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02.03.2018 - 15:020
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Lara Filippini: “I funzionari condannati penalmente vanno licenziati in via definitiva”. Lanciata un’iniziativa generica per includere i reati incompatibili con la professione tra i motivi di disdetta del rapporto di lavoro

L’esponente di UDC-LaDestra e alcuni esponenti della Lega chiedono al Consiglio di Stato di proporre al Gran Consiglio la modifica della legge sull’ordinamento degli impiegati dello Stato e docenti

BELLINZONA - Licenziare i funzionari condannati penalmente. Questa l’iniziativa parlamentare generica firmata da Laura Filippini, sottoscritta anche da Tiziano Galeazzi, Cleto Ferrari, Gabriele Pinoja, Paolo Pamini, Boris Bignasca e Maruska Ortelli.

Gli esponenti di UDC – LaDestra e della Lega chiedono al Consiglio di Stato di proporre al Gran Consiglio la modifica sulla legge sull’ordinamento degli impiegati dello Stato e dei docenti.

A seguito dell’interrogazione sottoscritta da diversi deputati nel settembre scorso, nella quale si chiesero chiarimenti inerenti al trasferimento di una dipendente condannata penalmente per aver trasmesso informazioni riservate a terzi dal Dipartimento delle Istituzioni (DI) al Dipartimento della Sanità e della Socialità (DSS), la prima firmataria torna all’attacco.

Lo fa proponendo alcune modifiche alla legge che dovrebbero far sì che un dipendente cantonale condannato penalmente possa venire licenziato in maniera definitiva. Segnatamente chiede le seguenti modifiche:

a) fra i motivi di disdetta del rapporto di lavoro sia incluso che il funzionario colpevole di aver commesso reati incompatibili con la propria funzione sia licenziato”.

b) l'efficacia di tale motivo di disdetta è fissato al giorno in cui la sentenza penale definitiva accerta il reato compiuto

“Il Consiglio di Stato sottolinea come il licenziamento sia l’ultima ratio e che si prediligano altre misure amministrative quali il trasferimento e/o un’attribuzione a una classe inferiore, sempre tenuto conto che qualsiasi azione deve essere proporzionata e conseguente ai fatti. Il CS, valutato il caso della funzionaria, ha preferito, collocarla in un altro dipartimento visto il liberarsi di una posizione confacente all’interessata presso il DSS senza però indicare, se la nuova funzione esercitata fosse di pari o minor classe salariale”, si legge nell’iniziativa.

Secondo Lara Filippini, “il Consiglio di stato minimizza sulla condanna penale per la diffusione di dati sensibili a terzi, lasciando intendere che il comportamento dell’amministrazione da parte dell’interessata fosse sempre stato ottimale e che il trasferimento, quindi, fosse cosa buona e giusta”.

Poi chiarisce i motivi che l’hanno spinta a lanciare un’iniziativa generica. “ Se lo scopo rimane perseguire obiettivi volti a garantire una migliore efficacia ed efficienza dell’amministrazione cantonale, l’iniziativista e i cofirmatari, ritengono altrettanto importante, sia verso i funzionari che svolgono coscienziosamente i propri compiti, ma sia altresì verso la popolazione, che qualora un funzionario sia condannato penalmente in via definitiva, esso vada licenziato”.

L’esponente di UDC-LaDestra specifica inoltre che “nel settore privato, a differenza del pubblico, si può tranquillamente affermare che il datore di lavoro, in caso di trafugazione di dati sensibili verso terzi, riterrebbe il rapporto di fiducia venire meno, tanto da interrompere il vincolo lavorativo”.

Nel caso specifico però “non è più il datore di lavoro che valuta se e come sanzionare il dipendente, ma è stata la giustizia a stabilire la gravità dell’atto – aprendo un’inchiesta a carico della funzionaria, con susseguente condanna - atto che assume, di pari passo, un peso ben più importante anche verso la cittadinanza”.

Nell’iniziativa lanciata si legge inoltre che “con la normativa attualmente in essere, il funzionario che è inquisito gode della presunzione d’innocenza fino alla sentenza definitiva. Qualora però, la sentenza confermi il reato, dovrebbe essere possibile far risalire gli effetti della disdetta al momento del reato”. “Questo perché secondo un principio generale "il crimine non paga", ossia chi commette reati non deve trarre vantaggi dalsuo agire delittuoso, come il prolungamento delle procedure che permetterebbero il mantenimento dei diritti acquisiti”, conclude infine la prima firmataria Lara Filippini.
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