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01.02.2016 - 09:050
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Legge sui negozi, la Federcommercio spiega perché votare "SÌ": "Regolamentare, non deregolamentare. Basta deroghe e caos. Quei 30 minuti in più vanno a vantaggio di tutti"

"Già oggi il 42% dei lavoratori del settore è occupato in negozi che possono aprire fino alle 19 durante tutto l’anno”

LUGANO – La Federcommercio ha diramato oggi la propria posizione ufficiale sulla nuova legge sulle aperture dei negozi in votazione il 28 febbraio, che prevede l’apertura fino alle 19, con un prolungamento di 30 minuti.

La Federcommercio rileva però che già oggi “il 42% dei lavoratori del settore è occupato in negozi che possono aprire fino alle 19, dal lunedì al sabato, e durante tutto l’anno”.
E lancia una stoccata ai sindacalisti che hanno lanciato il referendum: “Certe aree sindacali, che hanno fatto del settore del commercio un vero e proprio terreno di conquista, preferiscono una situazione di incertezza giuridica a una situazione di certezza del diritto. Perché l’incertezza giuridica è un fertile campo di battaglia per ottenere visibilità e promuovere nuove “campagne acquisti” di associati”.

L’associazione mantello dei commercianti spiega l’importanza di questa legge a diversi livelli. Ecco i concetti chiave e, si seguito, la presa di posizione integrale:

“La nuova Legge sulle aperture dei negozi, approvata dal Gran Consiglio il 23 marzo 2015, ha un solo obiettivo: regolamentare in modo chiaro e semplice gli orari”.

“Non estende le aperture domenicali generalizzate. Anzi, le limita a tre all’anno, contro le quattro autorizzate dalla Legge federale sul lavoro”.

“Non introduce assolutamente una liberalizzazione degli orari di apertura dei negozi. Anzi, li fissa entro limiti univoci e precisi”.

“La semplificazione del sistema, e la codificazione di regole condivise e valide per l’intero settore del commercio al dettaglio, andranno a beneficio di tutti: consumatori, lavoratori e commercianti”.

“La nuova legge consentirà di spazzare via il caotico castello di deroghe e di eccezioni che negli ultimi due decenni ha caratterizzato in Ticino le aperture dei negozi”.

“È una semplice legge cantonale “di polizia” (esattamente com’era all’origine), e non ha nulla a che vedere con le disposizioni della Legge federale sul lavoro. Ai dipendenti del commercio non verrà chiesto di lavorare un solo minuto in più di quanto lavorino attualmente”.

Il comunicato integrale della Federcommercio:

Regolamentazione, non deregolamentazione!

La nuova Legge sulle aperture dei negozi, approvata dal Gran Consiglio il 23 marzo 2015, ha un solo e unico obiettivo: regolamentare in modo chiaro e semplice gli orari. Non porta con sé alcun peggioramento delle condizioni di lavoro per i dipendenti del settore. E nemmeno rappresenta un passo verso la deregolamentazione del settore stesso. È un insulto alla logica e all’intelligenza sostenere che una legge che stabilisce regole chiare per un settore economico possa avere l’obiettivo di deregolamentarlo!
Se la Federcommercio perseguisse una “liberalizzazione delle aperture” non sosterrebbe questa legge ma, al contrario, cercherebbe di abolirla, lasciando che anche il settore del commercio sia sottoposto alle disposizioni della Legge federale sul lavoro. Legge che consente di principio l’occupazione del personale non fino alle 19, ma fino alle 23! Ma non è questo che i commercianti vogliono.

Le tesi demagogiche degli oppositori

Gli spauracchi agitati dagli oppositori, che hanno lanciato il referendum sul quale l’elettorato ticinese dovrà esprimersi il prossimo 28 febbraio, si fondano su tesi inconsistenti, su palesi menzogne e su argomenti demagogici. La nuova Legge cantonale non estende assolutamente le aperture domenicali generalizzate. Anzi, le limita a tre all’anno, contro le quattro autorizzate dalla Legge federale sul lavoro!

La nuova Legge non introduce assolutamente una liberalizzazione degli orari di apertura dei negozi. Anzi, li fissa entro limiti univoci e precisi: i negozi potranno restare aperti dal lunedì al venerdì tra le 6 del mattino e le 19, e il sabato tra le 6 e le 18,30. Codifica inoltre l’apertura del giovedì sera fino alle 21, in vigore da anni e che oggi più nessuno contesta.
Attenzione, però: questa è una griglia di riferimento, all’interno della quale ogni negoziante potrà fare le sue scelte, aprendo quando più gli conviene. Non ci sarà alcun obbligo di aprire alle 6 di mattina o di chiudere alle 7 di sera! E nemmeno il giovedì alle 21. Come già, del resto, avviene oggi.
La nuova Legge abolisce gli orari estivi e invernali, e regola in modo uniforme le situazioni “a macchia di leopardo” che si sono create in questi anni di incertezza e di caos, generando anche paradossali e inaccettabili disparità tra i negozi. La risposta a chi teme o denuncia un peggioramento delle condizioni di lavoro dei dipendenti del commercio legato all’estensione dell’orario di chiusura serale di soli 30 minuti, sta nei fatti: già oggi il 42% dei lavoratori del settore è occupato in negozi che possono aprire fino alle 19, dal lunedì al sabato, e durante tutto l’anno; mentre l’81% lavora in negozi che beneficiano del medesimo orario, escluso il sabato, durante i mesi estivi. Questi sono i fatti. Tutto il resto è demagogia.

Una “legge di polizia”, non una legge sul lavoro!
 
Va anche precisato che ai dipendenti del commercio non verrà chiesto di lavorare un solo minuto in più di quanto lavorino attualmente. I loro diritti sono e rimangono protetti e garantiti dalla Legge federale sul lavoro, oltre che dai contratti già in vigore, e dal futuro contratto collettivo di settore previsto in caso di entrata in vigore della nuova Legge.
È bene a questo proposito sottolineare che la Legge sulle aperture dei negozi è una semplice legge cantonale “di polizia” (esattamente com’era all’origine), e non ha nulla a che vedere con le disposizioni della Legge federale sul lavoro.

Il confronto con il resto della Svizzera

Confrontando la situazione ticinese con quella del resto della Svizzera, scopriamo che… Ben 7 cantoni non dispongono di alcuna regolamentazione sull’apertura dei negozi, che quindi è di per sé possibile nei limiti stabiliti dalla Legge federale sul lavoro per l’occupazione del personale, ovvero di principio dal lunedì al sabato fino alle 23.
In altri 4 cantoni la competenza di stabilire eventuali limiti agli orari di apertura è lasciata ai comuni. Tra questi cantoni figurano Vaud e Grigioni, nelle cui capitali l’apertura è consentita in misura più generosa di quanto non lo sia attualmente in Ticino.
Per quanto riguarda l’orario ordinario settimanale, altri 8 cantoni ammettono inoltre l’apertura generalizzata almeno fino alle 19, mentre solo 6 stabiliscono l’orario di chiusura alle 18.30. Il Ticino si situa quindi oggi tra i cantoni che hanno il regime più restrittivo.

I vantaggi della nuova Legge per clienti, dipendenti e commercianti

La semplificazione del sistema, e la codificazione di regole condivise e valide per l’intero settore del commercio al dettaglio, andranno a beneficio di tutti: consumatori, lavoratori e commercianti. La mezz’ora di apertura in più dei negozi prevista dalla nuova Legge potrebbe sembrare inutile. Invece è assolutamente importante, come sanno tutti coloro che ogni giorno devono fare la loro corsa contro il tempo.
Dagli anni Settanta ad oggi gli orari e i rimi di lavoro sono cambiati. Come sono cambiate le abitudini sociali. Questa mezz’ora in più consentirà dunque a molti ticinesi di poter fare la spesa con una certa tranquillità, pianificando il proprio tempo con meno stress, ed evitando di portare in tavola per cena una pizza surgelata acquistata all’ultimo momento in qualche shop.
Studi indipendenti hanno confermato che l’esigenza di disporre di un piccolo margine in più nelle aperture dei negozi è particolarmente sentita tra i giovani fino ai 35 anni professionalmente attivi.
Ma quei 30 minuti in più non andranno soltanto a beneficio dei consumatori: garantendo una piccola boccata di ossigeno ai commercianti, consentiranno di salvaguardare i posti di lavoro di tutti i dipendenti del settore.
La nuova legge consentirà inoltre, finalmente, di spazzare via il caotico castello di deroghe e di eccezioni che negli ultimi due decenni ha caratterizzato in Ticino le aperture dei negozi.
Quelle deroghe e quelle eccezioni sono state concesse dall’autorità politica per tentare di adeguare le disposizioni della vecchia Legge (risalente al 1968!) a una società in costante mutamento dal profilo delle abitudini e delle esigenze; e per garantire un briciolo di competitività in più al settore del commercio ticinese, confrontato con una sempre più agguerrita concorrenza dei negozi di oltre confine, dove ognuno apre come e quando vuole, anche 24 ore su 24.
Il sistema delle deroghe e delle eccezioni ha però generato incertezza ad ogni livello (anche giuridico), come accade in ogni situazione in cui non esistono regole chiaramente codificate. Ha creato inoltre situazioni paradossali e disparità di trattamento tra negozi che sorgono a poca distanza l’uno dall’altro ma su diversi territori comunali. Pensiamo solo al fatto che i centri commerciali di Noranco, sul territorio di Lugano (considerata “città di confine”) possono già oggi chiudere alle 19, mentre quelli di Grancia, che non è località di confine, devono chiudere mezz’ora prima.

La certezza del diritto contro l’incertezza, terreno di battaglie sindacali

La “gestione” delle deroghe e delle eccezioni, e l’evasione dei ricorsi che ogni anno impegnano i Tribunali chiamati a statuire sulla legittimità di questa o quella deroga, generano inoltre enormi e inutili spese amministrative. La nuova Legge si propone dunque di creare condizioni quadro chiare e uniformi, dopo anni di sterili discussioni, di tentennamenti, di rinvii, di ostruzionismi e di ricatti.
Va da sé che certe aree sindacali, che hanno fatto del settore del commercio un vero e proprio terreno di conquista, preferiscono una situazione di incertezza giuridica a una situazione di certezza del diritto. Perché l’incertezza giuridica è un fertile campo di battaglia per ottenere costantemente visibilità e promuovere nuove “campagne acquisti” di associati.

Un percorso legislativo lungo e tortuoso

La nuova Legge sulle aperture dei negozi è frutto di un percorso lungo e tortuoso, durante il quale il Governo si è impegnato per cercare di favorire la concertazione e il coinvolgimento delle parti sociali.
Dal 2003, dunque per 12 anni, si è lavorato a livello politico per elaborare un progetto di legge il più possibile condiviso. Bozze e proposte sono state discusse e affinate a più riprese: nel 2007, nel 2008 e, infine, nel 2010 con la proposta formulata dal Consiglio di Stato.
Una sorta di “miniforma” che rappresenta un compromesso equilibrato tra le rivendicazioni e le esigenze delle parti in causa. La nuova Legge si prefigge dunque di migliorare le condizioni quadro in cui i commercianti operano, favorendo la competitività del settore e tutelando gli interessi di consumatori, lavoratori e dei commercianti stessi.

Se la nuova Legge verrà bocciata in votazione…

È difficile dire cosa succederà se la nuova Legge verrà bocciata in votazione popolare. Ma è probabile che, se la bocciatura da parte dell’elettorato sarà massiccia, cadrà l’intero sistema che ha caratterizzato fino ad oggi le aperture dei negozi.
Potremmo essere confrontati con un ritorno al passato. Niente più deroghe, niente più eccezioni. Insomma, il sistema che conosciamo oggi, verrà spazzato via. Aperture natalizie comprese”.

 

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