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Secondo Me
13.05.2018 - 17:160
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

La lucida analisi di una lettrice dopo il "voto flop" sulla riforma fisco-sociale. "Stiamo diventando un popolo di deboli intellettualmente. Stufi, annoiati, indifferenti, menefreghisti, pigri, indolenti, insofferenti…"

SECONDOME - "Non è che il troppo sostegno spenga la creatività di ognuno, spenga la voglia di reagire, di partecipare alla vita sociale, di rimboccarsi le maniche?"

Una lettrice ci scrive prendendo spunto da un nostro commento sul recente voto sulla riforma fisco-sociale, che abbiamo definito “un flop della politica” a causa della bassissima partecipazione alle urne. LEGGI QUI. La sua analisi è molto lucida e fa riflettere.

“Egregio direttore,

sul suo portale il 30 aprile scorso ho letto il commento sull’ultima votazione che ha avuto una partecipazione del 32% (detto tra parentesi la partecipazione nel canton Berna per l’elezione del nuovo governo e parlamento è stata del 29%!).
Le sue considerazioni sono condivisibili. Il disinteresse per le votazioni è palpabile e le motivazioni hanno mille sfaccettature.
Mi sono chiesta anch’io, come mai gli aventi diritto, appartenenti a un modello democratico al top, unico al mondo, possano snobbare così indecentemente le urne. Visto poi che il voto per corrispondenza facilita questo diritto e più nessuno può accampare scuse per giustificare l’assenza alle urne.
Mi sono chiesta se gli svizzeri non siano stufi della democrazia diretta.

Si direbbe proprio di sì. Stufi, annoiati, indifferenti, menefreghisti, pigri, indolenti, insofferenti…

A parte le motivazioni dei cosiddetti “esperti”  puntualmente intervistati sulle cause,  secondo la mia opinione e come lei m’insegna c’è un comune denominatore alla base del tutto: malgrado i problemi finanziari, lavorativi, le difficoltà familiari e assicurative, il nostro Paese gode di un elevato standard di vita e di benessere. La rete sociale è capillare e generosa, nessuno è lasciato solo in caso di bisogno. Non è che il troppo sostegno spenga la creatività di ognuno, spenga la voglia di reagire, di partecipare alla vita sociale, di rimboccarsi le maniche?

Qualche tempo fa  l’ex CEO di Credit Suisse Ospel ebbe a dire che in Svizzera c’è la “paralisi da benessere”, stiamo (a confronto di talune realtà appena al di là della frontiera) troppo bene, abbiamo perso l’arte di arrangiarci perché c’è sempre un ufficio, un ente, un servizio a risolvere i nostri piccoli grandi problemi. Ci adagiamo a questo stato di cose e non siamo più in grado di reagire e prendere in mano il nostro destino.

Perciò il disinteresse per le votazioni è alimentato da un benessere diffuso e portatore di nichilismo. Stiamo diventando un popolo di deboli intellettualmente, condizione grave che ci rende troppo remissivi e facilmente usurpabili. Viviamo una sorta di decadenza, condizione che non è mai portatrice di consapevolezza e forza.

Dall’altra parte esiste una sorte di paradosso in quanto la chiamata alle urne è di almeno 3-4 volte all’anno (fra referendum ed iniziative), il  che dovrebbe confermare la vivacità della nostra democrazia che resta però nei piani alti della politica.

La  considerazione che lei fa: “e allora forse è venuto il momento di introdurre un quorum per la convalida delle votazioni referendarie” mi fa paura!

Andare a votare è un diritto e un dovere. Chi non ritiene di parteciparvi delega automaticamente le decisioni a chi va alle urne e non può lamentarsi dell’esito. I mezzi per informarsi sono numerosi, basta avere un po’ di buona volontà. Inoltre gli assenti hanno sempre torto, il voto di protesta lo si esprime con la scheda bianca, non con l’astenersi dal recarsi alle urne.

Se dovesse passare il suo pensiero il rischio è che nemmeno il terzo di cittadini che regolarmente va a votare avrà più voglia di farlo, visto che poi il loro voto in uno con l’impegno e la loro coscienza, sarebbe annullato.  Mi vengono i brividi solo a pensarci”.

Cristina Pronzini, Lumino


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