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Secondo Me
28.08.2017 - 16:570
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

"La scuola secondo me: né istruire né educare, ma assicurare la crescita di personalità equilibrate e felici. La scuola come esperienza di libertà. E com'è strutturata oggi non mi convince"

La giornalista Nicoletta Barazzoni alla luce della sua esperienza di docenza, cita il pedagogista Alexander Sutherland Neill: "A nulla servono i nostri precetti morali se non a produrre angoscia e ad accrescere l'infelicità nell'infanzia"

di Nicoletta Barazzoni

Riparte la grande nave della scuola, con i suoi passeggeri, e le sue destinazioni. E con le sue regole, tra teoria, pratica e conoscenza, prosegue sulla rotta dell'immenso mare dell'insegnamento. Una nave che nei secoli ha cambiato il suo assetto, e soprattutto la velocità con cui deve raggiungere gli scopi e gli obiettivi, per rimanere una realtà pedagogico/didattica/educativa solida e credibile.

Tutto questo processo avviene all'interno di una società che ha cambiato, e continua a cambiare vorticosamente, i suoi statuti e gli stili di vita a tutti i livelli; a seconda del periodo storico in cui la scuola si è trovata, e si trova, in un continuo confronto politico/ istituzionale.

Come ex docente ricordo lontanamente gli insegnamenti di pensatori come Piaget, Montessori, Rousseau, e Alexander Sutherland Neill, (ma anche in maniera indiretta le convinzioni del pediatra Benjamin Spock), i quali influirono sulla mia preparazione e formazione  professionale di docente. E sto parlando della scuola primaria e degli anni Ottanta, quando la Scuola Magistrale era a Lugano e a Locarno, e quando il Sessantotto non era di certo una questione secondaria.

La scuola è un enorme contenitore che interagisce con altri sistemi: la famiglia, la politica, e la società. Se considerati singolarmente, ognuno di questi sistemi ha il suo ruolo, se fatti convergere in uno solo la scuola diventa un elemento centrale per tutti gli altri.

Oggi fortunatamente si propende a considerare successi e insuccessi scolastici dei ragazzi come a un insieme multifattoriale, non dando più la colpa solo alla scuola o solo alla famiglia in modo unidirezionale ma valutando anche la società di riferimento.

Questi quattro sistemi: scolastico, familiare, politico e sociale operano ognuno con logiche diverse, che non possono avere le medesime finalità ma che possono e devono invece guardare insieme nella stessa direzione, malgrado la complessità di ognuno. Il fine della scuola - sosteneva Neill (che insieme a Don Milani era tra i miei maestri favoriti) - non è quello di istruire, ma di assicurare la crescita di personalità equilibrate e felici. Né istruire né educare - diceva il pedagogista scozzese - il quale riteneva che l'errore fondamentale della pedagogia consiste nel credere che il bambino debba essere istruito ed educato, che occorra intervenire sul suo processo di crescita con la trasmissione dei valori della nostra cultura e delle nostre convenzioni morali.

Nel bambino si innesta quel conflitto tra natura e cultura, tra spontaneità e coscienza morale, che distrugge ogni potenzialità creativa e compromette irreparabilmente la salute psichica e il piacere dell'esistenza. I libri, a scuola, per Neill, sono la cosa meno importante. Neill voleva una scuola che considerasse il teatro, i giocattoli, lo sport, la pittura, e la libertà. Ed è sul concetto di libertà che mi catturò e mi convinse più di altri. Il suo concetto di libertà si può riassumere in poche parole: "per l'equilibrio e la felicità del bambino non servono né  ideologie né  discipline di studio. A nulla servono i nostri precetti morali se non a produrre angoscia e ad accrescere l'infelicità nell'infanzia".

Alla luce degli studi fatti oggi nel campo cognitivo/comportamentale, nella psicologia dello sviluppo del bambino, nella teoria della mente e nelle neuroscienze sottoscrivo ancora oggi le teorie di Neill. La scuola così com'è strutturata, a me personalmente non convince, per una serie di motivi che non sto ad elencare per mancanza di spazio. Fra i molti: la selezione, la competizione e l'efficientismo, soprattutto quando vengo a sapere di un professore che, in prima liceo, al primo giorno di scuola, esordisce dicendo alla classe: "Sappiate che la metà di voi sarà bocciata". E allora come non essere d'accordo con Don Milani, il quale ammoniva che una scuola che boccia è una scuola fallimentare perché è chi insegna che non sa insegnare? Don Milani voleva più bene  ai suoi ragazzi che a Dio. Egli ripeteva la materia di studio all'infinito, fino a quando gli allievi avevano capito, dando in questo modo tempo all'acqua di scorrere, e al fiume di diventare fiume.


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