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29.03.2018 - 15:150
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Ready player one: nelle sale ticinesi l'ultimo film di Steven Spielberg. Un film per tutti? Sì, ma per goderne appieno serve una vera cultura pop anni '80 e '90

La recensione: il giornalista Eric John di IndieWire ha definito Ready player one: “la cosa più impressionante che Spielberg abbia mai fatto in termini di puro intrattenimento“. E siamo d’accordo con lui. Un film che sa intrattenere il pubblico per ben due ore e mezza

di Roberta Nicolò*

 

È uscito oggi nelle sale ticinesi “Ready player one”, l’ultimo film di Steven Spielberg, che quest’anno ci ha regalato ben due pellicole. Deliziandoci a inizio anno con “The Post” che ha conquistato il premio National Board of Review Award come miglior film lo scorso dicembre e ha ottenuto due candidature agli Oscar.

 

“Ready player one”è un film per tutti? Sicuramente non ha controindicazioni, ma ammettiamolo, senza una vera cultura pop anni '80 e '90 non se ne può godere appieno. Quindi se avete meno di quarant’anni il nostro consiglio è quello di farvi una preventiva full immertion nel mondo dei vecchi video giochi. E visitare un museo tecnologico dove osservare stupiti arcaici modem telefonici, commodore 64 e il mitico videogame Donkey Kong (n.d.r schivare le botti lanciate King Kong è stato il passatempo preferito dai bambini dei primi anni ottanta, un vero must).

 

La storia è tratta dall’omonimo romanzo del 2010 di Ernest Cline. Siamo a Columbus, Ohio, nel 2045, Wade, interpretato energicamente da Tye Sheridan, è un ragazzo che cerca di sfuggire al mondo tetro e pericoloso nel quale vive rifugiandosi in Oasis, un mondo virtuale, in cui gli utenti vivono vite idilliache. Quando James Halliday, l'eccentrico milionario creatore del gioco muore, offre la sua fortuna come premio di una complessa caccia al tesoro. Parte così una sfrenata lotta alla conquista del potere di Oasis.

 

Una metafora sull’apatia della vita contemporanea, che vive ormai con il naso immerso letteralmente nei device che la trasportano in un mondo virtuale: quello dei social network. Una tendenza che ci vede fuggire la realtà di un’esistenza che non abbiamo più la forza di cambiare. Un bisogno di apparire diversi: più magri, più giovani, più ricchi. Il preambolo al passaggio successivo, quello dell’assuefazione alla realtà virtuale proposta in “ready player one”. Siamo forse noi il giocatore numero uno che si deve preparare all’azione?

 

Oasis è una droga per la mente, il regno nel quale l’autostima sfugge alle costrizioni a ribasso di una vita imbrigliata nei limiti. Il moderno paese dei balocchi. Una fantasia trasformata in realtà dove non esiste tempo e dove lo spazio non ha più regole, neppure la forza di gravità ha potere. Così Spielberg costruisce citazioni in carne ed ossa o meglio in MB con personaggi e situazioni presi a prestito da film del passato, cartoon, manga e naturalmente video games.

 

Un mondo che gioca sui cromatismi, quello della regia di Steven Spielberg, come già altri avevano fatto prima di lui (basti ricordare Matrix), nel quale il sogno è a colori accesi mentre la vita di tutti i giorni, quella vera per intenderci, è resa da toni insaturi e colori tristi.

 

Tra gli interpreti la giovane Olivia Cook nel ruolo di Samantha Evelyn, Simon Pegg veste invece i panni di Ogden Morrow il co-creatore del magico mondo di Oasis e socio di James Donovan Halliday, intrepretato da Mark Rylance. Tutti assolutamente di buona presenza.

 

Il giornalista Eric John di IndieWire ha definito Ready player one: “la cosa più impressionante che Spielberg abbia mai fatto in termini di puro intrattenimento“. E siamo d’accordo con lui. Un film che sa intrattenere il pubblico per ben due ore e mezza.

 

*giornalista - www.cinemany.ch

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