foto: dal film Apocalypse Now
ULTIME NOTIZIE Opinioni
Analisi
15.02.2018 - 11:420

"No Billag"? È come l'asteroide del Buondì Motta. O come il napalm americano sui Viet Cong... Non mi è piaciuta l'aria asfissiante da propaganda di Stato, ma questa iniziativa è inaccettabile. Si può discutere sulla quota di canone, non sul suo principio

ANALISI - Il voto del 4 marzo non è un referendum pro o contro la RSI. Stiamo parlando della sopravvivenza della SSR e di decine di radio e televisioni private, e dei relativi posti di lavoro, e delle relative competenze professionali. E del mantenimento o dello smantellamento del servizio pubblico radiotelevisivo in Svizzera. Che va mantenuto

di Marco Bazzi

Molte persone, anche persone che conosco appena o che non conosco del tutto, mi chiedono che cosa voterò il 4 marzo sull’iniziativa ‘No Billag’. Da settimane non c’è sera in cui io esca e non incontri qualcuno che mi ponga la fatidica domanda.

E devo dire che spesso è gente che cerca da me - che per diciotto anni ho fatto televisione e sono perciò considerato in questo ambito una sorta di ‘opinion leader’ - una conferma: vero che anche tu voti sì all’abolizione del canone?
Prima di dire come la penso, cerco di capire i motivi del malcontento che la gente mi esprime. Ed è, badate bene, gente di ogni età e di ogni estrazione sociale, dall’operaio al professionista.

Ritengo che capire sia importante perché stiamo parlando di una questione molto importante: stiamo parlando della sopravvivenza della SSR e di decine di radio e televisioni private, e dei relativi posti di lavoro, e delle relative competenze professionali. E del mantenimento o dello smantellamento del servizio pubblico radiotelevisivo in Svizzera. Che, secondo me, e lo dico chiaramente, va mantenuto. Piaccia o non piaccia il canone obbligatorio. Si può discutere sull’ammontare della tassa, ma non sul suo principio.

‘No Billag non è un referendum sulla RSI. Ma il dissenso va ascoltato

E, comunque la si pensi, questi sono i temi di fondo sui quali dovremo esprimere la nostra opinione il 4 marzo. “No Billag” non è infatti un referendum pro o contro la RSI o la SSR. Ma proprio per questo è importante ascoltare il dissenso, accoglierlo e non respingerlo, non liquidarlo come un’accozzaglia di opinioni di una marmaglia di buzzurri frustrati imbevuti di rabbia e demagogia.
Perché, in politica – e qui siamo nel campo della politica e non della sociologia dei media - è sempre un grave errore pensare di poter stritolare il dissenso sotto il rullo compressore della propaganda. Perché quel dissenso non morirà, ma risorgerà ben presto ancora più agguerrito sotto altre forme. La realtà va guardata in faccia, anche se non piace. Anche se disturba il quieto vivere e mette in discussione le rendite di posizione acquisite.

Ora, credo che in Ticino il dissenso nei confronti del canone, alla fine, più che dal problema economico legato ai 451 franchi di tassa sulla ricezione radiotelevisiva (che dal 2019 verranno ridotti a 365), nasca da un’insofferenza verso gli sprechi e la ‘grandeur’ che caratterizzano la mega macchina di Comano.
Stipendi “stellari”, troppi dipendenti, informazione non sempre imparziale, programmi inutili e costosi – “che c’azzeccano i quiz e i telefilm americani con il servizio pubblico?” -, eccesso di offerta - due canali televisivi e tre radiofonici -, privilegi anacronistici – i dipendenti che non pagano il canone (ma lo pagheranno dal prossimo anno) - e via discorrendo…

Questo è quello che sento dire parlando con la gente che voterà o è tentata di votare sì a ‘No Billag’. In buona sostanza: “Bisogna dare un segnale alla radiotelevisione pubblica!”.
Ed è su questi aspetti che la direzione della RSI dovrà riflettere profondamente dopo il 4 marzo. Potrà farlo con serenità, perché l’iniziativa comunque non passerà. L’unica cosa che rimane da misurare è la percentuale del dissenso.

Da Netflix a Youtube: l’illusione della libera scelta. E comunque paghi

Certo, poi ci sono anche altri ragionamenti che sento fare. Tipo: ci hanno dipinto scenari catastrofici, da “Day After”, ma in realtà la SSR è “too big to fail”, troppo grande per fallire, e qualche soluzione si troverà (il famoso “piano B”).

Oppure: i miei figli non guardano più la televisione, e alla fine la guardo poco anch’io…
O ancora: perché devo pagare il canone se poi per vedere i programmi devo anche pagare l’abbonamento a Swisscom Tv o a Cablecom, o se con 16 franchi al mese Netflix mi offre mega serie televisive coi controfiocchi come Narcos o House of card, o El Chapo? Per non dire di Youtube, dove posso trovare gratuitamente un sacco di film integrali… E le radio? Ma sul web ne trovo a bizzeffe, e su Spotify non ho che l’imbarazzo della scelta…

O ancora: sono disposto a pagare, ma soltanto se consumo. On demand, insomma, come quando scelgo di guardarmi una partita del Milan o della Juve su Swisscom Tv: metto 5 franchi nel juke box e il gioco è fatto… E pago…

Ormai, se non se non sei abbonato a Netflix ti senti una sorta di sfigato… Però, facciamo due conti: quante serie o film in italiano ci offre questa piattaforma sul territorio svizzero? Un esempio: la saga di “Ip Man”, il mitico maestro di kung fu di Bruce Lee, si articola in 4 film, uno solo dei quali è fruibile in italiano. Gli altri sono in tedesco o in cantonese (!).
E quanto ci costa, alla fine dell’anno, Netflix, che ci preleva automaticamente la sua bella quota mensile dalla carta di credito? Ci costa ben 192 franchi! Vale a dire più della metà di quanto pagheremo di canone dal prossimo anno. Però nessuno ha qualcosa da ridire su questa tariffa. La paghiamo senza batter ciglio, in nome di una presunta libertà di scelta, e ci sentiamo orgogliosamente dei “liberi utenti”.

Alle porte di una nuova epoca di servitù

È la triste tendenza della nostra società di consumatori da supermercato o da web market: pago soltanto quello che compro, e decido io (o penso di decidere io), vagando di scaffale in scaffale, o di sito in sito, cosa mettere nel carrello. Libero consumatore in libero Stato. Ignaro delle manipolazioni che accetto e che subisco senza nemmeno rendermene conto.

La domanda è: ma è questa la libertà televisiva che vogliamo? Ed è una libertà vera o finta? E, più in generale: è questo il modello sociale al quale aspiriamo?

Senza rendercene conto, noi stessi consumatori – di merci, di contenuti, di informazione – stiamo diventando merce di scambio per chi lucra, direttamente o indirettamente, su ogni nostra scelta illusoriamente libera. In realtà, siamo alle porte (anzi le abbiamo già varcate) di una nuova epoca di servitù, intesa come soggezione e dipendenza.

Questo è il vero Potere che dobbiamo temere. Non quello dello Stato. Non quello del Servizio Pubblico, che anzi va difeso in ogni suo ambito, senza per questo rinunciare al sacrosanto diritto di critica.

Aria asfissiante di propaganda di Stato. Ma iniziativa inaccettabile

Al termine di questa digressione, dico che non mi è piaciuta l’aria asfissiante di propaganda di Stato che si è respirata in questa campagna contro ‘No Billag’. E non mi sono piaciuti certi toni oltre la barriera della decenza che hanno dipinto i fautori dell’iniziativa come “untori” di manzoniana memoria, come seminatori di peste.

Ma, pur condividendo alcune delle critiche che vengono mosse alla RSI, per restare in Ticino e ai temi di cui parla la gente, ribadisco che questa iniziativa non è nata per “dare una lezione a quelli di Comano”. E aggiungo che è talmente radicale ed esagerata da essere inaccettabile.
Un’altra cosa che non dobbiamo trascurare sono gli ambienti “liberisti” che la sostengono a livello nazionale, non senza interessi editoriali ed economici. E magari anche politici… O no? Pensiamoci…
Perché, alla fine, sono quegli stessi ambienti che premono per la deregolamentazione economica e sociale in nome degli affari e della massimizzazione dei profitti (sempre e soltanto i loro).

Due metafore: il napalm e l’asteroide del Buondì

“No Billag” mi ricorda i raid degli aerei americani che scaricavano tonnellate di napalm sulle foreste del Vietnam per ammazzare i Viet Cong sterminando migliaia di civili, incubi di guerra che Coppola ci ha magistralmente raccontato in “Apocalypse Now”.

O, per usare una metafora pubblicitaria, ‘No Billag’ è come l’asteroide del controverso spot del Buondì Motta: se venisse approvata incenerirebbe non solo la mamma e il papà, ma anche la bambina petulante, il postino e la stessa merendina…
Resta connesso con Liberatv.ch: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔
Tags
iniziativa
billag
stato
dissenso
canone
gente
rsi
propaganda
franchi
scelta
News e approfondimenti Ticino
© 2024 , All rights reserved