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Quarto Potere
21.02.2018 - 10:400
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Il sondaggio della gsf su No Billag anticipato da Liberatv, la presunta violazione dell'embargo e le accuse via social di scorrettezza professionale alla nostra testata da parte di alcuni giornalisti della RSI. Una polemica senza senso

Siamo stati accusati da alcuni giornalisti della radiotelevisione pubblica di scorrettezza, scarsa professionalità e di agire in modo vergognoso (addirittura!). Ma abbiamo trattato questa notizia nello stesso identico modo con cui trattiamo tutte le altre

di Andrea Leoni


Allora, alcuni colleghi della RSI si sono risentiti perché nel primo pomeriggio di ieri abbiamo anticipato i dati principali del sondaggio della gsf sulla No Billag commissionato dalla SSR. Il rimprovero che ci è stato mosso riguarda la presunta violazione, da parte nostra, di un embargo che pendeva sui risultati dell’inchiesta e su chi ne era in possesso. La ricerca è stata infatti integralmente pubblicata questa mattina.

 

L’embargo, nel gergo giornalistico, significa un accordo tra due parti - chi dà l’informazione e chi la riceve - che convengono una data e un’ora in cui divulgare una notizia, in cambio di una condivisione anticipata del contenuto della notizia stessa. L’esempio più semplice che si può fare per spiegare questo modus operandi, è quello che avviene nei rapporti tra Consiglio di Stato e le varie redazioni. Il Governo, sovente, anticipa infatti ai giornalisti i contenuti delle proposte più rilevanti qualche giorno prima che si tenga la conferenza stampa di presentazione. Questo per fare in modo che i rappresentanti dei media possano adeguatamente prepararsi sui contenuti in vista dell’incontro con i ministri. Quando nelle nostre caselle di posta elettronica arriva una comunicazione di questa fattispecie, viene indicato in rosso e a caratteri cubitali l’embargo a cui è sottoposta la notizia. E tutti lo rispettano.

 

Con il tempo la politica (e non solo) ha imparato ad utilizzare lo strumento dell’embargo giornalistico anche per evitare fughe di notizie. Dal momento infatti che il contenuto viene inviato alla stampa e congelato nel “blocco”, nessuno può più fare anticipazioni, anche se ne era in possesso. Ma questo è un altro discorso.

 

Torniamo al punto. Nel caso del sondaggio al centro delle contestazioni dei colleghi, niente di tutto ciò è avvenuto. Non c’è stato l’invio anticipato alle redazioni dei contenuti delle ricerca demoscopica e neppure la comunicazione che i risultati erano sottoposti ad embargo. Insomma, non c’era alcun tipo di accordo tra le parti.

 

Liberatv è venuta a conoscenza di alcune voci sui dati - in particolare quello clamoroso della parità in Ticino fra favorevoli e contrari, al 48% - che circolavano nell’ambiente mediatico e politico. Ci è sembrata una notizia e allora abbiamo deciso di verificarla con alcune fonti. Le informazioni erano corrette e così ne abbiamo pubblicate una parte. Lo stesso abbiamo fatto con il sondaggio di Tamedia, sottoposto anch’esso ad embargo ed uscito stamattina (ma nessuno di Tamedia ha gridato allo scandalo….). Abbiamo trattato questa notizia nello stesso identico modo con cui trattiamo tutte le altre.

 

Le persone che ci hanno confermato le indiscrezioni erano evidentemente a conoscenza del contenuto del sondaggio. E, come avviene in ogni faccenda di questo tipo e in ogni ambito giornalistico, hanno consapevolmente allentato il principio di riservatezza. Anche perché, parliamoci chiaro, non si trattava di violare il terzo segreto di Fatima: di lì a poche ore i risultati sarebbero stati noti a tutti. Nessuno, sottolineiamo, nessuno, ci ha detto: “Te lo confermo ma fino a domattina non scrivi niente”. Altrimenti, per i rapporti di fiducia necessari in questa professione, semplicemente non l’avremmo scritto, come accaduto mille altre volte, oppure avremmo cercato conferme altrove, non stringendo gentlemen agreement.

 

Per esserci comportati in questo modo siamo stati accusati da alcuni nostri colleghi di scorrettezza, scarsa professionalità e di agire in modo vergognoso (addirittura!). Tutto, naturalmente, spruzzando veleno via social, tra malignità, allusioni e sfottò. Un comportamento, purtroppo, non nuovo da qualche mese a questa parte. Siccome lo aveva deciso la RSI, questa la tesi, l’embargo doveva essere imposto a tutto il panorama mediatico ticinese e da tutti doveva essere rispettato, punto e basta. Come un editto divino, o per meglio dire celeste, nel senso di iscritto nel cielo di Comano, a cui attenersi senza obbiettare anche se non era stato né convenuto né comunicato ai comuni mortali che non lo abitano…quel cielo.

 

Sarà che proprio non godiamo della (vana)gloria emanata dall’aureola del servizio pubblico che distingue i giornalisti di serie A (loro) da quelli di serie B (tutti gli altri), secondo l’intima convinzione di alcuni colleghi della radiotelevisione pubblica, sempre in prima fila a calare lezioncine pubbliche a chi non è stipendiato dalla RSI. Sarà per questo che proprio non riusciamo a capire il senso di questa polemica. Fortunatamente non tutti i giornalisti del servizio pubblico ragionano, ne agiscono, in questo modo irrispettoso verso il lavoro altrui.  

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