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14.02.2018 - 11:030
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Chi è il vero mostro? Forse colui che non sa amare. Colui che non sa assumere "La forma dell’acqua". Esce oggi nei cinema ticinesi quello che viene già considerato come il film dell'anno: l'ultima pellicola di Guillermo Del Toro

La recensione: per raccontarci il bisogno di amore libero e di fratellanza Guillermo del Toro usa la metafora, il simbolo, scomodando il mito dell’uomo pesce e costruendo una favola contemporanea ambientata, però, nel passato prossimo

di Roberta Nicolò*

 

Esce oggi nelle sale ticinesi film più atteso dell’anno intitolato The Shape of Water, La forma dell’acqua in italiano, del regista Guillermo del Toro, che dopo essersi aggiudicato il Leone d’oro a Venezia ha fatto man bassa di nomination per gli Oscar. Ben 13, infatti, le candidature che questo film si è portato a casa tra le quali: miglior regista, miglior film, miglior fotografia e miglior attrice non protagonista alla brava Octavia Spencer (nei panni di Zelda).

 

Una favola? O un film di fantascienza? La forma dell’acqua può appellarsi all’uso ormai consolidato di ritenere i generi desueti e può quindi di diritto navigare tra fantasy, love story, dramma e fantascienza.

 

È la storia di Elisa (interpretata da Sally Hawkins) , ragazza muta e addetta alle pulizie all'interno di un laboratorio governativo nella Baltimora dei primi anni Sessanta che, in compagnia della sua collega Zelda, scopre una creatura anfibia all'interno di una cisterna d'acqua. Elisa, spinta dalla solitudine, inizia a sviluppare un rapporto di amicizia con lo strano essere fino ad innamorarsene.

 

Il rapporto con creature mostruose che appartengono ad altri mondi, ma che immancabilmente trovano spazio nel cuore degli uomini, non è nuovo nella storia del cinema. Il film culto Il mostro della laguna nera, diretto da Jack Arnold nel 1954, per citarne uno tra i molti, è considerato una delle opere cinematografiche più celebri degli anni cinquanta. Sì, perché il mostro, l’altro che incute timore, porta in seno il fascino del mistero, e al pubblico piace. Così come viene conquistato dalle figure mitologiche che si nascondono dietro questi personaggi antropomorfi.

 

Figure che immancabilmente, proprio per il loro aspetto smaccatamente diverso, subiscono l’emarginazione sociale e vengono fraintese, temute o sfruttate. Non fa eccezione la creatura acquatica del film di del Toro, tenuta prigioniera a scopi di ricerca e torturata. Un mostro che in questa storia è però capace di catalizzare l’attenzione di chi, proprio come lui, sente il peso della diversità.

 

Ecco infatti che la società americana nella quale il regista cala la sua trama, la Baltimora degli anni sessanta, è vittima di un profondo razzismo. Di un’egemonia della classe dominante che detta le regole del sentire e dell’essere giusti e condanna senza appello chi è fuori dal modello imposto. Elisa, la protagonista handicappata, Zelda l’amica e collega afro americana e Giles il vicino omosessuale (Richard Jenkins), sono solo un’altra faccia della creatura dell’acqua. Sono capaci di coglierne l’umanità andando oltre l’apparenza perché loro stessi vittime di preconcetto e messi ai margini. E proprio questa forza di comunanza è capace di spezzare il pregiudizio e sa concretizzarsi in un moto ribelle per riconquistare la libertà che, sviscerando il simbolo, è la libertà di amare ed essere amati per quelli che siamo. È la libertà di accettare la propria natura. Il diritto al rispetto dovuto ad ogni essere umano… e non.

 

E per raccontarci questo bisogno di amore libero e di fratellanza Guillermo del Toro usa la metafora, il simbolo, scomodando il mito dell’uomo pesce e costruendo una favola contemporanea ambientata, però, nel passato prossimo. Un paradosso perfino.

 

Ma questa è solo una delle tante forme che poteva assumere il film, perché come ha dichiarato lo stesso regista “l'acqua prende la forma di tutto ciò che la contiene in quel momento e, anche se l'acqua può essere così delicata, resta anche la forza più potente e malleabile dell'universo. Vale anche per l'amore, non è vero? Non importa verso cosa lo rivolgiamo, l'amore resta sé stesso sia verso un uomo, una donna o una creatura”.

 

E allora chi è il vero mostro? Forse colui che non sa amare. Colui che non sa assumere la forma dell’acqua.

 

*giornalista - www.cinemany.ch

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