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Analisi
03.11.2017 - 17:100

Lugano: Angelo Renzetti è andato lungo. Pier Tami di più. Quando il presidente l'ha difeso (a fronte di un rosario di sconfitte) l'allenatore non si è lamentato dell'intromissione a tutela del suo lavoro. Troppo facile risentirsi oggi per le critiche (ben

Andiamo controcorrente anche se in situazioni del genere - che nel calcio abbiamo visto migliaia di volte - è molto popolare schierarsi a favore dell’allenatore buono (e criticato), contro il presidente cattivo (che critica, facendo invasione di campo, nel sacro perimetro del ruolo del tecnico). IL VIDEO CON LE DICHIARAZIONI DI TAMI CONTRO RENZETTI

di Andrea Leoni


Angelo Renzetti è andato lungo. Pier Tami di più. Andiamo controcorrente anche se in situazioni del genere - che nel calcio abbiamo visto migliaia di volte - è molto popolare schierarsi a favore dell’allenatore buono (e criticato), contro il presidente cattivo (che critica, facendo invasione di campo, nel sacro perimetro dell'area tecnica).

 

Ricapitoliamo brevemente per chi non ha seguito la polemica. Ieri sera, al termine della sonora sconfitta contro il Viktoria Plzen, il presidente bianconero ha tuonato in tv contro Tami: "Vergognose le cose che ho visto, sono stati fatti errori incredibili. Sulmoni che doveva marcare il loro giocatore più alto e forte fisicamente, mentre Bottani nel primo tempo ha fatto il terzino sulla fascia. Cose assurde e inspiegabili. Stiamo parlando di Bottani, del nostro giocatore più rappresentativo. Non so cosa guardano nei filmati che visionano durante la settimana, ma questa partita è stata preparata malissimo”.

 

Oggi l’allenatore ha replicato per le rime: “Il calcio è semplice, i giocatori giocano, gli allenatori allenano e i presidenti presiedono. Ognuno deve fare il suo ruolo. Se il presidente vuole un allenatore con il quale può interferire per scelte tattiche, non sono io quello giusto perché non accetto queste cose. Ha ragione nel dire che è lui che dirige, che è lui che paga e può prendere qualunque decisione vuole ma nel suo campo, non nel mio”. (il resto nel video realizzato dalla RSI).

 

 

Quelle che all’apparenza possono apparire come parole di semplice buon senso, in realtà non lo sono. Criticare ciò che fa l’allenatore che paghi non è affatto un’invasione di campo. Ma proprio per niente. È anzi pieno diritto del presidente esternare il proprio disappunto se la squadra non gioca come gli piace. D’accordo, sarebbe stato senz’altro meglio farlo solo nel chiuso dello spogliatoio. Ma sappiamo che lavare (tutti) i panni sporchi in casa, non è nello corde del presidente bianconero. Lui è un fumantino e ogni tanto gli parte la scivolata dialettica. E tra ieri sera e stamattina, dall’arrabbiatura, gli è partita anche la tachicardia, tanto da essere ricoverato all’ospedale in Repubblica Ceca. Anche per questo motivo Tami avrebbe forse fatto bene a smussare le sue dichiarazione - magari anteponendo gli auguri di pronta guarigione al resto - anziché gettare una tanica di benzina sulla polemica. A mente fredda per giunta.

 

Angelo Renzetti è fatto così, nel bene e nel male. Quando sbotta va quindi interpretato, lasciato sbollire, tollerato. Si possono condannare i suoi toni (quelli di ieri sera sono stati irrispettosi, inadeguati e sbagliati), disquisire nel merito della critica, ma non eccepire sulla legittimità del suo intervento: sul punto non c’è proprio nulla da rimproveragli.

 

Tanti presidenti nella storia del calcio - da Silvio Berlusconi in giù - hanno messo il naso nelle questioni tattiche e tecniche delle loro squadre. Certe volte, fortunatamente. I perimetri dei ruoli, in qualsiasi azienda, li decide il capo. I dipendenti possono accettarli oppure andarsene. Ma non definirli - e meno che mai in assoluto, "il calcio è semplice e funziona cosî" - come sembra voler fare Tami.

 

L'allenatore avrebbe quindi dovuto accettare con maggiore compostezza, e oserei dire leggerezza, il rimbrotto scorbutico del suo presidente. Lo conosce anche lui: perché fare l’offeso? In alternativa avrebbe potuto dimettersi, se le parole di Renzetti gli risultavano all’orecchio così intollerabili.

 

Del resto quando il presidente lo ha difeso in televisione e davanti alla stampa riunita, a fronte di un rosario di sconfitte, di scelte tattiche e di prestazioni assai discutibili, per usare un eufemismo, non mi pare si sia lamentato dell’intromissione del suo datore di lavoro a tutela del suo lavoro. C’è un accento vittimismistico, da lesa maestà, che proprio non ci piace nelle parole di Tami. L’unica cosa comprensibile e appropriata è la difesa del suo staff.

 

Per carità, detto questo non bisogna drammatizzare l’episodio: nel calcio, ripetiamo, è successo migliaia di volte e tutti sono sopravvissuti. Ribadiamo la stima personale e tecnica nei confronti dell’allenatore bianconero. Ci pare che il tutto, infine, si possa ridurre a una doppia scivolata sgangherata.

 

Ma tutti quanti oggi attaccano Renzetti facendosi scudo della retorica ipocrita secondo la quale il ruolo dell’allenatore è protetto dal Vangelo - e il presidente deve astenersi sempre e comunque dal nominare il nome di Dio invano e anche no - si ricordino che se il Lugano è una squadra di Super League e gioca in Europa lo deve innanzitutto al suo presidente. Lo tengano presente tifosi, allenatore e giocatori che godono di questa opportunità straordinaria. Non tutti prima di lui ci sono riusciti. Talvolta occorrerebbe rammentarselo, senza “leccaculismo” ma con un pizzico di riconoscenza che, in alcune circostanze, può essere utile per mordersela, la lingua.

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