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24.12.2013 - 08:240
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

La vera storia di Babbo Natale e delle sue secolari vite precedenti

Le figure dei portatori di doni hanno caratterizzato anche nell'antichità la notte del solstizio d'inverno. Poi nacque il culto di San Nicolao, portato in America dagli olandesi, fino a che Washington celebrò la notte del 24 dicembre e poi...

di Ettore Item (*)

Tanto si è detto e scritto su Babbo Natale, figura natalizia che facendo leva sul nostro immaginario collettivo, ci spinge ad un consumismo inutile ed anche un po’ kitch.

Se Babbo Natale resta per i bambini il magico portatore di doni, è quanto meno ingiusto ritenerlo solo figlio di una brillante idea di marketing nata per pubblicizzare la Coca Cola anche come bevanda invernale. Infatti se storicamente l’antenato diretto di Babbo Natale è San Nicolao, molti portatori di doni li hanno preceduti nella notte più magica dell’anno, quella del solstizio d’inverno.

La magica notte del solstizo d'inverno

Già l’etimologia della parola solstizio la rende incantata, derivando dal latino solstitium, composto da sol, sole e sistere arrestarsi: il sole si arresta nel cielo. La notte del solstizio d’inverno il sole ferma la sua discesa e dal giorno successivo riprende a salire verso lo zenit.  È una notte simbolica celebrata e festeggiata da millenni in ogni civiltà: in questa notte un portatore di doni sempre uguale ma diverso “arriva” a portare dei regali ai bambini buoni. 
Oggi la data del solstizio d’inverno è convenzionalmente fissata al 21 dicembre, mentre nel passato  le date erano diverse: la notte tra il 5 e il 6 dicembre ed anche la notte tra il 24 e il 25 dicembre.

Le divinità portatrici di doni

Se poi negli ultimi secoli il portatore di doni è stato sempre di sesso maschile, in passato non è stato sempre così. Nell’ antico Egitto, Babbo Natale era infatti la dea Iside, per i Sumeri  era la bellissima dea Inanna, per Assiri e Babilonesi la dea Hishtar, per i fenici Astarte, per i greci Afrodite ma anche la Artemide e Dioniso, per gli etruschi la dea Istrina, per i sabini e latini la dea Strenua, passando per gli  Atzechi, che   avevano la dea Coatlicue, le antiche civiltà dell’ India avevano  Krishna, la Cina il dio Scing-Shin e così via.

In ogni civiltà vi era insomma un portatore di doni.

Tra l'Oriente e l'antica Roma

Nell’ antica Roma la data del solstizio d’inverno era il settimo giorno prima delle calende di gennaio, cioè la notte del 24 dicembre: in quella notte i bambini buoni si aspettavano di ricevere  i regali dalla dea Strenua  che si alternava, secondo le diverse tradizioni locali, anche a Giano, a Venere (Afrodite) e a Diana (Artemide).

In oriente invece la data principale del solstizio d’inverno era pressappoco il 6 dicembre e in quella notte il portatore di doni era la dea Artemide, e Dioniso a cui si alternavano  anche Afrodite  e Iside.
Quando, a partire dal 160 d.c., si diffuse nell’ impero romano il culto del dio Mitra (o Mithra) il giorno del solstizio d’inverno, chiamato “Dies Natalis Solis Invicti”, venne sempre più festeggiato in grande stile. Più tardi, nel 274 d.c., quando l’ imperatore Aureliano decretò che il culto di Mitra diventasse la religione ufficiale dell’ impero, il “Dies Natalis Solis Invicti” era ormai la festa più importante dell’ impero, e si prolungava addirittura per  dodici notti, fino al quinto giorno dopo le calende di gennaio (circa il 6 gennaio).

Tradizioni pagane e cristianesimo

Con l’avvento del cristianesimo, la nuova religione si appropriò della festa sovrapponendo il culto pagano con i festeggiamenti per la nascita di Gesù Cristo come decretato nel 330 d.c. dall’imperatore Costantino: il giorno di Natale venne poi ulteriormente santificato nel 337 d.c. da una bolla di papa Giulio I, che mise anche fine ad una lunga diatriba teologica. 
Il cristianesimo delle origini cercò quindi di liberare la festa del Natale da tutti gli orpelli pagani, tra questi, anche la consuetudine di recare i doni ai bambini, richiamandosi ad un forte significato unicamente religioso.

L'affermazione di San Nicolao come portatore di doni

E i regali ai bambini? Si ha notizia che, a partire dal 325 d.c., il portatore di doni, Strenua ma anche ancora Mitra,  “arrivava”  nuovamente nella data del  6 dicembre. Tale situazione, solo tollerata dalla Chiesa, durò poco, perché presto arrivò un nuovo portatore di doni: San Nicolao.
Oggi Demre è una ridente cittadina della Turchia del sud, frequentata dai turisti per il suo splendido mare e le rovine di una città ellenica chiamata Myra (o Mira). 
Mira era una città fondata nella Ionia da coloni greci intorno al VII secolo a.c.. Era famosissima per un santuario dedicato alla dea Artemide Eleuthera (un portatore di doni dell’antichità). I Romani ne fecero una base navale importante perché la zona era infestata dai pirati. 

Nicola era appunto vescovo di Mira. Si racconta che esortasse i sacerdoti della sua diocesi  a diffondere il cristianesimo recandosi di casa in casa e portando ai bambini noci e mandarini. Lui stesso era solito terminare i suoi sermoni distribuendo personalmente ai bambini dolciumi e frutta. Secondo la tradizione, Nicola, dopo molti miracoli, morì  proprio il 6 dicembre (del 343 d.c.) e le sue spoglie, deposte nella cattedrale di Mira, divennero subito oggetto di grandissima venerazione. Nonostante numerosissimi apologeti cristiani  si siano occupati di lui, è  incerta la data della sua santificazione, ma solo cento anni dopo la sua morte erano più di venti le chiese a lui dedicate nella sola Costantinopoli. 

Grazie alla sua fama di santo miracoloso (dalla sua tomba fuoriusciva un liquido profumato e miracoloso che veniva raccolto in ampolle) il culto di San Nicola o san Nicolao o San Niccolò, si diffuse  immediatamente in tutto l’impero, sia d’occidente che d’oriente. In particolare a Roma già nel 350 nel calendario liturgico al 6 dicembre era inserita la celebrazione di San Nicola.

La Chiesa non si lasciò sfuggire l’occasione di propagandare la sua fama di portatore di doni ai bambini, riuscendo in breve tempo a sovrapporlo a tutti i portatori di doni pagani: sicuramente a partire dal 380, San Nicolao divenne il solo portatore di doni sia nell’impero d’oriente che in quello di occidente.

Dopo la caduta dell’impero Romano d’occidente la fama di San Nicolao come portatore di doni si consolidò enormemente con i regni romano-barbarici che si susseguirono in Italia: lo storico Cassiodoro narra che Teodorico il grande soleva personalmente portare ai bambini della sua corte i doni in nome di San Nicolao. 
Fu così che quando Mira cadde nelle mani dei mussulmani (correva l’anno 1086), un pugno di ardimentosi marinai baresi entrarono in Mira e, con un coraggio straordinario,  s’impadronirono dei resti di San Nicolao: da allora le sue spoglie mortali riposano nella cattedrale di Bari.

La celebrità di San Nicolao nel medio evo raggiunse livelli massimi non solo come portatore di doni, ma anche, e soprattutto come santo miracoloso. Era il protettore non solo dei bambini e delle fanciulle in età da marito, ma anche dei marinai, delle gestanti,  dei farmacisti, dei cerusici, degli avvocati,  e anche di categorie più o meno affidabili come prostitute, cambiavalute, prestatori di pegno e detenuti. Anche Dante nel Purgatorio (XX, 31-33), fa ricordare a Ugo Capeto, capostipite dei Re di Francia, la generosità di San Nicolao nel portare i doni.

Un inciso. Solo omonimia lega il nostro San Nicolao con il santo protettore della Svizzera, noto come san Nicola o Nicolao della Flüe (1417 –1487) che nacque, visse e morì nel piccolo paese di Flüeli am Ranft, nel Canton Obvaldo, dove fu contadino, magistrato, deputato alla Dieta federale, soldato e ufficiale dell'esercito confederato. Venerato come santo dalla Chiesa cattolica, canonizzato il 15 marzo 1947, da papa Pio XII la sua ricorrenza è il 21 marzo (o il 25 settembre).

Martin Lutero contro San Nicolao

Dopo quasi dieci secoli di successo incontrastato come portatore di doni, i problemi per San Nicolao cominciarono con la Riforma. Di principio uno dei cardini della Riforma era proprio il ripudio dei santi e San Nicolao sopravvisse a tale epurazione unicamente quale portatore di doni: nelle provincie riformate, come in quelle cattoliche,  il 6 dicembre continuava ad arrivare San Nicolao per i bambini, nonostante Martin Lutero, seguitasse  a tuonare nei suoi sermoni contro il santo, invitando i fedeli a far portare i doni ai loro bambini non più il 6 dicembre ma la sera (o la notte) del 24 dicembre, da Gesù Bambino, Christkind.  Alla fine fu lo stesso Lutero,  diventato a sua volta padre, a cambiare idea:  a partire dal 6 dicembre 1528  nella sua precisa contabilità domestica, vennero anche annotati regali che San Niklaus “portava” ai suoi numerosi bambini (tra naturali ed adottati ne aveva dieci). 

La tradizione del Santo sbarca in America grazie agli olandesi

Ma è nella piccola Olanda che poco dopo il 1600 si scrive una nuova pagina del portatore di doni. La popolazione olandese infatti, pur avendo aderito alla Riforma, restò devota a San Nicoalo o Sint Nicolaas: il 6 dicembre continuò a festeggiarsi  Sinterklaas (letteralmente il compleanno del Santo). Gli olandesi, che vivevano sul mare dal mare traevano le loro ricchezze non volevano voltare le spalle a San Nicolao al quale erano devotissimi visto che oltre ad essere il protettore dei marinai era anche patrono di Amsterdam.

Partirono proprio  dall’ Olanda, a bordo della Goede Vrowe (letteralmente La Buona Massaia), i coloni che nel gennaio del 1626 approdarono nel nuovo mondo, sull’isola di Manahatta ove vi fondarono New Amsterdam (Nieuw Amsterdam): nel centro del villaggio, come un totem indiano, piantarono la polena della nave, che raffigurava proprio San Nicolao.

Da Nieuw Amsterdam (diventata nel 1673 New York) la devozione per San Nicolao poco alla volta si sparse per tutte le colonie del nuovo mondo, mano a mano che arrivavano i coloni dall’ Europa.
San Nicolao diventô anche un simbolo patriottico quando, a partire dal 1760, i coloni cominciarono a pensare all’ indipendenza dall’ Inghilterra. Sorsero così, nel nome di San Nicolao, numerosi circoli nei quali i patrioti mascheravano le loro riunioni politiche come riunioni religiose.

San Nicolao nel nuovo mondo cominciò ad essere chiamato in vari modi, da Saint Nicholas, St. Nick e Sanit Niklaus a San Niklaus e Sinter Class (dall’ olandese Sinterklaas). Proprio da San Niklaus e Sinter Class nacquero poi i vezzeggiativi St. A Claus,  Sancte Claus e Santa Claus.

In particolare il 6 dicembre del 1774 venne pubblicata su un giornale newyorkese una poesia nella quale si invocava “Sancte Claus” affinché portasse i doni desiderati per i bambini buoni ma non lesinasse la frusta per coloro che non si comportavano bene, con chiari riferimenti ai patrioti americani e agli “oppressori” inglesi. La poesia pubblicata anonima era di  John Pintard, uno dei principali esponenti del movimento patriottico americano.

George Washington e la battaglia della notte di Natale del 1776

Comunque, mentre i patrioti pensavano all’indipendenza, i bambini continuavano a ricevere i doni da San Nicolao, comunque chiamato, la sera del 6 dicembre. 

George Washington, nel pieno della guerra di indipendenza americana, avrà poi il merito, laddove duecento anni prima era fallito Martin Lutero, di portare, o meglio riportare, la data di consegna dei doni dal 6 alla notte prima del 25 dicembre, la  notte di Natale.

Washington infatti, dopo aver attraversato con il suo esercito nella notte del 24 dicembre 1776 il fiume Delaware, la mattina del 25 dicembre, attaccò a Trenton (New Jersey) gli inglesi ottenendo una schiacciante vittoria che cambiò il corso della guerra, e portò all’ indipendenza ed alla nascita degli Stati Uniti d’America. Dopo la battaglia  Washington disse ai suoi ufficiali che erano stati guidati da San Nicolao che gli aveva portato in dono la vittoria e che presto avrebbe portato anche l’indipendenza: da allora il grido di battaglia dei patrioti fu “Per la libertà e per San Nicolao”, contrapposto a quello delle odiate giubbe rosse inglesi “Per il Re e San Giorgio”. 

Nel 1789 nel suo discorso di insediamento come primo presidente degli Stati Uniti d’America, Washington non dimenticò di ricordare quella vigilia di Natale a Trenton ringraziando ancora San Nicolao per il suo appoggio alla causa patriottica.

Da allora, nelle ormai libere terre americane, San Nicolao aveva cominciato a portare i suoi doni ai bambini buoni la sera della vigilia di Natale.

Con lo spostamento della data di consegna dei regali, San Nicolao cominciò a perdere progressivamente le sue caratteristiche religiose, per lentamente trasformarsi in un nuovo portatore di doni.

Tra il 1793 e il 1809 furono infatti numerosissimi i racconti, le poesie, i disegni di letterati  americani, come George e John Pintar, James Fenimore Cooper e Samuel Wood,  il cui soggetto era  San Niklaus/Sante Claus.
Il 6 dicembre del 1809 lo scrittore Washington Irving, uno dei padri della moderna letteratura americana, pubblicò, sotto pseudonimo, una Storia di New York piuttosto romanzata “The Knickerbocher’s History of New York”.  In questo libro Irving immagina che la polena raffigurante San Nicolao che i primi coloni olandesi avevano piantato al centro di “Nieuw Amsterdam”, la notte di Natale prendeva vita e Sinter Klass o Sante Claus  volava da tetto in tetto su un magico carro volante trainato da un cavallo, calandosi nei camini delle case per portare i regali ai bimbi buoni.

Da San Nicolao a Santa Claus

Nel 1821 venne pubblicato a New York,  dall’ editore  William B. Gilley, il primo libro illustrato per bambini “The Children's Friend” ove figurano per la prima volta delle litografie di Sante Klass o Sante Claus  che porta doni ai bambini su una slitta volante trainata, non più da un cavallo, ma da una renna.
La sera della vigilia di Natale del 1822, Clement Clarke Moore, scrittore e linguista di New York, scrisse per i suoi bambini un racconto in versi che chiamò “A visit from Saint Nicholas”,  nella quale rappresenta St. Nik rotondetto, con barba bianca e vestiti rossi orlati di pelliccia, alla guida di una slitta volante trainata da otto renne (delle quali indica anche i nomi) che la notte di Natale si cala nei camini con un sacco pieno di giocattoli da portare in dono ai bambini buoni. 
Il racconto venne pubblicato il 23 dicembre dell’ anno successivo su un giornale di New-York (The Sentinel) con il titolo  “The Night Before Christmas” ed ebbe un successo clamoroso in tutti gli Stati Uniti:  che dura ancora oggi.
Il racconto  influenzò anche Charles Dickens che nel suo Canto di Natale (A Christmas Carol) del 1843  rappresenta lo spirito del Natale in modo molto simile a St. Nick.

La trasformazione definitiva di San Nicolao in Santa Claus avverrà nel 1862, quando per il Natale di quell’anno, l'illustratore Thomas Nast raffigurò, sulla rivista di New York "Harper's Weekly”, il St. Nick di “The Night Before Christmas”, chiamandolo per la prima volta unicamente Santa Claus, come un uomo anziano, piuttosto paffutello, con una vistosa barba bianca, con giacca rossa orlata di pelliccia bianca, appello e stivali, che, con straordinaria energia, vola di tetto in tetto con la sua slitta trainata dalle renne.
A partire dal 1863 Nast produsse una serie infinita di disegni natalizi per “Harper’s Weekly” e per altri editori e riviste,  il cui soggetto era  sempre Santa Claus.

Babbo Natale torna in Europa 

La figura attuale di Babbo Natale  è opera di due dei più grandi illustratori statunitensi, Norman Rockwell e Joseph Leyendecker  che, a partire dagli anni 20’ del XX secolo plasmarono il Santa Claus che ormai domina il nostro immaginario collettivo.
Fu proprio  prendendo spunto da tali opere, che Haddon Sundblom, il 22 dicembre 1931 lanciò sulla  rivista Liberty la famosa campagna pubblicitaria invernale della Coca Cola disegnando il suo Santa Claus, sulla falsariga di quelli di Rockwell e Leyendecker, mentre beve appunto una Coca-Cola.

Santa Claus, ormai diventato il personaggio centrale del Natale USA, all’inizio del XX secolo, esportato dalla macchina commerciale ed industriale americana (ma anche dal cinema), riattraverserò l’oceano, ritornando nella vecchia Europa, dove   giro di poco più di cinquant’anni  è diventato  anche da noi  il nuovo incontrastato portatore di doni: con lui  anche la data  di consegna dei suoi regali è tornata ad essere   il settimo giorno prima delle calende di gennaio (la notte del 24/25 dicembre).

In molti paesi, tra i quali il nostro, San Nicolao sopravvive e resiste al suo alter ego, e, seppur in tono molto minore, continua a portare doni ai nostri bambini il 6 dicembre.

Questa è la storia di Babbo Natale e di tutte le sue vite precedenti. 

I motivi del suo successo, come degli altri portatori di doni che, nell’arco dei secoli, lo hanno preceduto, è legato ad un’esigenza comune a tutti i nostri antenati e che  esisteva ancora prima del Natale o del “Dies Natalis Solis Invicti” e di tutte le feste legale al solstizio d’inverno che li hanno preceduti. 
L’esigenza di tenere duro nel momento più buio e freddo dell’inverno quando le provviste dovevano essere razionate perché la primavera era ancora lontana, ma soprattutto l’esigenza di coltivare la fiamma della speranza che il freddo ed il buio si sarebbero dileguati presto e la natura sarebbe diventata meno ostile. Il solstizio d’inverno era il punto di svolta: da quel momento la notte sarebbe stata sempre meno buia. 

Da qui il bisogno comune a tutti i nostri antenati di  festeggiarlo e, almeno per una volta, mangiare a sazietà; e per aver il sorriso dei bambini, che erano il futuro,  era cosa buona e giusta lascargli credere che un essere soprannaturale vegliava sulla famiglia e aveva portato dei piccoli doni per allietare la festa.

Di certo un contadino medievale o di uno qualsiasi dei secoli passati (come pure un suo antenato sumero, fenicio, egiziano, greco o romano) farebbe molta fatica a capire il nostro Natale ed il nostro modo consumistico di festeggiare anche solo per i quantitativi di cibarie che siamo capaci di  gettare nella spazzatura, e di certo  sorriderebbe di fronte a quelle che per noi sono crisi economiche.

Ma anche noi, come lui, coltiviamo la speranza di un futuro migliore. 

E poi, per parafrasare l’incipit di “White Christmas” la più famosa canzone natalizia, portiamo nel nostro cuore un ricordo di un bianco Natale lontano nel tempo, di quando non avevamo ancora attraversato i cancelli dell’infanzia, e cominciavamo ad aspettare Babbo Natale quattro mesi prima, e le cose ci sembravano più vere, più autentiche. 

È allora che desideriamo fare per i nostri figli ciò che i nostri genitori hanno fatto per noi. È allora che ci rendiamo conto che non possiamo fare a meno del nostro Natale e di Babbo Natale.

(*) Avvocato e blogger di liberatv

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