di risoluzione avanzata da Alessandro Lucchini, che chiedeva al Municipio di intervenire presso le autorità competenti per evitarne l’espulsione e appoggiare l’ottenimento di un suo definitivo permesso di soggiorno, per Arlind sembra esser sfumata anche l’ultima possibilità di rimanere accanto alla madre e ai propri amici.

Il ragazzo però non si arrende, e con lui i molti amici che si è fatto in questi tre anni in Ticino. E assieme, si sono ritrovati oggi attorno alle 17 in Piazza del Sole a Bellinzona per una manifestazione pacifica di protesta, culminata in Piazza Governo con i discorsi di Arlind, della madre e di alcuni suoi amici. Manifestazione organizzata proprio dagli amici del giovane per “lanciare un messaggio al Ticino, e cioè che non vogliamo che Arlind se ne vada. Non è giusto che un ragazzo umile e innocuo debba lasciare tutti noi per una futile questione di permessi, di numeri.. siamo persone!”, scrivevano ieri nel comunicato.

E oggi Miguel Vazquez, uno degli amici e coordinatori del corteo, contattato poco prima della manifestazione ha aggiunto: “Sappiamo che casi simili sono già successi in Ticino, si sono lanciate petizioni, si sono raccolte firme e le autorità sono intervenute cambiando la situazione. La nostra speranza è che con questa manifestazione qualcosa si muova anche per Arlind. Quanto sta accadendo non è giusto, è qui da tre anni e si è integrato benissimo: parla italiano, gioca a calcio, ha frequentato un anno di pretirocinio a Gordola e i datori di lavoro che ha avuto durante gli stage erano tutti contenti di lui e gli hanno anche offerto posti da apprendista. Qui è finalmente felice: vive con la madre, si è fatto moltissimi amici e ha anche trovato la ragazza… perché mandarlo via così a 17 anni? In Kosovo sarebbe da solo, un minorenne abbandonato a se stesso… finirebbe male”.

Ma facciamo un passo indietro. Arlind Lokaj è nato e cresciuto a Locarno. La sua storia, come ci racconta, comincia a 4 anni, quando il padre, dopo il divorzio dalla madre, fa ritorno in Kosovo e decide di portare i figli (lui e altre due sorelle più grandi) con sé. Arlind non vedrà e non sentirà la madre per i successivi dieci anni: “Quando avevo 14 anni è riuscita a venire a trovarci in Kosovo, lì ci siamo visti per la prima volta”.

Dopo l’incontro, Arlind e la sorella riescono a partire per la Svizzera per passare una paio di settimane con la madre ‘ritrovata’: “Era solo per 15 giorni, avevamo un visto turistico. Prima di partire però mio padre ci ha dato una lettera da consegnare a nostra madre una volta arrivati. Quando l’abbiamo aperta, abbiamo scoperto che nostro padre non ci voleva più indietro”. Gli chiediamo il motivo, e Arlind racconta che l’uomo con quella lettera rinunciava all’affidamento perché nel frattempo si era rifatto una famiglia.

Da allora sono cominciate le pratiche per ottenere il ricongiungimento familiare, che però non è mai stato concesso perché, spiega il ragazzo, “io sono già qui, mi dicono che dovrei tornare in Kosovo e far partire la procedura da lì, come si fa di solito. Ma io non ho nessuno che possa occuparsi di me laggiù, non saprei dove andare. E anche i tre avvocati che abbiamo avuto in questi anni mi hanno sempre sconsigliato di andarmene”.

Si arriva così alla situazione attuale con la sorella, che, raggiunta la maggiore età l’anno scorso, è stata obbligata a rientrare in Kosovo e con Arlind che a inizio mese si è visto recapitare la lettera in cui gli veniva comunicata la decisione di negare il ricongiungimento e l’espulsione per il 15 di dicembre. “Ma non mi arrendo – aggiunge infine il ragazzo –, combatterò fino alla fine perché qui sono finalmente felice. È in Ticino, accanto a mia madre e ai miei amici, che voglio vivere”.

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