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13.11.2017 - 16:170
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Sì Andrea, però....Giovanni Jelmini scrive a Liberatv dopo il nostro commento contro l'iniziativa No Billag: "Condivido le conclusioni ma sulla RSI sono piuttosto disilluso come, credo, parecchi cittadini ticinesi"

Lettera dell'ex presidente del PPD: " Ci si può incazzare anche per l’oggettiva parzialità dell’informazione (e di esempi ve ne sono parecchi), ma non serve a nulla! C’è sempre una giustificazione, una scusa o il rimprovero di essere tu – “l’incazzato” - di parte che, se proprio proprio pensi di aver ragione, puoi sempre rivolgerti all’ombudsman…"

Caro Andrea,

 

ho letto con molto interesse il tuo recente articolo sull’iniziativa “No Billag”, le cui conclusioni condivido nella sostanza. Come (quasi) sempre riesci a proporre riflessioni interessanti e utili su argomenti che interessano o dovrebbero interessare tutti i cittadini di questo Cantone. Detto questo, sui numerosi interrogativi che proponi nel tuo articolo, sono piuttosto disilluso come, credo, parecchi cittadini ticinesi. Per semplificazione, ne commento brevemente alcuni (che evidenzio in corsivo).

 

Si può quindi discutere del canone troppo caro.” No, non si può! O meglio, se ne può discutere, sic et simpliciter.

 

Ci si può incazzare per la presunta parzialità dell’informazione.” Ci si può incazzare anche per l’oggettiva parzialità dell’informazione (e di esempi ve ne sono parecchi), ma non serve a nulla! C’è sempre una giustificazione, una scusa o il rimprovero di essere tu – “l’incazzato” - di parte che, se proprio proprio pensi di aver ragione, puoi sempre rivolgerti all’ombudsman…

 

Si può criticare questo o quel programma o il taglio con i quali vengono proposti. Si può dibattere di quali trasmissioni sia giusto fare e quali no.” Certo che si può criticare – viviamo in un Paese libero – ma a cosa serve?

 

Si può obbiettare sui costi, sul ruolo della politica, sul modo di relazionarsi con il territorio e con il pubblico. Si possono contestare strutture burocratiche mastodontiche, investimenti da grandeur, numero di collaboratori, salari dei dirigenti, sprechi vari e avariati.” Si può obbiettare su tutto, si può contestare tutto, ma la realtà è che, ancora una volta, non serve a nulla.

 

“Si può eccepire su come vengono allocate le risorse umane e finanziarie e se siano necessarie tutte quelle risorse per assolvere alla propria missione. Si possono radiografare gli errori del passato, indignarsi per lo sfoggio di privilegi da nababbi e per la sicumera troppo spesso sbattuta in faccia - come una presa per il culo (al caldo) - rispetto a una realtà sociale radicalmente cambiata.” Come detto sopra, si può criticare, ci si può indignare, si può discutere – mancherebbe altro in un Paese democratico – ma queste critiche, indignazioni e discussioni rimangono vox clamantis in deserto. L’ultimo esempio in ordine cronologico è l’indignazione sulla recente pornotrasmissione andata in onda sulla SRF.

 

Caro Andrea, quello che mi preoccupa maggiormente è l’incapacità o la mancanza di volontà di proporre un dibattito serio, schietto e non telecomandato su quel concetto tanto utilizzato per avversare, giustamente, l’iniziativa “NO Billag” (qui il nostro dossier con tutte le interviste e gli approfondimenti, ndr.), ossia il concetto di “servizio pubblico”. Nessuno spende una parola sul significato del “servizio pubblico” e questo malgrado, secondo alcuni, l’incombente “pericolo di morte” dovuto proprio all’iniziativa popolare.

 

Il direttore del CdT ha osato recentemente - e non senza ragioni - contestare le modalità dell’inchiesta condotta da alcuni giornalisti di Falò sul caso “Argo1”; con tutti i contraddittori che propone la RSI, non avrebbe dovuto il tanto declamato “servizio pubblico” proporre un confronto tra i giornalisti che si sono espressi su un argomento, tanto importante e delicato, quale il giornalismo d’inchiesta? Molti se lo sono chiesti.

 

Concludo, felicitandomi per la tua iniziativa di proporre un dibattito sull’iniziativa popolare presto in votazione e auspicando che i dibattiti su questa iniziativa possano essere l’occasione per una discussione seria e aperta sul significato di “servizio pubblico”, in un confronto vero anche con le voci critiche. È un’occasione per tutti i cittadini e, soprattutto, per la nostra RSI.

 

Un cordiale e simpatico saluto,

 

Giovanni Jelmini

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