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17.10.2018 - 14:310
Aggiornamento: 18.10.2018 - 08:17

TG Talk sera: una bella scommessa televisiva...vinta. Teleticino si conferma una fabbrica di creatività

Ieri sera la prima puntata, dedicata al sadico di Romont, della nuova trasmissione di Sacha Dalcol. La recensione

di Andrea Leoni

Una bella scommessa televisiva...vinta. Parliamo dell’edizione serale di Tg Talk (ieri la prima delle quattro puntate previste il martedì, 20.30, Teleticino) che ha messo sul banco qualche fiches su un genere televisivo in grande affanno: quello, per l’appunto, del talk informativo. Lo ha fatto proponendo una versione alternativa del format, almeno alle nostre latitudini: rivisitare un grande caso che ha segnato la storia del Paese.

La cronaca nera ha dominato il primo episodio della serie, dedicato al sadico di Romont, nomignolo giornalistico del serial killer Michel Peiry che negli anni ottanta sconvolse la Svizzera con i suoi efferati omicidi. Una vicenda agghiacciante con degli addentellati anche in Ticino, dove fu commesso uno dei delitti. A narrare in studio il capitolo ticinese della storia, Giorgio Galusero, oggi deputato in Gran Consiglio e all’epoca ispettore della polizia cantonale. Fu lui a raccogliere per mesi le confessioni di Peiry: il sadico lo condusse fino ai resti della vittima a Cresciano.

Un racconto da film dell’orrore, quello di Galusero, le cui fila sono state abilmente tirate da Sacha Dalcol, in un mix riuscito tra cronaca e umanità, tra i ricordi del vecchio inquirente e l’uomo, ancora visibilmente segnato dalla vicenda.

Quel che ha funzionato meglio nel programma è stato il patto tra il conduttore e il pubblico. Alla promessa - vi raccontiamo una storia - è stata corrisposto un risultato. Una risultato, attenzione, non solo dal punto di vista della parola (che in televisione conta sì e conta no) ma del complesso del racconto: emotività, immagini, tempi. Questo, insomma, è una trasmissione ben scritta, sia dal punto di vista drammaturgico che della regia (Irina Moser, brava!). Una rarità nella televisione di oggi che molto spesso si limita a mandare in onda persone che parlano, senza canovaccio. La trovata più evidente, in tal senso, è stata la ricostruzione del caso da parte di  Filippo Suessli, in versione Carlo Lucarelli. Molto efficace anche se troppo lunga e statica, nei due interventi, con quell’unica posa alla scrivania.

Rivedibile anche la scenografia che avrebbe un gran bisogno almeno di qualche accento, che la differenzi dalla striscia quotidiana in onda dopo il TG. Luci? Un logo diverso nello schermo dietro il conduttore? Qualcosa occorrerà inventarsi.

In aggiunta, per dare ancora un pizzico di sprint e di respiro, si potrebbe pensare a qualche altro inserto teatrale (youtube è una miniera….) o magari incorniciando meglio alcuni momenti chiave: ad esempio, per quanto attiene la puntata di ieri, una lettura scenica dei diari di Peiry. Queste opzioni hanno maggior resa rispetto a una scheda che aggiunge solo parlato al parlato dello studio.

Ma si tratta davvero di piccole sbavature in un quadro riuscitissimo. Avendo fatto quel lavoro lì, in quel posto lì, posso immaginarmi i salti mortali che Dalcol e la sua squadra - giornalisti e tecnici - hanno dovuto compiere per confezionare il programma, realizzandolo nei ritagli di tempo tra gli impegni quotidiani in redazione.   

La Teleticino di Matteo Pelli si conferma essere una fabbrica sperimentale di creatività. In questa seconda annata con scelte finalmente improntate al rinnovamento, anche in prima serata, e con una maggiore attenzione alla qualità del prodotto. Meno cose, fatte meglio. E se questo discorso fino ad oggi era buono soprattutto per l’intrattenimento, con la svolta verso il genere del reality, oggi lo si può dire anche per l’informazione.

Il pubblico sta premiando questo lavoro: la puntata di ieri di TgTalk è stata seguita in media dal 5% dei telespettatori. Indubbiamente un successo per una realtà come Teleticino. 

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