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Cronaca
15.04.2014 - 05:580
Aggiornamento: 03.10.2018 - 16:25

"Padroncini" all'evento Medacta, libero mercato, Stato e responsabilità individuale: riflessioni di una lettrice

"I ticinesi non capiscono che nel libero mercato ognuno deve dare il meglio di sé. Mentre nel nostro cantone si è scatenata una spietata e selvaggia concorrenza sleale"

LUGANO – Una nostra lettrice di Chiasso ci ha inviato una bella lettera prendendo spunto dal nostro commento sul caso dei padroncini arrivati a Lugano per il maxi evento della Medacta. Ma si tratta solo di uno spunto per fare alcune riflessioni sull’economia e sulla nostra società: dal ruolo dello Stato allo spirito imprenditoriale, fino ai costi fissi, spesso speculative, che asfissiano le aziende.

La lettera

“Seguo più o meno le “polemiche” sul fenomeno “padroncini” in Ticino. Quando Lei scrive “nel libero mercato, ognuno è libero di fare le scelte che vuole”, non fa una piega.

Il problema sta che sono i ticinesi (singolo cittadino, semplici commercianti, imprenditori, alcuni economisti, politici, ecc.) a non capire il significato del libero mercato (intendiamoci quello SANO). La regola d’oro é quella che ogni uno deve dare il meglio di sè.

Ciò che sta succedendo in Ticino é una spietata e selvaggia concorrenza sleale. Tutto in nome del basso costo. Lo Stato ha sottovalutato le conseguenze ed é in chiara difficoltà ad arginare la situazione, credendo che tutti i probemi saranno risolti dal mercato.

La Svizzera fino a poco tempo fa, circa 10 anni, godeva di una situazione assai previlegiata. Vivendo quasi esclusivamente di beni di servizio (banche, assicurazioni, qualche industria di media grandezza – farmaceutica, orologeria, tecnologia di precisione), ma non ha provveduto a creare fonti economiche alternative.

Non aveva bisogno di produrre, ma unicamene sfruttare (termine negative in economia) la situazione e la sua posizione nel contest internazionale, così si é aggrapata ai profitti realizzati dalle banche. Abbiamo visto che questi istituti non brillano per correttezza e transparenza. La provenienza dei soldi entrati in Svizzera provenivano e provengono da operazioni poco pulite. Ecco perché le banche si sono ingrassate in modo smisurato e hanno potuto versare alla Confederazone gettiti fiscali molto graditi.

Si potrebbe paragonare questa economia con quella di tipo nomade. L’unica fattica era quella di raccogliere i frutti abbondanti a terra. Ora che questi frutti cominciano a scarsegiare, bisogna coltivarli, produrre, ed é qui che subentra il dramma: non siamo abituati e non abbiamo ancora imparato come fare. Cresce così l’ostilità verso tutto ciò e tutti coloro che mettono in luce l’impotenza e la frustazione della nostra situazione economica.

La situazione mondiale é cambiata. Il potere economico-finanziario si é spostato verso nazioni che fino 10 anni fa appartenevano al terzo mondo o erano in via di sviluppo. L’Europa e gli Stati Uniti sono in condizioni precarie e anche se i nostri politici, cantonali e federali, ostentano un’immagine inganevole, sostenendo che siamo ancora ben messi rispetto ai nostri vicini, la domanda d’obbligo è: per quanto tempo?

Il problema di fondo é che la crescita economica del PIL in Svizzera é stagnante e modesta come del resto dalle nazioni europee, eccezione fatta per la Germania che ha qualche punteggio in più. Non ci sono entrate in cassa a sufficenza, ma solo uscite. Più una nazione esercita pressioni fiscali sui cittadini e imprese più ci sarà frode, evasione ed emigrazione.

Alcuni politici di area liberale sostengono che la libera circolazione ha contribuito a dare impulso all’economia. Non è vero. Abbiamo assistito soltanto allo sfruttamento e alla sostituzione di manodopera più a buon mercato. Le aziende locali beneficiano di un minor costo del personale, ma non di una maggiore produttività. Non si assiste a un aumento delle domande e di conseguenze delle offerte. 

Un’economia dinamica e in crescita implica la creazione di nuovi posti di lavoro di qualità. I datori di lavori seri hanno il diritto di scegliere collaboratori validi, idonei. La nazionalità non ha alcuna importanza, bensì la capacità che il singolo offre.

Tornando alle lamentele dei ticinesi rispetto ai padroncini, i primi hanno un atteggiamento di immaturità imprenditoriale, i secondi sono più abili. I ticinesi chiedono la protezione e garanzie allo Stato per allontanare la minaccia della concorrenza esterna e di avere la precedenza sul mercato del lavoro. In questo modo non devono compiere alcun sforzo e continuo impegno per la propria sopravvivenza. Questa mentalità porta all’atrofizzamento degli stimoli, della capacità di reagire, di ragionare e adatarsi di fronte ad una nuova situazione. Dovrebbero invece cominciare ad avere uno spirito di competitività, attivo e creativo. Tuttavia ciò non basta. 

È necessario l’intervento dello Stato a sostegno dell’economia locale promovendo e sviluppando (queste sono le giuste parole in economia) un terreno fertile in modo che tutti gli attori economici possano produrre autonomamente in modo continuo nel tempo. Uno di questi interventi é la disciplina e la sorveglianza attiva, efficace ed affidabile da parte degli organi preposti. La giustizia gioca altrettanto un ruolo assai importante nella società e nell’economia. 

L’altra é quella della politica fiscale equa, l’incentivo concreto ai singoli cittadini e ai giovani qualificati che vogliono avviare un’attività indipendente, alle piccole imprese per consentire il loto sviluppo, visto che 2/3 della nostra economia si fonda sulle PMI e su realtà artigianali. La Svizzera é una nazione piccola, non adatta ad una economia di larga scala.

Va ricordato che la concorrenza (quella sana e leale) é un bene e deve esserci. Nel mercato deve restare solo chi é capace di rendersi utile e rispondere ai bisogni e guadagnarsi l’apprezzamento della società: bisogna puntare sulla qualità e non sulla quantità.

Recentemente, il Consigliere di Stato Paolo Beltraminelli, ha affermato che i padroncini in Svizzera sono in un certo senso un bene, poiché costringono commercianti, liberi professionisti, e imprenditori locali ad abbassare i prezzi. 

Ma la fissazione dei prezzi non dipende dalla volontà del singolo commerciante o imprenditore, bensì molto spesso dall’elevato costo per mantenere in vita un’attività commerciale dovuto agli onere fiscali, sociali, tasse, contributi pretestuosi di ogni tipo che ultimamente spuntano come funghi. Aggiungasi a questa situazione i soventi abusi a limite del parassitario da parte di alcuni attori, privati ma anche pubblici, che per conseguire profitti e introit fanno lievitare I prezzi dei servizi. 

Esempio classico: affitti, energia elettrica e riscaldamento. In Svizzera circa il 70%-80% della popolazione vive o ha un’attività commerciale o industriale in affitto. È inevitabile quindi che questi costi incidano sui prezzi di prodotti e prestazioni. La conseguenza é sovente la chiusura di aziende e piccoli commerci che non producono abbastanza per coprire i costi, ripeto artificiali, speculativi, asfissianti. Nota bene ho parlato di coprire i costi e non di realizzare utili per creare un minimo di riserva.

Credo però che una soluzione possa esserci: quella del cambio di mentalità e atteggiamento di tutti gli attori dell’economia e della politica. La “messinscena” deve essere bandita. Questo cambio deve cominciare dall’educazione dei bambini e dei giovani che saranno gli adulti di domain, si spera, con una miglior capacità evolutiva. È necessario introdurre il concetto dell’etica, della coscienza civile, della disciplina, del diritto e doveri dei cittadini, altrimenti le relazioni tra le persone diventeranno sempre più difficili e intollerabili".

Cristiana Maspoli

 

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