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Scuola e Lavoro
23.11.2016 - 09:170
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

"Tu sei tanto bravo quanto lo sono i tuoi collaboratori". Tra formazione e imprenditorialità: la testimonianza di Federico Haas

Il CEO dell'albergo Delfino: "Il cambiamento che stiamo vivendo è epocale: chi ha fatto formazione nella mia generazione non sempre è in grado di assorbire quanto è stato offerto, soprattutto nel decennio dal 1995 al 2005. A livello tecnologico abbiamo faticato a tenere il passo e oggi abbiamo dei limiti per esempio su come relazionarsi al computer e alle nuove tecnologie… il gap formativo è davvero evidente"

LUGANO - Qualche settimana fa abbiamo dialogato con Federico Haas (leggi articolo correlato), raccogliendone il pensiero sul tema della formazione e professione turistica e alberghiera. Ci siamo poi permessi di raccogliere la sua personale testimonianza circa il suo percorso formativo che rispecchia molte delle cose che ci ha già detto: dalla formazione professionale di base agli studi successivi, con la consapevolezza che quanto fatto non è ancora sufficiente.

 

Tra formazione e imprenditorialità: la testimonianza di Federico Haas


(CEO Albergo Delfino SA, Membro del comitato cantonale di Hotelleriesuisse-Ticino, Vice Presidente di Hotelleriesuisse-Lugano, Delegato federale per Hotelleriesuisse, Presidente di Hotel & Gastro Formation-Ticino, Membro della commissione federale della formazione professionale nei mestieri alberghieri, Membro della commissione Cantonale per la formazione professionale, Membro della commissione d'esame per Esercenti-Albergatori Gastroticino, Membro di CdA di Lugano Turismo)

 

“Fare tutto da solo non mi è chiaramente possibile, servono persone e professionisti formati con i quali instaurare complicità, comunione di intenti e condivisione di obiettivi. Tu sei tanto bravo quanto lo sono i tuoi collaboratori”

 

Sono arrivato dove sono con lacrime e stridor di denti, ma mi considero anche una persona fortunata perché la tradizione famigliare è presente nell’albergheria da 4 generazioni, quindi anche indirettamente certi concetti mi sono stati trasmessi anche in modo inconscio e continuo. La mia gavetta l’ho fatta, in modo attivo e passivo, per me l’albergo da bambino era un parco giochi di eccellenza: frequentavo la lavanderia, il manutentore, il maitre d’hotel e il cliente stesso e mi confrontavo già con tutte queste persone, “rubando il mestiere”. 
 

Per la mia generazione il percorso formativo standard era ginnasio – apprendistato – servizio miliare. Infine la professione. Io non ho fatto eccezione: terminato il ginnasio ho fatto l’apprendistato di cuoco, dopodiché sono uscito dalla cucina per vedere la parte sala e reception, per frequentare poi  la scuola alberghiera.


Al termine ho incontrato la persona giusta nel posto giusto e sono partito per la prima volta per l’estero: sono andato ad acquisire competenze tecniche, sociali e linguistiche là dove si trovavano.


Ho sempre lavorato per compagnie svizzere di management alberghiero all’estero, dal Sud America al Medio Oriente e spesso per organizzazioni che si occupavano della pianificazione, costruzione e apertura di nuove strutture. Durante una di queste esperienze, in Nord America ho stipulato un contratto formativo che mi ha consentito di frequentare la Cornell University: in questo modo ho potuto confrontare la tradizione della scuola alberghiera – totalmente incentrata sul cliente – con un modello di business basato sul profitto dove il cliente è visto come una risorsa. Ho potuto fare un mix di queste due culture sviluppando una concezione  che alla fine tiene il cliente al centro delle attenzioni, ma producendo comunque la ricchezza necessaria per mantenere viva la propria azienda.

 

L’aspetto principale che ho sempre considerato in fase di scelta del mio posto di lavoro è il contenuto, altrimenti mai e poi mai sarei andato per esempio in Arabia Saudita, dove non c’era un cinema, non potevo bere una birretta o corteggiare una donna. Occorre concentrarsi sull’acquisizione di nozioni: i giovani spesso non sono propensi ad assumersi questo sacrificio in giovane età, quando si tratta soprattutto di acquisire le competenze necessarie; tendono piuttosto a dare maggior peso all’attrattività della location, il posto deve essere sexy. Il mio leit motiv invece è sempre stato l’acquisizione continua di nuove conoscenze e la messa a fuoco con la pratica dei concetti acquisiti, anche in maniera spontanea. Se non continuo a formarmi e a rimettermi in gioco perdo terreno e, da imprenditore, perdo soldi: il mio compito principale è far vivere la mia attività.

 

Tuttavia il ritmo oggi è velocissimo e il bene prodotto da questa professione non è stoccabile: la camera che oggi non è occupata non si recupera. Per ovviare a questo bisogna anticipare il cliente nei suoi bisogni e aspettative. Occorre impreziosire la propria cassetta degli attrezzi, anche attraverso la qualità e l’etica, e analizzare i campi dove poter intervenire per migliorare. 
 

Il cambiamento che stiamo vivendo è epocale: chi ha fatto formazione nella mia generazione non sempre è in grado di assorbire quanto è stato offerto, soprattutto nel decennio dal 1995 al 2005. A livello tecnologico abbiamo faticato a tenere il passo e oggi abbiamo dei limiti per esempio su come relazionarsi al computer e alle nuove tecnologie…  il gap formativo è davvero evidente. Da soli non si può essere sempre su tutte le prime linee, per questo i miei collaboratori devono essere flessibili, per supportarmi in compiti affini, ma che possono esulare dalla formazione specifica che hanno ricevuto. Servono persone polivalenti.


Se vuoi fare un percorso in questo settore vedrai i sorci verdi, ma è il mestiere più bello del mondo perché non c’è una giornata uguale all’altra, pensa anche solo ai contatti sociali.

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