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Cronaca
08.01.2018 - 17:440
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Babylon Berlin: questa serie è un capolavoro! Un affresco portentoso della Berlino degli anni 20 tra perversioni e tumulti sociali (con il trucco del poliziesco). Siamo entrati in una nuova era del cinema europeo, evviva!

Le 16 puntate che compongono la serie - 45 minuti l’una - sono costate la bellezza di 40 milioni di Euro. E si vedono tutti: soldi spesi benissimo. Il che ci dice molto sulle potenzialità di una forma cinematografica, quella del telefilm, che riesce a convogliare budget americani per confezionare film europei. Nella fattispecie una storia tedesca, scritta e diretta da autori tedeschi, interpretata da attori tedeschi, che recitano in tedesco. Incredibile

di Andrea Leoni


Ci sono serie tv che cambiano la storia della televisione. Alzano l’asticella e aprono nuove prospettive artistiche e commerciali. Babylon Berlin è senza dubbio una di queste. Non è esagerato gridare al capolavoro per lo sceneggiato di Sky Deutschland.

 

Le 16 puntate che compongono la serie - 45 minuti l’una - sono costate la bellezza di 40 milioni di Euro. E si vedono tutti: soldi spesi benissimo. Il che ci dice molto sulle potenzialità di una forma cinematografica, quella del telefilm, che riesce a convogliare budget americani per confezionare film europei. Nella fattispecie una storia tedesca, scritta e diretta da autori tedeschi, interpretata da attori tedeschi, che recitano in tedesco. Incredibile. Se si fosse trattato di un film sarebbe stato impensabile poter contare su tanto denaro per una pellicola europea, intimamente europea, con queste caratteristiche. Siamo entrati in una nuova era, evviva!

 

Babylon Berlin, infatti, fotografa un periodo storico poco narrato e di certo non particolarmente impresso nell’immaginario collettivo. Siamo nella Repubblica di Weimer, sul finire degli anni 20, alla vigilia dell’avvento del nazional socialismo. Il nazismo, tuttavia, compare di sfuggita, in una sola scena, benché davvero struggente e simbolica. Nel giro di pochi anni si prenderà prima la Germania e poi l’Europa, eppure in questo racconto l’avvento di Adolf Hitler è solo un accenno che sembra rimbalzare da un futuro che pare talmente lontano da sembrare ipotetico. Il che evidenzia il coraggio e la bravura degli sceneggiatori che non hanno voluto sfruttare un comodo artificio narrativo per sedurre con semplicità una fascia di pubblico più larga. E in questa scelta complicata c’è tutta la differenza che corre tra un dramma americano e uno europeo.

 

La storia - tratta dal romanzo di Volker Kutcher “Il pesce bagnato”, oggi ripubblicato sfruttando la popolarità del titolo della serie - è scandita dalle indagini del commissario Gereon Rath. Il protagonista, reduce della Prima guerra mondiale, viene catapultato dalla natia Colonia a Berlino per risolvere un caso segreto: un ricatto pornografico ai danni, niente meno, di Konrad Adenauer, al tempo sindaco della città della Renania. Ma la parte della trama di stampo poliziesco è soltanto, questo sì, un trucco di sceneggiatura per dare tempi e pathos commestibili al pubblico generalista. L’ambizione tuttavia è diversa e ben superiore: tutto si può dire di Babylon Berlin tranne che sia una serie crime o da romanzo giallo. È invece uno scintillante racconto di costume, ancor prima che storico.

 

Le investigazioni servono in realtà a rivelare l’unica vera protagonista della storia, che è Berlino, quella Berlino. Indizio dopo indizio lo spettatore è condotto per mano in questo affresco portentoso. L’immersione del Commissario Rath nelle vie della Città - cosmopolita, ambigua, viziosa, in preda a un disordinato e travolgente fermento artistico e politico - diventa quella del pubblico. Un viaggio vertiginoso scandito da una colonna sonora memorabile, da un gusto raffinato per la fotografia e da una precisione per il dettaglio, nella scena e nei dialoghi, che rasenta le perfezione.

 

E così ci si imbatte con assoluta coerenza caotica nei trozkisti che sognano la controrivoluzione a Stalin, nei subbugli del primo maggio, nei travestiti che si esibiscono nei locali, in set blasfemi di cinema a luci rosse, nella droga, nel proletariato e nella borghesia di un popolo sconfitto. La Città ribolle per le strade e nei Palazzi tra lotte, ricatti, intrighi, ambizioni, speranze: sintomi di una precarietà sociale funambolica. E poi, quasi incredibilmente, tutto si mescola con naturalezza nella sala da ballo del Moka Efti o nei suoi scantinati dove si esercita la prostituzione.

 

I tre interpreti principali Volker Bruch, Liv Lisa Fries e Peter Kurth sono bravissimi. I registi Henk Handloegten, Tom Tykwer, Achim von Borries, di più.

 

Se ci fosse la possibilità di acquistare i diritti per trasmettere in chiaro questa serie, non mi farei sfuggire l’occasione. Anche solo per dimostrare che con con la televisione si può fare contemporaneamente cultura, ascolti e profitti.

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