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Quarto Potere
16.01.2018 - 10:070
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

"Politicamente scorretto": quello che ha funzionato e quello che no della prima puntata della trasmissione di Nicolò Casolini. Bene tempi e verve nella conduzione, ma troppi orpelli. Ottimi gli ascolti dell'esordio

L’idea è buona, il risultato apprezzabile, ma bisogna lavorarci, come è del tutto normale per una nuova trasmissione. E fortunatamente ci sono il tempo, le risorse e le qualità per farlo. Oltre che la tranquillità fornita dai dati d’ascolto che consente di correggere con scelte non dettate dall’ansia da prestazione (ma non intervenire cullandosi nel riscontro del pubblico sarebbe un peccato capitale…)

di Andrea Leoni

 

La nuova trasmissione di Nicolò Casolini è un tentativo di intrattenimento sperimentale da parte della RSI che va nella giusta direzione. Per questo motivo occorre incoraggiarlo e sostenerlo.

 

Non si giudicano i programmi sulla base di una puntata e quindi questo articolo, più che una recensione, è un piccolo ventaglio di spunti critici in vista delle prossime 7 emissioni. Per mettere a fuoco quello che a nostro avviso ha funzionato e quello che no. Con la premessa che, nel complesso, l’esercizio è riuscito positivamente.

 

Innanzitutto il titolo è un po’ ingannevole: se c’era qualcosa di “Politicamente scorretto” nei 25 minuti dello show, non ce ne siamo accorti. Dunque, non essendo immaginabile un cambio del brand in corsa, converrà aggiungere un po’ di sale e un po’ pepe alla ricetta. Anzi, facciamo un bel po’.

 

Ben inteso: non si trattava di mettere alle corde il vescovo Valerio Lazzeri, l’ospite della puntata di esordio andata in onda sabato sera. Non era certo quella la sede per fustigare il monsignore. Però non può essere neppure sufficiente, per ossequiare le intenzioni, porre all’intervistato qualche domanda personale o fargli calciare un rigore con la maglia di Valon Behrami (che tuttavia è stato un passaggio di azzeccata leggerezza). I contenuti, a livello autoriale, vanno sviluppati con maggior cura. L’intervista ha avuto dei momenti interessanti, inediti, intimi, e questo è l’aspetto positivo da conservare. A cui però va sommato il resto per far luccicare il prodotto.

 

Questo, in effetti, era il pericolo maggiore che portava in pancia questo progetto televisivo ancor prima di andare in onda: quello di rimanere legato nella camicia di forza del “vorrei ma non posso”. Un limite che per tradizione è insito nella RSI, elegante quando deve indossare l’abito istituzionale, spesso impacciata e a disagio quando decide di vestirsi in modo alternativo. E purtroppo in tempi di No Billag questo freno rischia di essere ancora più tirato….preventivamente. Un po’ questa percezione l’abbiamo avuta.

 

Un’altra sbavatura del programma riguarda gli orpelli che pesano sull'impalcatura dello show. Non serve il personaggio che introduce e accompagna l’ospite, ed è addirittura disturbante il fisarmonicista incaricato di fare l’accompagnamento musicale. Uno controsenso in una trasmissione che vuole essere fresca, moderna e irriverente. Un modo un po’ goffo, oltre che stravisto, per strizzare l’occhio a una tradizione popolare e per sottolineare, senza un motivo, la ticinesità della produzione.

 

La prova del pane in cui ha dovuto cimentarsi il Vescovo è stata sbagliata concettualmente. Troppo lunga per i tempi della trasmissione. Inconcludente dal punto di vista dei contenuti. Esagerata per l'ospitata di un mastro panettiere (un’altra presenza non funzionale). E drammatica per la regia - curata dall’ottimo Fiorenzo Mordasini - che ha dovuto inventare una serie di tagli brutali per cucire il programma. Al contrario la degustazione del vino ha funzionato bene. Brillanti nel complesso sono stati il ritmo e i tempi, ed efficace la verve nella conduzione.

 

In tv vale più che altrove la regola iscritta sul tempio di Delfi: nulla di troppo.

 

Più in generale continuiamo a pensare che la principale cifra di Nicolò Casolini sia la comicità, piuttosto che la presentazione. È più un Fiorello che un Cattelan. Gli viene meglio la battuta che la domanda. Costruita in questo modo la trasmissione soffoca il respiro alla vena comica del conduttore. Questo è un punto cruciale. Nicolò nella prima puntata ci è piaciuto ma non ci ha fatto ridere: la brutale impressione è che non sia stato valorizzato appieno. Ed è uno spreco se si ha a disposizione un talento come lui. Ci auguriamo che nelle prossime settimane gli si ritagli qualche perimetro per fargli esprimere il meglio della sua creatività.

 

Insomma, per concludere, l’idea è buona, il risultato apprezzabile, ma bisogna lavorarci, come è del tutto normale per una nuova trasmissione. E fortunatamente ci sono il tempo, le risorse e le qualità per farlo. Oltre che la tranquillità fornita dai dati d’ascolto che consente di attuare le opportune correzioni con scelte non dettate dall’ansia da prestazione (ma non intervenire cullandosi nel riscontro del pubblico sarebbe un peccato capitale…). La prima puntata ha infatti registrato in media il 38% di share con 41’600 spettatori. Ottimo risultato, bravi!

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