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Analisi
17.03.2017 - 18:480

Stato d'assedio. Analisi comparata sui due casi che stanno facendo tremare Palazzo delle Orsoline: permessi falsi e Argo 1, tra inchieste penali e parlamentari. Tra mazzette e possibile violazione della Legge. Intanto emerge che nessun mandato legato ai r

Il caso Argo 1 e dintorni ripropone il tema delle sanzioni legate alla Legge sulle commesse pubbliche, che non prevede comminatorie penali in caso di violazione. Tema che era già stato sollevato quando a Locarno, ormai quattro anni fa, scoppiò il caso “Appaltopoli”. Come passa il tempo… Veloce quello della vita. Lento, quello della politica

di Marco Bazzi

‘Permessopoli’, ‘Rifugiopoli’… Ognuno può usare i termini e i nomignoli che preferisce per definire i due casi (o scandali) che stanno facendo tremare Palazzo delle Orsoline e che stanno dando un’immagine non certo edificante della pubblica amministrazione.

Siamo di fronte a una sorta di ‘Stato d’assedio’ da parte della politica e dell’opinione pubblica, dove il Palazzo è un po’ come un antico castello.

I due casi – sfiga vuole, temporalmente quasi paralleli - toccano i dipartimenti diretti dai ministri Norman Gobbi e Paolo Beltraminelli, i quali pagano quella responsabilità ultima che alla fine i governanti si portano via quando succede qualche pasticcio nel loro ‘feudo’.

Nel primo caso, scoppiato a inizio febbraio, c’è un’inchiesta penale condotta dal procuratore Antonio Perugini, che ha portato in carcere e alla denuncia di diverse persone, tra cui alcuni funzionari o ex funzionari pubblici. Oggi il numero degli indagati è salito a 16 (leggi qui). Roba da maxi processo…
In buona sostanza, dall’Ufficio permessi sono usciti documenti che hanno permesso a diversi stranieri di risiedere o lavorare in Ticino grazie a certificati contraffatti. In più sono girate mazzette, e per questo c’è l’accusa di corruzione, attiva e passiva.

Nel secondo caso, il mandato diretto da 3,5 milioni in tre anni all’agenzia Argo1 per la sorveglianza dei centri per rifugiati (in particolare di quello di Camorino) le inchieste penali sono sullo sfondo del caso politico, che ha originato una decina di interrogazioni parlamentari.
Una è l’inchiesta federale aperta nei confronti di un collaboratore dell’agenzia sospettato di avere rapporti con il terrorismo di matrice islamica. L’altra è quella cantonale che ha portato in carcere per usura e sequestro di persona il titolare della Argo 1, Marco Sansonetti.

Entrambi i casi - permessi falsi e mandato alla Argo 1 - sono finiti sotto la lente di una sottocommissione di vigilanza istituita ad hoc.

Ma, come ha precisato lunedì scorso in Gran Consiglio il ministro Beltraminelli, nessun funzionario del suo Dipartimento è sotto inchiesta da parte del Ministero pubblico.

In ogni caso, nel mandato alla Argo 1 è stata quasi certamente violata la Legge sulle commesse pubbliche. Sia per l’importo, nettamente superiore a quanto ammesso dalla Legge, sia per la mancata pubblicazione del mandato nella lista delle commesse pubbliche.
La Legge stabilisce infatti che è possibile procedere all’incarico diretto quando una commessa per prestazioni di servizio (come nel caso in questione) la spesa prevista non supera i 150'000 franchi. La stessa legge ammette un’eccezione se, “a causa di eventi imprevedibili la commessa è divenuta a tal punto urgente che non può essere esperita un’altra procedura”.
L’urgenza è proprio l’elemento eccezionale invocato a più riprese da Beltraminelli in relazione alla crescita e all’imprevedibilità dei flussi migratori. Ma ci si chiede se un’urgenza possa durare quasi tre anni.
“Sarà poi il Controllo cantonale delle finanze – ha detto il ministro rispondendo all’interrogazione del deputato Giorgio Galusero - a valutare se, o fin quando, erano dati i presupposti per appellarsi a tale eccezione”.
Un’altra violazione della Legge, e questa è incontrovertibile, c’è stata nella mancata pubblicazione del mandato. L’articolo 7 stabilisce infatti che il committente (Cantone o comuni) “rende pubblica e accessibile, per la durata di almeno 5 anni, la lista delle commesse aggiudicate a invito o incarico con importi superiori a 5'000 franchi, in particolare pubblicandola su Internet e trasmettendone copia agli interessati su supporto cartaceo o informatico”.

Va detto che nemmeno gli altri mandati diretti assegnati dalla Divisione dell’azione sociale o dal sottostante ufficio per fornitura pasti, lavanderia e quant’altro in relazione ai centri per rifugiati, sono stati pubblicati nella lista delle commesse pubbliche. È stata una dimenticanza, senza dubbio. Nessuno pensa a una deliberata volontà di eludere la sorveglianza pubblica, anche perché le uscite sono state regolarmente registrate nella contabilità del Cantone.

“Tutti i mandati diretti sono stati conferiti usando in modo parsimonioso le risorse – ha precisato Beltraminelli -. E non sono stati inseriti nell’elenco mandati per dimenticanza e non per volontà. Per il 2016 sarà pubblicato tutto; non è indizio di mancanza di trasparenza, ma la conseguenza automatica dell’assenza di risoluzioni formali di ratifica”.
Anche se bisognerà capire quali sono e chi le adotta le risoluzioni formali di ratifica, visto che la stragrande maggioranza dei mandati diretti assegnati sono decisi da uffici o servizi cantonali e non sottostanno a risoluzioni governative.

Sarà la politica a stabilire la gravità di queste mancanze, però non si può far finta che non sia successo nulla e finirla a tarallucci e vino.

Il caso Argo 1 e dintorni ripropone tra l’altro il tema delle sanzioni legate alla Legge sulle commesse pubbliche, che non prevede comminatorie penali in caso di violazione. Tema che era già stato sollevato quando a Locarno, ormai quattro anni fa, scoppiò il caso “Appaltopoli”. Come passa il tempo… Veloce quello della vita. Lento, quello della politica.

Certo, è prevista una sanzione pecuniaria (fino a 20'000 franchi) nel caso in cui sia il committente a violare la Legge. Ma in questo caso, dovrebbe essere il Consiglio di Stato a multare sé stesso… Si spera che nella revisione legislativa in corso qualcosa cambi…
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