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Bar Sport
23.04.2013 - 09:260
Aggiornamento: 13.07.2018 - 15:11

ACB, la Curva: "Fine indegna. Il marcio non siamo noi ma la dirigenza"

I Boys del Bellinzona prendono posizione sulla fine dell'ACB definita "indegna e prevedibile" e proposito di FC Ticino dicono: "sarebbe il fallimento del calcio ticinese"

BELLINZONA - Hanno manifestato in più occasioni il loro sostegno alla squadra, alla maglia come si usa dire tra gli ultrà. E non hanno nemmeno mancato di criticare la dirigenza, come in occasione dell'udienza in pretura quando hanno esposto uno striscione che recitava: "I teppisti siamo noi ma in tribunale ci siete voi". Loro sono i Bellinzona Boys 2005 che con un comunicato stampa dicono la loro sulla scomparsa della loro squadra del cuore.

Un comunicat nel quale, con il linguaggio tipico della curva, i Boys rifiutano qualsiasi ipotesi di squadra unica ticinese, auspicano un ritorno a un calcio magari di provincia ma autentico e criticano aspramente Gabriele Giulini, senza mai nominarlo. Di seguito vi proponiamo integralmente il comunicato.

"Purtroppo la notizia era nell'aria da qualche settimana, ora la paura che ha per lungo tempo attanagliato i tifosi granata si è purtroppo concretizzata: l'AC Bellinzona è fallito. Il silenzio e la poca trasparenza che hanno contraddistinto l'operato della dirigenza dell'ACB si è definitivamente spezzato, rivelando a tutti lo scenario peggiore possibile.

Ben 109 anni di storia sono stati indelebilmente macchiati da questo evento, il quale non è altro che, in ordine di tempo, l'ultimo di questo tipo. Altri casi analoghi hanno caratterizzato il calcio svizzero negli ultimi decenni; a quanto pare gli insegnamenti che si potevano trarre da questi esempi negativi non sono però stati recepiti. Una fine indegna quanto prevedibile.

I fautori del FC Ticino torneranno così alla carica, pensando di poter trovare terreno fertile per le loro argomentazioni a favore della creazione di una squadra unica a livello ticinese. Oggi è fallito l'ACB, ma la creazione di una compagine calcistica unica ed artificiale comporterebbe il fallimento dell'intero calcio a livello ticinese. È impensabile che un calcio fatto di passione e di un sano campanilismo possa essere repentinamente sostituito da una squadra il cui unico obiettivo è quello di creare una realtà economicamente competitiva. Solo mantenendo la nostra identità si potrà nuovamente onorare la maglia granata.

Al giorno d'oggi il calcio è visto, anche grazie all'operato dei media, come uno sport che debba a tutti i costi generare introiti economici. Questo a discapito della passione dei tifosi e del piacere di andare allo stadio a sostenere con fierezza i propri colori, in quanto gli smisurati interessi economici che caratterizzano questa disciplina sono in grado di eliminare tutto ciò nel giro di pochi giorni.

L'opinione pubblica è spesso convinta che il marcio del calcio sia da ricercare nel comportamento dei tifosi, i quali utilizzano magari torce e fumogeni per trasmettere passione e dare colore ad un mondo che lavora sempre più nella cosiddetta "zona grigia". Il marcio non si trova però dietro alle bandiere che sventoliamo o dietro agli striscioni che esponiamo, si trova bensì dietro alle giacche ed alle cravatte indossate dai dirigenti, i quali lavorano in modo sempre meno chiaro, mirando molte volte al conseguimento dei propri interessi piuttosto che al bene della società.

Chi lotta giornalmente, anche in modo da molti considerato esuberante, per un calcio che non sia solamente businness è quindi spesso ingiustamente criminalizzato e schedato, quando ci sono invece individui che operano in maniera molto più disonesta, ai quali viene però concesso di agire indisturbati.

È necessario ricominciare con un occhio rivolto al passato. Passato nel quale i tifosi potevano gioire senza alcun timore delle gesta gloriose dei giocatori, i quali indossavano maglie dall'uno all'undici, e ancora, non ricevevano stipendi milionari perché dilettanti. Gente comune ma capace di infiammare le gradinate. A questi valori di onestà e di semplicità si rifanno coloro che la domenica, e non il lunedì, sventolano bandiere e innalzano stendardi, che preparano coreografie ed organizzano trasferte.

Noi non ci siamo mai tirati indietro e non ci tireremo indietro nemmeno oggi. È stato ancora una volta dimostrato che la parte malata di questo calcio non siamo noi: non lo siamo mai stati e mai lo saremo. Lotteremo sempre per la maglia granata e contro tutte le parole che la gente spenderà per denigrarci e criminalizzarci.

Il nostro sostegno e amore per la maglia, per tutto ciò che essa rappresenta per ognuno di noi, e, al contrario, l'odio per chi vuole ridurre il calcio ad una transazione finanziaria non si ferma quindi oggi, ma continuerà bensì ad accompagnarci anche in futuro.

L'ACB siamo noi, andremo dove andrai. Bellinzona Boys 2005

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