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Cronaca
01.02.2018 - 13:150
Aggiornamento: 03.10.2018 - 16:25

Fallimento della Water Line di Mezzovico, la denuncia di UNIA: "Una vicenda dai contorni nebulosi. L'azienda ha accumulato scoperti per quasi 2,5 milioni di franchi! Eppure non è scattato nessun campanello d’allarme: tutti i servizi statali e para-pubblic

Il sindacato: "Perché degli imprenditori socialmente responsabili – di questo si fanno vanto le associazioni padronali – a fronte di una crisi di liquidità, in particolare quella necessaria a coprire i salari, non hanno consegnato immediatamente i bilanci in pretura?"

MEZZOVICO – Il Sindacato Unia prende posizione cin un durissimo comunicato sull’imminente fallimento della Water Line di Mezzovico, che ha lasciato senza lavoro 32 persone, e attacca la proprietà dell’azienda.

Unia si sta occupando ora “del disbrigo delle pratiche necessarie a recuperare il massimo delle spettanze salariali possibili per i lavoratori. Prime (ma non uniche) vittime di questa storia dal triste epilogo”.

Poi nella nota stampa il sidacato afferma di non essere disposto “ad accettare passivamente questa vicenda come se fosse nella “normalità delle cose”. Il caso viene dipinto unicamente come una triste vicenda del mondo del lavoro ticinese. Per qualche giorno si piangerà la scomparsa dei posti di lavoro qualificati e la fine di un’altra bella realtà industriale locale. Certo, magari sarà stato commesso “qualche errore manageriale”, però questa è la legge del mercato, questo è il rischio imprenditoriale. Consumato rapidamente il funerale, altrettanto rapidamente questa vicenda finirà nel dimenticatoio.

Eppure anche a un’analisi sommaria, gli elementi sui quali riflettere sono molti e preoccupanti. Sicuramente saranno stati commessi degli errori di natura gestionale, ma tralasciando questo elemento, ci limitiamo per il momento ad esprimere i nostri dubbi sui retroscena dell’ennesimo fallimento di un azienda dall’elevato potenziale economico. Vedremo se la procedura fallimentare permetterà di gettare più chiarezza su questa vicenda dai contorni nebulosi.

Con questa presa di posizione vogliamo però far riflettere su ciò che già oggi appare evidente e inaccettabile. Facciamo riferimento all’estrema arroganza di chi sta dietro la Water line SA. Un gruppo d’imprenditori, dotati di grandi mezzi finanziari, che non si sono fatti molti scrupoli a scaricare sulle spalle della collettività e dei lavoratori i danno causati da un avventura imprenditoriale durata 40 anni e che poteva durare ancora a lungo.

Non dobbiamo mediare i termini: Nicolò Consolo e Daniele Marzi-Marchesi, proprietari della Water Line SA, si sono permessi di non pagare i salari per ben 4 mesi, sapendo di poter scaricare questa onere – anche gli imprenditori dovrebbero avere degli obblighi – sulle casse pubbliche per una cifra che si aggirerà attorno al milione di franchi. Ma come vedremo, la fattura è ancora più salata.

E qui si pone la prima domanda: perché degli imprenditori socialmente responsabili – di questo si fanno vanto le associazioni padronali – a fronte di una crisi di liquidità, in particolare quella necessaria a coprire i salari, non hanno consegnato immediatamente i bilanci in pretura?
Certo, ci si potrà nascondere dietro al fatto che “eravamo in discussione con dei potenziali acquirenti” o che “aspettavamo dei nuovi finanziamenti”. Queste sono infatti le giustificazioni che abbiamo sentito, che risultano molto deboli a fronte di 4 milioni di precetti esecutivi, pignoramenti o comminatorie già intimati. Debito che esploderà ulteriormente quando tutti i creditori avranno insinuato le loro rivendicazioni.

La verità è che la proprietà forse era in trattativa con possibili acquirenti e che quindi, per avere più margine negoziale, bisognava far “lavorare” la fabbrica. Anche a fronte del disastro che si stava via via accumulando. Inutile e poco profittevole gettare al vento i capitali di famiglia se le trattative non dovessero andare in porto!

Ma c’è di peggio: l’insolvenza copre “solo” gli ultimi 4 mesi di diritti non riconosciuti, questo significa che già ad oggi, oltre ad essere pagati da noi contribuenti, i lavoratori hanno sostanzialmente perso quasi tutta la 13esima mensilità.

Davanti a questo ennesimo furto, il sindacato Unia, chiamato tardivamente al capezzale della Water Line SA, ha chiesto che i signorini Consolo e Marzi-Marchesi pagassero almeno la tredicesima del 2017. La risposta è stato uno sputo in faccia ai lavoratori - alcuni impiegati da 20 anni - e la decisione di far fallire la società.

Eppure Nicolò Consolo e Daniele Marzi-Marchesi non sono proprio dei poveracci… Il primo è figlio di Bartolo Consolo, emerito sportivo acquatico italiano (nuoto e pallanuoto), già vice-presidente della Federazione Internazionale di Natazione (FINA), nel 2016 è stato pure eletto co-presidente di Swiss Swimming, essendo domiciliato a Ginevra e a beneficio della doppia nazionalità italiana e svizzera. Dimenticavamo: Consolo senior appartiene a una ricca famiglia romana. Silvio Marzi-Marchesi – padre di Daniele e Fausto -, pure ricco romano e pure al beneficio della doppia cittadinanza, è stato attivo quale costruttore edile, poi passato alle operazioni finanziarie di varia natura.

Consolo e Marzi-Marchesi seniors hanno infatti fondato la finanziaria Immobiliare Salce S.p.A, con la quale sono stati molto attivi nella vicina Penisola. In parallelo, Bartolo Consolo e Silvio Marzi-Marchesi aprivano tutta una serie di finanziarie in Svizzera, principalmente nel canton Zugo: la Cesal Immobilien AG (5 milioni di CHF di capitale sociale interamente liberato), la Cesal AG, la IFB Italienische Finanzbeteiligungen AG, la PaFin Participations Financières AG, la Cesal Finanz AG (liquidata nel 1999) e naturalmente la Water Line SA. I rampolli Nicolò Consolo, Daniele e Fausto Marzi-Marchesi si sono naturalmente fatti le ossa in queste società, aprendo anche la EPH Participations Hôtelières AG (Nicolò e Fausto).

In gioco ci sono dunque società finanziarie sicuramente ben fornite in capitali, ricchezze famigliari importanti che godono di trattamenti fiscali privilegiati. Eppure questi redditieri dal fallimento della Water Line SA usciranno indenni, provocando diverse perdite milionarie che saranno coperte dalle lavoratrici e dai lavoratori di questo cantone, indigeni e frontalieri (!), dal Cantone e dalla Confederazione.

La responsabilità sociale di questi imprenditori è tale che neppure hanno voluto pagare la tredicesima delle loro maestranze. Una attitudine intollerabile!

A fronte di una situazione del genere non può solo far “piangere il cuore”, come dice il segretario di OCST Giovanni Scolari, deve farci esplodere di rabbia! Non possiamo limitarci solo a raccogliere i cocci, ma bisogna andare a fondo fin dove è possibile e denunciare, facendo nomi e cognomi, chi ne esce sempre pulito!

Non possiamo neppure evitare di fare un collegamento con la denuncia politica sulla problematica dei fallimenti presentata dal sindacato Unia lo scorso mese di novembre. Il caso Water Line SA non può, infatti, non richiamare alcune delle osservazioni contenute nella denuncia citata.

In particolare, facciamo riferimento al fatto che la Water Line SA ha potuto agire indisturbata senza pagare gli oneri AVS, LPP, salari. E ancora non è stato possibile verificare cosa ne è stato del pagamento dell’Imposta alla fonte, dell’IVA, dei contributi dell’Assicurazione disoccupazione.

Oggi possiamo dire che la Water Line SA ha accumulato scoperti, negli ambiti citati più sopra, per quasi 2.5 milioni di franchi! Eppure non è scattato nessun “campanello d’allarme”, tutti i servizi statali e para-pubblici sono stati alla finestra a guardare… Tanto, cosa vogliamo che siano qualche milione in più o in meno di perdite da accollare alla collettività pubblica…

Infine, questa vicenda – alla quale possiamo aggiungere anche quella della SIX di Bedano – ci fa riflettere sugli sgravi fiscali voluti da Vitta e soci a favore delle grandi imprese e dei grandi patrimoni. Davanti a un’imprenditoria – e la scusante che “si tratta di casi isolati” fa ormai acqua da tutte le parti… - sempre meno vincolata da obblighi legali e “morali”, assolutamente indifferente agli sconquassi sociali, economici e finanziari che provoca, il regalo di 52 milioni (probabilmente anche di più) è semplicemente indifendibile”.


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