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Cronaca
13.09.2018 - 22:350

Morte di un poeta. Guido Ceronetti, quell'incontro a Lugano, l'intervista negata e quella dedica: "L'immagine mancante"...

Era il 28 settembre del 1995. Gli avevo proposto un’intervista per TeleTicino, che allora era ancora allo stato nascente

Se ho letto l’Antico Testamento, il Libro dei Salmi, il Libro di Giobbe, il Cantico dei Cantici, il Qohélet – meglio noto come l’Ecclesiaste, del quale si chiedeva “ma perché l’hanno nascosto nella sterminata necropoli biblica?” – è solo grazie a lui.

Grazie alle sue traduzioni ‘poetiche’, e forse irriverenti per l’ortodossia, pubblicate da Adelphi. Grazie a Guido Ceronetti, morto oggi a Cetona, in provincia di Siena, all’età di 92 anni.

Ed è sempre grazie a lui se ho letto la Bhagavadgita, il testo che sta all’India come il Vangelo all’Occidente. E lui, che l’ha magistralmente tradotta, scriveva: “Per molti anni, non sono uscito di casa senza aver prima verificato se c’era, nelle mie tasche interne, come una chiave o una medicina d’urgenza, una mia minima edizione dell’adorabile Gita”.

Guido Ceronetti è stato poeta, filosofo, scrittore, traduttore, giornalista… Ma sono tutte categorie che gli stanno strette, e che non lo raccontano per quello che è stato: un intellettuale, un uomo dalla cultura e dalla sapienza straordinaria, che ha esplorato ogni angolo del pensiero umano. Una via di mezzo tra un Borges per la sapienza e un Antonin Artaud ante follia per la creatività.

Lo incontrai a Lugano molti anni fa, alla Biblioteca cantonale, alla quale aveva appena donato il suo fondo, che amava definire un “fondo senza fondo”: opere edite e inedite, manoscritti, quaderni di poesie e traduzioni, lettere, appunti, soggetti cinematografici e radiofonici…

Mi ero portato un suo libro (che conservo gelosamente in biblioteca) e gli chiesi di farmi una dedica. Si intitola “Come un talismano” ed è una raccolta di poesie (e frammenti riportati in forma di poesia) da lui tradotte, che spazia da Blake a Kavafis, da Artaud a Saffo, da Rilke a Virgilio, da Spinoza a Melville, da Nostradamus ad Eraclito… E non manca ovviamente qualche brano biblico, ma anche coranico. Già solo sfogliare quella raccolta ti apre un mondo sulla conoscenza e ti dà molteplici spunti di lettura.

“Come un talismano” è una frase tratta da una poesia di Eugenio Montale, “Ripenso il tuo sorriso”, che recita: “E recano il loro soffrire con sé come un talismano”.

Nella dedica mi scrisse: “A Marco Bazzi questa povera firma per compensarlo dell’immagine mancante. E un saluto”.

Era il 28 settembre del 1995. Gli avevo proposto un’intervista per TeleTicino, che allora era ancora allo stato nascente. Declinò gentilmente l’invito, perché era un uomo schivo, oltre che eccentrico, una sorta di asceta moderno. Aborriva la massa e la massificazione, e odiava le “immense folle senza frontiera di giovanissimi cretini”. E diceva: "La telecamera ruba l'anima..."

Proprio a questo gentile ‘rifiuto’ si riferiva la frase “l’immagine mancante”. Che poteva essere il titolo di una sua poesia. E di poesia parlammo, ma l’intervista non ci fu…

Se abbiamo potuto leggere in lingua italiana Emil Cioran, il filosofo romeno-francese che lui definì “lo squartatore misericordioso” (curò la nota introduttiva a “Squartamento”, una delle opere più importanti di Cioran), è sempre grazie a lui, che l’ha promosso e diffuso.

È scomparso in silenzio e in solitudine, come in silenzio e in solitudine ha vissuto. Come un vero poeta. Coltivando un ‘mestiere’ e uno spazio umano ormai in disuso. Perché, come scriveva, “sull’arca della poesia gli ultimi sono già saliti da un pezzo: più nessuno sarà imbarcato”.

 

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