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Quarto Potere
01.11.2017 - 10:020
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Il Corriere e "l'infiltrato di Unia", Fabio Pontiggia ribatte alle polemiche sul pezzo che ha scatenato un pandemonio. "Termine opinabile ma sulla deontologia nulla da rimproverarmi. Dalla RSI critiche indecenti"

Il direttore del quotridiano di Muzzano, intervistato da Area, il giornale del sindacato, affronta tutte le obiezioni che sono state sollevate negli ultimi giorni a proposito dell'ormai famigerato articolo sull'ex agente di Argo 1: "Mettere il nome in prima pagina? L’interesse pubblico della vicenda ha consigliato la pubblicazione. Nel rispetto delle leggi"

MUZZANO - È un articolo che ha creato un pandemonio nel pandemonio, come del resto più volte accaduto lungo la tortuosa vicenda dello scandalo Argo 1. Parliamo del pezzo pubblicato dal Corriere del Ticino intitolato “La sicurezza e gli infiltrati targati Unia”.

 

Da quell’articolo è scoppiato un duro scontro tra il quotidiano di Muzzano e Falò. E diverse associazioni dei giornalisti ne hanno criticato forma e contenuto. Fabio Pontiggia, dopo aver ribattuto sul suo giornale, ha risposto alle domande di Area.

 

Il direttore del Corriere del Ticino, nell’intervista pubblicata dal foglio Unia, ha affrontato tutte le obiezioni che sono state sollevate negli ultimi giorni a proposito di quell’articolo. A cominciare dalla decisione di pubblicare in prima pagina il nome e cognome dell’agente bollato come “infiltrato” del sindacato all’interno di Argo 1.

 

“È una valutazione (quella di pubblicare il nome, ndr.) - argomenta Pontiggia - che i nostri giornalisti hanno fatto, ritenendo che non vi fosse nulla che sconsigliasse la pubblicazione del nome. L’interesse pubblico della vicenda ha consigliato la pubblicazione. Nel rispetto delle leggi, naturalmente”.

 

Questa scelta redazionale, gli fa notare l’intervistatore, rischia però di produrre delle dinamiche. Trovarsi il proprio nome sbattuto in prima pagina non contribuisce alla denuncia degli abusi. “Questo è giusto - ribatte Pontiggia - è molto comprensibile e vale nella cronaca di tutti i giorni, per la normalità. Il caso Argo 1 è invece eccezionale e va quindi trattato dal profilo giornalistico in maniera diversa”.

 

E veniamo al termine “infiltrato di UNIA”, con cui è stato etichettato l’ex agente di Argo 1, che tanto clamore ha suscitato: “Abbiamo usato due termini - spiega il direttore del CdT - “controllori sindacali” nel lancio in prima pagina e “infiltrati” nel titolo dell’articolo. È legittima la critica. Eccessivo il secondo termine? È opinabile. Non era intenzione dei giornalisti né della testata colpire il lavoro che gli associati di Unia svolgono quotidianamente, in certi casi, in situazioni difficili. Questo come norma generale. Ma ripeto, il caso Argo 1 rappresenta un’eccezionalità per le implicazioni politiche e quindi va trattato diversamente. La trasparenza va fatta su tutti i fatti, non solo su alcuni”.

 

Pontiggia accetta le critiche sulla forma ma rispedisce al mittente quelle deontologiche: “Si può opinare su un’analisi giornalistica, non sui fatti ; dal profilo deontologico le critiche, formulate in termini indecenti come quelle provenienti dalla Rsi, le rispedisco al mittente. Infelice usare i termini controllori o infiltrati? Controllori no, su infiltrati si può discutere. Se dall’esterno c’è l’impressione che sia stata calcata la mano in maniera arbitraria per colpire i 22.000 associati di Unia, si può capire, ma non è certo quello l’obiettivo del giornale”.

 

Infine, il collega di Area, chiede a Fabio Pontiggia, sempre in ambito di deontologia professionale, se non siano in qualche modo scivoloni paragonabili la notizia infondata pubblicata dal Corriere sulla polizia tedesca - per la quale il direttore si scusò - e l’articolo dedicato all’ex agente di Argo 1: “Nel caso “Germania” - risponde Pontiggia - le scuse erano un atto dovuto, perché l’articolo si fondava su una documentazione falsa. Nel caso dell’articolo di Argo 1 e Unia, tutti i fatti di cui abbiamo riferito sono confermati. Si contesta l’averli resi pubblici, ma questa è una valutazione di opportunità; non è contestabile il fatto in sé. La critica deontologica ci sta quando un giornale pubblica notizie non fondate. Non quando, in base a proprie valutazioni, rivela fatti veri”.

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