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20.08.2018 - 07:110

Peo Barchi? Era così. Caratti: "Quelle volte che chiamava in redazione...". Pontiggia: "Un liberalone e un uomo di potere"

La scomparsa dell'ex presidente del PLR negli editoriali dei direttori della Regione e del Corriere del Ticino

MANNO -Alla scomparsa di Pier Felice Barchi sono dedicate le aperture e gli editoriali dei quotidiani ticinesi in edicola stamani. L’ex presidente del PLR ha infatti segnato diversi decenni della storia politica cantonale e sono molti i ricordi e gli omaggi di chi lo ha conosciuto.


Qui vi proponiamo un sunto dei commenti di Matteo Caratti e Fabio Pontiggia. Cominciamo dal direttore della Regione, il giornale che per anni ha ospitato gli articoli di Barchi.


“Quando chiamava in redazione - scrive Caratti - già sapevi cosa ti avrebbe detto: ‘Ciao, tutto bene? Senti, ti mando un pezzo, vedi se puoi pubblicarmelo subito: è molto importante’. E l’accento cadeva su quel subito. I pezzi di ‘Peo’ Barchi, a sentire lui, erano tutti importanti. Importanti perché erano di peso (intellettuale), ma non per questo dovevano sempre uscire immediatamente. Così, quando tardavi anche solo un giorno, arrivava puntuale il sollecito. Intanto però quelle telefonate si trasformavano anche in una ghiotta occasione per lui, ormai fuori dal giro della politica attiva da diversi anni, di sentire l’aria che tirava dalle nostre parti (cercando di cogliere qualche primizia che circolava in redazione, o di confrontarsi su un determinato tema), e, per me, di venire a sapere questo o quel retroscena politico”.


“La sua forza - seri ve ancora il direttore della Regione - è sempre stata la sua brillante intelligenza, abbinata a una vasta cultura umanistica, una naturale capacità comunicativa e un’eccellente formazione ‘tecnica’. (…) A tutte queste spiccate qualità, se ne sommava anche un’altra: la curiosità. Tanta e sana: quella che ti fa sempre volgere lo sguardo all’attualità, a ciò che sta accadendo attorno, vicino e lontano. Per capire, imparare e, in fondo, non invecchiare ma correre sempre con il tempo nuovo. Con questo bagaglio, non c’è da stupirsi se la politica divenne – e restò fino alla fine – la sua grande passione. L’aveva nel sangue, di più nel Dna”.


“Come visione politica del mondo - scrive invece Fabio Pontiggia sul CdT - Pier Felice Barchi era un liberalone. Fautore della libertà economica, della concorrenza, della proprietà, di uno Stato presente ma non invadente, del primato dell’individuo, con i suoi diritti ma anche con le sue responsabilità, aveva la capacità di travasare questa sua visione in articoli scritti in uno stile sorprendentemente moderno, chiaro, diretto, concreto. Sapeva tatticheggiare, quando le circostanze lo richiedevano, e fare affondi decisivi, quando l’obiettivo era per lui irrinunciabile. Il suo liberalismo forte era temperato da una spiccata apertura alle istanze sociali, consapevole, Barchi, che il proclamato interclassismo del PLRT dovesse trovare riscontri effettivi nell’azione politica, pena la spaccatura e la perdita del primato”.


“Liberalone, dunque - chiosa il direttore del Corriere - non deve apparire termine irriguardoso. Al contrario, la forma accrescitiva è la più deferente nei confronti della personalità di Pier Felice Barchi. Che è stato, nel senso pieno della parola, uomo di potere. Con tutto ciò che questo implica, di positivo e di meno positivo. Ogni moralismo sarebbe tuttavia fuori luogo. Nemmeno nella piccola realtà cantonticinese l’esercizio del potere è materia per educande. Fondamentale è che sia accompagnato da cultura e intelligenza, argini insommergibili nell’alveo delle regole stabilite dalle leggi. Sotto questo profilo l’avvocato Barchi era in una botte di ferro”. 

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