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Cronaca
03.04.2014 - 17:060
Aggiornamento: 03.10.2018 - 16:25

Caso Job Contact, ecco il decalogo dello scandalo: "A chi non accetta le nostre regole proporre lavoro lontano da casa"

Ecco il documento più rilevante trasmesso al Ministero pubblico, stilato dal direttore dell'agenzia interinale. “Al primo colloquio compilare tutti formulari: disdetta in bianco, ecc"

LUGANO – Un decalogo, un vademecum, con qualche strafalcione grammaticale, scritto in un italiano approssimativo, perché l’ex direttore della Job Contac (è stato licenziato alla fine del mese scorso dagli azionisti) è di origine slovena. Un paio di paginette, redatte nell’aprile del 2009 ad uso interno dei collaboratori dell’agenzia interinale, con sede principale a Lugano e filiali a Bellinzona e Chiasso. Il titolo del documento è “Disdetta disoccupazione”.

È uno dei documenti finiti nelle mani dell’Organizzazione cristiano sociale che sa sua volta li ha trasmessi alla Sezione del lavoro, che a sua volta li ha inviati al Ministero pubblico.

Il documento, ora al vaglio della Magistratura, sembra confermare pratiche illecite nel gestire i lavoratori che facevano capo all’agenzia interinale, un’agenzia che ha un giro medio di 500 collocamenti temporanei al mese.

Bisogna dire che buste paga erano compilate in modo ineccepibile. Gli illeciti stavano nei metodi adottati in particolare sui periodi dii disdetta, di vacanza e sui casi di maternità.

Per esempio, stando alla documentazione raccolta dal sindacato, i crediti di vacanza venivano trattenuti su un conto invece di essere integrati nella paga oraria e versati al lavoratore soltanto se quest’ultimo li reclamava. Chi non si rendeva conto di aver diritto a quei soldi li perdeva.

Ma i sospetti principali riguardano la gestione dei periodi di disdetta, che per i lavoratori assunti dalle agenzie interinali a tempo indeterminato (per essere prestati alle aziende che richiedono personale “flessibile”) possono variare da alcuni giorni a un mese. Quello che i funzionari della Job Contact dovevano fare, secondo il decalogo stilato dal direttore, era evitare per quanto possibile che l’agenzia pagasse i giorni di disdetta ai lavoratori che terminavano il loro impiego. In questo modo, oltre a guadagnare di più, si poteva essere maggiormente concorrenziali.

Per questo, a chi si rivolgeva alla Job Contact veniva chiesto di firmare una disdetta in bianco, sulla quale sarebbe poi stata apposta la data più conveniente. È chiaro che questi giochetti funzionavano soprattutto con coloro poco informate sulle regole del mercato del lavoro o con persone che avevano un disperato bisogno di trovare un impiego.

“Al primo colloquio compilare tutti formulari: disdetta in bianco, contratto base, ecc”, si legge al primo punto del decalogo.

Bisogna informare il collaboratore, scriveva il direttore, che “il lavoro temporaneo funziona in maniera che il cliente può informarci in qualsiasi momento che non ha più bisogno di lui. In questo caso noi dovremo pagargli i giorni di disdetta. Questo rischio non possiamo assumerci. O accetta questo fatto o va a cercare lavoro altrove. Di conseguenza gli diamo la disdetta verbale all’inizio dell’incarico. Dobbiamo accertarci che il collaboratore abbia capito”.

Altra raccomandazione: “Se si comunica la disdetta verbale e poi il collaboratore entra in malattia, non accettare assolutamente il certificato medico”.

E se il lavoratore non accetta? Il direttore aveva le idee chiare su come bisognava agire: “Se malgrado tutte le contromisure prese saremo costretti a pagare il periodo di disdetta, dobbiamo proporre al collaboratore un lavoro il più distante possibile dal suo domicilio. Questo per fare in modo che rifiuti il lavoro e quindi ci libera dall’obbligo di pagargli la disdetta. È sottinteso che dobbiamo in questo caso fargli firmare un foglio dove egli dichiara che non vuole accettare il lavoro propostogli”.

Oppure, bisognava convincere le aziende a tenere il lavoratore per qualche giorno in più, facendogli uno “sconto” sulla paga oraria, in modo da evitare che il costo dei giorni di disdetta pesasse sulla Job Contact. Ecco la raccomandazione: “Se necessario, rinunciare al proprio margine (il margine spettante all’agenzia, ndr), per poter far tenere il collaboratore dal cliente e per poter coprire il periodo di disdetta”.

C’è poi un’altra raccomandazione: “Preparare disdetta retroattiva per i collaboratori che si iscrivono in disoccupazione”.
E una per le donne che aspettano un bambino, che non si possono, per legge, licenziare: “Per le collaboratrici incinte, fare in modo che inoltrino loro la disdetta, per non avere problemi con la disoccupazione (convincerle!!!). Tanto non perdono niente. Si iscrivono in disoccupazione, prendono i soldi, e stanno a casa invece di lavorare fino al parto”.

Ma non è vero: quando la lavoratrice, dopo aver seguito i consigli della Job Contact, si presenterà alla disoccupazione, scoprirà di dover scontare un periodo di penalizzazione sulla rendita proprio per essersi licenziata.

emmebi

 

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