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Secondo Me
02.02.2018 - 10:520
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Nomina del Procuratore generale, Sergio Morisoli ci scrive: "Ogni deputato deve avere accesso ai risultati dell'assessment, al quale ero personalmente contrario. La trasparenza, a questo punto, è a tutela dei perdenti, ma anche del prossimo vincitore"

Il deputato di Area Liberale: "Se la nostra Costituzione prevede che le nomine dei magistrati siano fatte dal Legislativo, significa anche che costituzionalmente è preferibile perfino l’errore del Parlamento che la perfezione tecnocratica di esperti non eletti. Però adesso non si possono nascondere i risultati dell'assessment"

di Sergio Morisoli *

Tenuto conto del delicato dossier per la nomina del nuovo procuratore generale, degli articoli apparsi su questo portale (Marco Bazzi e Renzo Galfetti, e dei commenti) oltre che delle prese di posizione in varia forma che si possono ormai leggere e sentire un po’ ovunque; da parlamentare mi verrebbe voglia di scrivere una lettera al Signor Presidente del Gran Consiglio e alla signora e ai signori colleghi dell’Ufficio presidenziale.

Non lo faccio formalmente perché non voglio che pensino che io voglia sostituirmi a loro, e non voglio che si sentano in dovere di rispondermi formalmente. Ciò non toglie che gli avvenimenti meritano almeno un commento, per l’interesse pubblico che la circostanza riveste. Lo faccio in modo soft esternando alcuni miei punti di vista sulla vicenda. Poi chi vorrà intender… 

In giugno dell’anno scorso, ormai lanciata la corsa alla Procura Generale, ero scettico sulla procedura scelta per selezionare il nuovo Procuratore Generale (PG).
In particolare la scelta di affidare ad un ente esterno specializzato la selezione dei candidati, non mi trovava convinto. Penso che lo espressi anche a qualche media o su qualche social.
Le ragioni di questo mio scetticismo erano di diversa natura.

La prima. Ritenevo e ritengo tuttora che la nomina delle più alte cariche dello Stato debbano essere effettuate entro il perimetro territoriale del Cantone, fisico e cognitivo. Il principio di sovranità locale, siamo Repubblica non dimentichiamolo mai e non solo Cantone, nel nominare i nostri rappresentanti della magistratura e della giustizia, ha tradizioni secolari in Svizzera: quello di voler essere giudicati da chi scegliamo noi e non dagli altri (direttamente o indirettamente), è il primo principio di libertà. Per questa ragione continuiamo ad  opporre resistenza all’assorbimento del diritto, all’interferenza  e ai giudizi europei in casa nostra.
Coerentemente con questo principio, dubitavo molto del fatto di “farci dire” da altri, anche se super competenti, la graduatoria di chi merita questa carica così importante. Se la nomina è politica, e lo è, i criteri sono anche politici piaccia o non piaccia; altrimenti occorre cambiare le leggi e prevedere un concorso pubblico come si fa con altri funzionari dello Stato, dove a contare dovrebbero essere solo le competenze tecniche e l’autorità di nomina non il Legislativo.

La seconda. La delega all’esterno dell’assessment era ed è un segnale negativo: il Ticino è talmente litigioso o incompetente da non saper scegliere da sé i massimi livelli del terzo potere? La risposta è sì, ci siamo ridotti a questo punto; incapaci ormai di non vedere sospetti, fini terzi, clientelismi e giochi di potere dietro a qualsiasi decisione politica. Modestamente penso che chi - i gran consiglieri - è chiamato alla grossa responsabilità costituzionale e legale, di nominare procuratori e giudici, oltre il diritto di votarli abbia il dovere di prepararsi e di informarsi prima si apporre la sua crocetta sulla scheda di voto.
Certo informarsi significa avere a che fare con pregiudizi e soggettività di chi si mette a cercare e di chi fornisce le informazioni. Per fortuna, per i parlamentari, non c’è ancora il divieto di informarsi personalmente sulle persone che dovranno scegliere. Nessuno di noi è neutro, e ognuno di noi è influenzato dalla sua storia personale, dalla sua esperienza e dalle sue relazioni. Per questo siamo dei Politici e per questo le leggi ci danno il privilegio della libertà e della legalità di poter agire e decidere perfino anche solo attraverso l’istinto e il pregiudizio. Che non vanno confusi con l’illegalità!
Il valutatore esterno invece basa il suo lavoro su elementi asettici (chi può dimostrarlo?) o standard (perché uguali a quelli di altri?), è obbligato a valutare e misurare la parte che si fa misurare per la funzione (competenze tecniche) richieste, ma non entra in materia nella parte che implica altre competenze meno cartesiane e certamente non misurabili con scale a punteggio. Noi parlamentari, se siamo attenti e se onoriamo il nostro mandato politico, dobbiamo invece chinarci su tutto quello che implica la carica operativa ma anche di come la persona che la occuperà saprà interpretarla; non solo a partire da un esercizio teorico a punteggi (l’ideale, scienza), ma in relazione congruente e a volte in conflitto con la realtà che la circonda (l’imperfezione, coscienza).

La terza. Gli assessment non so se servono, ma le ditte private li usano con successi alterni. In particolare le grandi aziende, spesso, sperano che con gli assessment si risparmino ai dirigenti proprio quelle decisioni (soggettive) che dovrebbero prendere in base alla loro esperienza personale; e ribaltare il successo o l’insuccesso della decisione presa sul giudizio (oggettivo) del consulente esterno.
Le scelte politiche devono invece essere e rimanere scelte politiche. Principalmente quelle parlamentari che, non scordiamocelo, sono quelle che le porzioni di popolo che ci ha eletti e che rappresentiamo ci ha chiesto di fare. Quindi se la nostra Costituzione prevede che le nomine del terzo potere dello Stato siano fatte dal legislativo, significa anche che costituzionalmente è preferibile perfino l’errore del Parlamento che la perfezione tecnocratica di esperti non eletti.
Questo per dire che l’assessment, e lo dimostrano  il chiacchiericcio e le speculazioni nell’opinione pubblica di questi giorni, è un corpo estraneo che nella migliore delle ipotesi potrebbe essere usato come scudo di difesa, ma nella peggiore delle ipotesi anche usato come spada di attacco. La nomina partitica, esasperata, del nostro sistema non facilita certo la moderazione e la prudenza nell’uso di questo strumento.

La quarta. L’impostazione dell’assessment, la sua metodologia di indagine, i criteri di valutazione, le soglie di riuscita o di bocciatura, e altri elementi che qualsiasi esperimento “scientifico” comporta, sono sconosciuti e forse non sono mai stati discussi nemmeno tra il committente e il mandatario. Non si vuol dire che un assessment ne vale un altro, ma questo aspetto non è indifferente quando in situazioni come queste l’assessment prende più peso di quello che in origine della decisione si pensava (per ingenuità), avrebbe poi potuto prendere.

Detto questo e a scanso di equivoci; personalmente e salvo fulmini a ciel sereno che potrebbero sempre apparire, il mio voto l’ho già deciso per conto mio nei mesi successivi alla pubblicazione della lista dei candidati.
Da anni faccio politica e mi muovo nell’ambiente economico e sociale. Mi son fatto un’idea confrontando le mie valutazioni con altre persone e analizzando i fatti espressi nei media ma non solo che riguardano la carriera dei candidati. Le conoscenze personali dei candidati giocano un ruolo, non nascondiamoci dietro a un dito, ma non è un di meno anzi è un di più; fosse anche  per non sceglierli.
Con orgoglio, difendo la mia libertà di parlamentare di poter decidere indipendentemente dai processi messi in piedi dagli enti preposti a dirci chi è più adatto di chi, siano essi assessment esterni o commissioni ad hoc. I pareri li leggo, li medito, ma rimangono tali: pareri! Un parere non sostituirà mai il mio dovere parlamentare del giudizio personale.
Adesso però l’assessment, non solo fa discutere ma rischia di essere l’ago della bilancia nel bene e nel male di questa importantissima vicenda.

Va ricordato, non si sta scegliendo un manager, o il miglior avvocato, o il miglior redattore di capi d’accusa. Stiamo scegliendo la persona che sarà il capo di chi è chiamato per Costituzione e legge a dirigere e coordinare i procuratori pubblici della Repubblica e Cantone Ticino. I procuratori non sono gli avvocati di una parte, rappresentano l’intero popolo del Ticino quando si tratta di far emergere la verità davanti al giudice; quando il popolo intero si sente leso dall’atto commesso dall’accusato. Si tratta di un ruolo di alta rappresentanza e quindi il PG è colui che sente e interpreta questa pesante e onerosa missione.

Il fatto che, l’assessment getti un’ombra su tutta la procedura, e che faccia nascere anche solo il minimo sospetto che si voglia nascondere qualcosa quando dobbiamo decidere una carica così importante, mi fa dire che il tutto adesso deve essere gestito con la massima trasparenza. Significa che ognuno di noi, parlamentari, deve venire in possesso dei documenti. La Legge sul Gran Consiglio agli articoli 53 cpv.3 e 54 prevede il da farsi. Nell’economia generale di questa vicenda, andrebbe valutata se non sarebbe uno sfregio all’autorità e all’autorevolezza delle Istituzioni procedere con una decisione segnata dalla sfiducia e dal dubbio.

Ora l’assessment c’è, e sta diventando non uno dei tanti elementi per la presa di decisione, ma è montato al livello forse di preminenza; bisogna pur ragionare a questo proposito.
Lo sapete non sono uno statalista e per cultura politica sono certamente per il meno Stato; ma sono anche convinto che quelle poche cose che toccano essere fatte senza compromessi solo allo Stato, e l’amministrazione della giustizia è uno di questi, non possano e non debbano essere offuscati dall’aver dato o non dato documenti, peggio ancora magari attraverso fughe di notizie parziali, sia a chi e a chi non è chiamato a decidere democraticamente le cariche. 

In vista del dibattito parlamentare, mi verrebbe da chiedere, da suggerire, da auspicare al Presidente del Gran Consiglio e all’Ufficio presidenziale di voler valutare il da farsi, in tema di comunicazione, di trasparenza e di parità di trattamento, alla luce di alcuni nodi che la vicenda sta facendo emergere. Soprattutto per tagliare alla radice ogni possibilità di fraintendimento, di interpretazione, di gossip, di supposizioni, di dietrologie che stanno circolando nell’opinione pubblica, anche in modo grossolano, e che stanno certamente influenzando in mancanza di controprove anche i parlamentari che non hanno accesso ai dati.

Evidentemente vi è un problema legale, formale e organizzativo di circolazione delle informazioni. Perché certi sanno cose che altri non sanno? Perché certi sanno dettagli che altri nemmeno immaginano? Sia a riguardo del ruolo e delle responsabilità dell’UP del GC, a riguardo della società di assessment, a riguardo dei candidati, a riguardo di chi può dire a chi, a riguardo dei risultati parziali o finali?
Nella confusione, ognuno sa qualcosa sempre in più e di diverso dall’altro, ed è una spirale ascendente.

In queste situazioni probabilmente sarebbe utile applicare il sano principio del “right to know” (diritto a sapere) e una volta preso in considerazione, mettere sul tavolo tutto quello che c’è da mettere.  
Così nessuno di noi, che dovrà decidere a chi far assumere la carica di PG, potrà dire di non avere avuto tutto il necessario per prendere una decisione in scienza e coscienza.
Contrariamente, chiediamoci da parlamentari, come potrebbe sentirsi e con che libertà di azione potrebbe operare il futuro PG se fin dall’inizio del suo mandato ci fosse il sospetto che al suo posto ci sarebbe potuto o dovuto essere qualcun altro?

La trasparenza, a questo punto, è certamente a tutela dei perdenti, ma anche del prossimo vincitore.
Lo ripeto e concludo, la mia decisione l’ho già presa. Non sarà l’assessment o non l’assessment a farmela cambiare; mi tengo stretto il mio diritto all’errore per amore dell’imperfezione umana. Ma proprio per rafforzarlo e difenderlo, e non da ultimo in sintonia con la mia coscienza, preferisco che chi contrariamente a me ha invece bisogno anche dei dati dell’assessment per  decidere, li possa avere.

* deputato Area Liberale
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