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Cronaca
23.01.2014 - 12:230
Aggiornamento: 03.10.2018 - 16:25

Libera circolazione e nuove ditte da oltre confine, l’OCST: “Un fenomeno da monitorare”

Per il sindacato, troppo poco si sa sul flusso e sugli effetti per la nostra economia delle ditte estere trapiantate in Ticino e allora “perché non creare un osservatorio apposito, in analogia a quanto già si fa per la manodopera”?

LUGANO – La libera circolazione non è solo delle persone, della manodopera, ma anche delle aziende estere stesse. Aspetto che per l’OCST meriterebbe maggiore attenzione e, forse, anche la creazione di un osservatorio apposito, in analogia a quanto già si fa sul versante della manodopera estera.

Infatti, se “gli occhi sono puntati in modo costante e meticoloso sul flusso di lavoratori, soprattutto frontalieri, poiché vi è associato un tangibile pericolo di pressioni sull’occupazione e sulle condizioni salariali, la mobilità delle imprese è tuttavia tale da rendere opportuna una più attenta osservazione del loro afflusso”.

Dati precisi non sono disponibili, ma secondo l’osservatorio del sindacato l’insediamento di queste aziende sarebbe consistente: “Si tratta prevalentemente di imprese di piccole dimensioni. Trattandosi poi sovente di unità che operano nel settore dei servizi, il loro arrivo non implica un trasferimento fisico rilevante (mezzi di produzione, materiale, …). Il loro innesto nell’economia cantonale risulta perciò meno appariscente, ma non per questo trascurabile”.

Per l’OCST infatti il loro impatto sul mondo del lavoro ticinese è tutt’altro che irrisorio. Per quanto possano portare ‘nuova linfa’ all’attività economica, il loro arrivo può anche rivelarsi sfavorevole: quando l’insediamento in Ticino avviene trasferendovi anche la manodopera già occupata oltre frontiera, motiva il sindacato, “tendono a portare retribuzioni e politiche salariali non confacenti”.

Inoltre, aggiungono, “essendo poi state mosse dal desiderio di sottrarsi a vincoli e lacci di vario genere, che ne pregiudicavano il funzionamento in patria, sono sovente refrattarie a qualsiasi vincolo e come tali poco propense ad assorbire la cultura del luogo (che nelle relazioni tra imprese e sindacati ruota attorno al principio del dialogo e della collaborazione) e a maturare una sufficiente attenzione ai bisogni del territorio (in particolare ai bisogni occupazionali quali l’inserimento di giovani e l’assunzione di persone disoccupate)”.

Per il sindacato è quindi “auspicabile che il movimento e l’insediamento di ditte dall’estero sia oggetto di una più attenta osservazione e verifica” e si attiverà dunque nelle sedi competenti per promuovere tale analisi. “Il numero di ditte insediatesi negli ultimi anni, la dimensione, il settore dove operano, la presenza di dipendenti locali e frontalieri, i livelli salariali, l’appartenenza ad associazioni padronali, l’adesione a contratti collettivi di lavoro”; sono questi tutti aspetti molto importanti perché “potrebbero fornire indicazioni utili sulle caratteristiche e sull’impatto della libera circolazione per quanto attiene ai movimenti delle aziende”

A seconda dei risultati di questa analisi, conclude l’OCST, “si potrà valutare l’opportunità di predisporre un osservatorio anche per i flussi di aziende”, a tutto vantaggio dell’obbiettivo primario, ossia “preservare un mondo del lavoro equilibrato. Per una regione come la nostra, confinante con un’area nettamente più densa di unità aziendali che guardano oltretutto con interesse al Ticino, meglio conoscere il flusso delle ditte provenienti dall’estero non è superfluo. Potrebbe costituire un utile punto d’appoggio per interventi che mirino a meglio integrarle nel territorio e nella sua cultura affinché non rimangano delle enclavi a sé stanti”.

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