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Analisi
07.08.2017 - 12:140

Il diritto ad essere genitore non esiste. È solo un’invenzione frutto di un consumismo e di un’evoluzione scientifica e tecnologica sempre più raggelante e disumana

L'ANALISI - La storia di Ornella e Gabriela e del loro figlio Aaron "arrivato via FedEx e non con una cicogna”. Nessun giudizio sulla vicenda personale. Ma tra provette di sperma ordinate online e uteri in affitto, l'uomo moderno sta sovvertendo uno dei punti di equilibrio essenziali per la tutela e il rispetto della natura: non tutto ciò che si può fare, si deve fare

di Andrea Leoni

Il diritto ad essere genitore non esiste. È solo un’invenzione frutto di un consumismo e di un’evoluzione scientifica e tecnologica - ma sarebbe corretto chiamarla involuzione - sempre più raggelante e disumana.

 

Attraverso questo meccanismo perverso, che si alimenta di denaro e conoscenza e disconosce ogni limite, si innesta nel terroir sociale, e dunque nella testa delle persone, il principio che un legittimo desiderio, debba per l’appunto trasformarsi in un diritto. Cioè in qualche cosa che è dovuto per legge e che qualifica l’essere cittadino di una comunità.

 

“Nessuno può toglierci il diritto di essere mamme”, è il titolo di un bel pezzo di Swissinfo che racconta la storia di Ornella, Gabriela e del piccolo Aaron. Le due donne hanno sfidato la legge svizzera per realizzare l’aspirazione di avere un figlio e sono pronte a rifarlo “come atto di disobbedienza civile”. 


 

Sgombriamo subito il campo da un equivoco: il fatto che questa vicenda riguardi una coppia di lesbiche è del tutto irrilevante, almeno per chi scrive. Il diritto ad essere genitori non dovrebbe esistere per nessuno: coppie etero, omosessuali o madri single, non fa alcuna differenza. Chi può, può, chi non può dovrebbe farsene dolorosamente una ragione, come purtroppo tante volte la vita e la natura ci obbligano a fare. Oppure ricorrere all’adozione e su questo aspetto c’è molto da progredire in favore delle coppie omossessuali e dei single.

 

Torniamo però alla storia di Ornella, Gabriela e Aaron. Siccome in Svizzera le coppie omosessuali non hanno diritto alla procreazione medicalmente assistita, le due donne decidono di rivolgersi a una banca dello sperma in Danimarca. L’azienda si chiama Cyros. “Il loro donatore è anonimo - si legge nel pezzo di Swissinfo -ma sul sito c'è tutto o quasi della sua vita. Le foto di quando era bambino, il profilo psicologico, una registrazione della sua voce, gli interessi, la formazione, l'altezza, il peso e perfino la misura delle scarpe”.

 

Viene insomma offerta un’approfondita possibilità di selezione tra i potenziali padri. Già questo ventaglio di opzioni non può che far sorgere un senso di inquietudine. Ma non in Ornella: “Qualsiasi persona che s'innamora ha i propri criteri di scelta. Perché per noi dovrebbe essere diverso? E poi in futuro queste informazioni potrebbero essere utili ad Aaron, per costruirsi un'immagine del suo "papà" biologico”. Che, comunque, se ben comprendiamo, resterà anonimo….

 

Ornella e Gabriela acquistano quindi dal sito di Cyrus sei provette dallo sperma del donatore prescelto. “Poiché la Svizzera vieta l'importazione di sperma - spiegano - abbiamo fatto recapitare il pacco in Francia, da amici. All'interno c'era tutto il necessario per un utilizzo casalingo. Siamo state fortunate: al primo tentativo sono rimasta incinta (Gabriela, ndr.)”.

 

“Aaron è così arrivato via FedEx e non con una cicogna”, spiega una delle donne con una battuta rivelatrice del consumismo che serpeggia in queste storie.

 


 Nella storia di Ornella e Gabriela trovano ampio spazio anche tutte le difficoltà legali e burocratiche derivate da questa scelta e dal nostro sistema. Cortocircuiti giuridici che addirittura non permettono al piccolo Aaron di avere neppure il documento di identità (cliccando qui potete leggere l’articolo completo su Swissinfo).

 

Lasciamo la vicenda personale che, in quanto tale, non può essere giudicata da nessuno. Auguri a Ornella e Gabriela e al piccolo Aaron.

Ciò che conta è lo spunto fornito da questa storia per un ragionamento generale: ovvero sia di un essere umano moderno che sempre più vuol giocare a fare Dio. Faccio ciò che voglio, compro ciò che voglio, che sia un auto o un figlio poco importa.

 

Con qualche click, e un po’ soldi (talvolta un bel po’ di soldi, robe per ricchi), ecco la provetta di sperma “fai da te” o l’utero in affitto. E come accade con i mobili è possibile scegliere anche il profilo e il colore. Ci fu una famosa showgirl, di cui ora mi sfugge il nome, che andò a raccontare candidamente in televisione che aveva sfogliato un catalogo di un’azienda Russia per “costruirsi” il suo figlio su misura. Speriamo abbia desistito.

 

Tutto questo non può che spaventare chiunque abbia a cuore il principio secondo il quale l’essere umano non può padroneggiare, e spadroneggiare, con la vita e la sua essenza. Anche perché siamo solo all’inizio di quest’ultimo stadio della mercificazione umana e, di fatto, della sua trasformazione in una nuova fase della specie. Molto presto le due dita del Giudizio universale di Michelangelo si toccheranno. E allora cadrà definitivamente anche l’ultimo paletto che, in nome di un’etica universale, dalle civiltà antiche fino a questo inizio di millennio barbaro, ha permesso di salvaguardare uno dei punti di equilibrio essenziali per la tutela e il rispetto della natura: non tutto ciò che si può fare, si deve fare.

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