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26.01.2018 - 14:490
Aggiornamento: 07.01.2019 - 14:06

Teleticino firmata Matteo Pelli: un primo bilancio dopo i dati semestrali (positivi). La sperimentazione continua ma arriverà il tempo delle scelte. Bene la simpatia ma la tv di Melide deve anche pungere e graffiare

Gli ascolti sono un parametro importante, ma non sono l’unico, specie se i numeri sono piccoli e le risorse limitate. Una tv come quella di Melide la si misura anche dalla capacità di saper incidere nella realtà e nel dibattito pubblico cantonale. E da questo punto di vista si può fare di più e meglio

di Andrea Leoni


I dati di ascolto di Teleticino nel secondo semestre del 2017, offrono lo spunto per qualche prima considerazione generale sulla gestione di Matteo Pelli alla guida dell’emittente di Melide.

 

Va precisato in premessa che le rilevazioni coprono soltanto quattro mesi del primo palinsesto firmato Pelli. E i primi due mesi del semestre sono stati luglio e agosto: periodi in cui la gente guarda poco o nulla la tv e nei quali la programmazione non conosce dirette, salvo il Tg, ed è zeppa di contenuti vecchi. Al contrario, durante il periodo natalizio, con un schema studiato per le festività e arricchito con qualche speciale - su tutti la serie di interviste ai Consiglieri di Stato di Luca Sciarini - i dati sono stati buoni. Tutto questo per dire che, comunque li si guardi, i numeri vanno presi con le pinze e i giudizi, in questa fase, non possono che essere parziali e sospesi.

 

Il segno, in ogni caso, è positivo. Sulle 24 ore - un parametro insensato per una piccola televisione come Teleticino che concentra i suoi sforzi produttivi in poche ore della giornata - la progressione è stata sensibile: dall’1,1 all’1,4%. Mentre nel “prime time”, la fascia principale, la crescita è stata più sostenuta: quasi del 50% in più rispetto allo stesso periodo del 2016. Ma si tratta di piccoli numeri e quindi soggetti a grandi oscillazioni, in positivo o in negativo. Tra raddoppio e dimezzamento, insomma, il passo è molto più breve rispetto a cifre maggiorii. La tendenza ha comunque il segno “+”, che è meglio che avere il segno “-“. Questo è un fatto ed è un elemento di incoraggiamento e di soddisfazione per chi lavora a questo progetto.

 

Ma cosa ci dicono i dati? Innanzitutto che il miracolo radiofonico costruito da Pelli a Radio 3i - le rilevazioni pubblicate questa settimana segnano un nuovo record storico con il 12,4% di quota di mercato, un risultato sbalorditivo - non può essere replicato in televisione. Era ovvio fin dall’inizio e i dati d’ascolto lo hanno confermato. Per dare un’idea a chi non è del mestiere, i costi che bisogna sostenere per far viaggiare una radio rispetto a una tv, sono gli stessi che passano in benzina tra un’utilitaria e una Lamborghini. Si tratta di un paragone impossibile.

 

Pelli ha dunque dovuto fare i conti con un problema atavico di risorse. Sia di personale che tecnico. Tutte le direzioni di Teleticino che si sono succedute nel tempo, hanno dovuto rapportarsi con questa condizione. Una condizione che si coniuga anche con la partenza dei talenti migliori, spesso sostituiti con giovani alle prime armi o non sostituiti del tutto. La bacchetta magica non ce l’ha nessuno e questa evidenza permette di valutare con maggiore razionalità tutti gli alti e bassi di un percorso ventennale.

 

Negli ultimi anni poi, la tv generalista è andata in crisi a livello concettuale. L’esplosione dei canali televisivi, la moltitudine di opzioni offerte dall’online, la possibilità per ogni utente di confezionarsi un palinsesto su misura, hanno rivoluzionato le abitudini del telespettatore. E in futuro questo comportamento nel fruire contenuti audiovisivi si accentuerà: indietro non si torna.

 

In questo periodo di frenetico dibattito sulla No Billag, si è sentito talvolta parlare di televisione a sproposito. Tecnicamente a sproposito. Quando ascoltate qualcuno dire che si può fare tv con i telefonini, non credetegli perché non è vero. Con gli iPhone si possono tappare i buchi, celare le ristrettezze, nella migliore delle ipotesi fare un po’ di sperimentazione, ma la televisione è un’altra cosa. E non è solo una questione di qualità rispetto al risultato finale, ma proprio di costruzione del prodotto.

 

D’altra parte per fare una casa occorre l’architetto, l’ingegnere, il muratore, l’elettricista, l’imbianchino….Allo stesso modo per fare tv servono i giornalisti, i registi, i cameraman, i fonici, eccetera. Si può tirare la cinghia finché si vuole, ma prima o poi i nodi (e i limiti) arrivano al pettine e, senza risorse adeguate, magari riesci spalmare un palinsesto ma non è più televisione. È un’altra cosa. Questo, ben inteso, è un discorso che vale anche all’incontrario: non c’è alcuna necessità di sperperare caterve di milioni, o di impiegare centinaia e centinaia di persone, per fare una buona tv regionale. La verità sta nel mezzo.

 

Matteo Pelli, un po’ per necessità e un po’ per astuzia, in settembre aveva presentato il suo piano giocando su questa debolezza: faremo una tv low cost, disse. E così ha fatto.

 

Il suo intervento si è concentrato prevalentemente nella fascia pre serale, dalle 18.00 alle 20.30: le prime serate sono rimaste sostanzialmente le stesse degli anni scorsi. Alcuni format hanno funzionato, altri no. I risultati sono stati altalenanti. L’impressione è che ci sia stato un eccesso di “programmite”, dettata dall’ansia di riempire lo spazio con qualcosa di nuovo, talvolta a qualunque costo. Conosco la patologia: è una brutta bestia. Continuiamo a pensare che sia buona regola concentrarsi su poche cose, e farle bene, a costo delle repliche, anziché ingolfare i minuti di trasmissioni post prodotte, che riempiono il tempo ma senza lasciare il segno.

 

I derby di hockey sono stati un’operazione brillante. Un vero coup de théâtre. Si tratta però di eventi che danno molto a livello di immagine, ma che per loro stessa natura sono ciliegina e non torta. Tg Talk è una produzione molto interessante, che va in onda in un orario quasi impossibile, e che ancora non ha trovato la sua essenza e la sua dimensione (anche per quanto riguarda la naturale connessione con il Tg). È la classica trasmissione che avrebbe bisogno di investimenti per spiccare il volo. O almeno per provarci.

 

Il ritorno in video di Pelli con “Bloc Notis” è stato un rischio molto ben calcolato. Il programma ha incassato dal punto di vista degli ascolti, quindi obbiettivo raggiunto, ma senza prendersi eccessive responsabilità. La trasmissione ha brillato con gli ospiti di grido, ed è calato con quelli meno “in”. Il format del resto era “ostaggio” del peso del protagonista di puntata. La sensazione è che Bloc Notis abbia comunque consumato la sua missione. In futuro servirà più coraggio: è nostra opinione che Pelli debba firmare il suo palinsesto con una prima serata, in studio. Così come dovrà mettere mano sulle prime serate in generale, che sono la vetrina principale della bottega.

 

Da qui a giugno non sono previsti grandi cambiamenti. Si proseguirà nella sperimentazione e poi si tirerà una riga per fare un bilancio. Questa va dunque intesa come una stagione di rodaggio, in vista della prossima, che sarà il vero banco di prova per la nuova direzione.

 

Il tempo delle scelte comunque arriverà e giocoforza dovranno essere decisioni forti. Il palinsesto di Teleticino oggi è un ibrido e in quanto tale non si capisce bene quale sapore abbia. Il direttore ha portato un po’ di leggerezza, cioè un po’ della sua natura e della sua storia professionale, innestandola su delle fondamenta tradizionalmente legate all’informazione. Ma arriva un momento in cui bisogna capire cosa si vuole essere e dove si vuole andare. Darsi un’identità riconoscibile è fondamentale in un panorama televisivo sempre più affollato di specificità. E la simpatia, se non si è un canale votato all’intrattenimento come Radio 3i, non basta. Per funzionare ed essere un valore aggiunto, deve mescolarsi a un po’ di spine e di carta vetrata. Teleticino deve far sorridere ma anche pungere e graffiare.

 

Gli ascolti sono un parametro importante, ma non sono l’unico, specie se i numeri sono piccoli e le risorse limitate. Una tv come quella di Melide la si misura anche dalla capacità di saper incidere nella realtà e nel dibattito pubblico cantonale. E da questo punto di vista si può fare di più e meglio.

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