Il numero di dipendenti statali in Svizzera cresce a ritmi più elevati rispetto all’aumento della popolazione: è la conclusione a cui è giunto uno studio dell’Istituto di politica economica dell’Università di Lucerna pubblicato nelle scorse settimane. Secondo i ricercatori, il settore pubblico nel suo insieme, considerando dunque anche aziende ed enti parastatali, impiega oggi il 17,4% della popolazione attiva a livello nazionale e tra il 2011 e il 2021 i posti ‘statali’ sono aumentati del 15,9%, a fronte del +10,7% registrato nell’economia privata.
Oggi lavorano direttamente o indirettamente per lo Stato circa 950’000 persone, che rappresentano un quarto di tutte le persone occupate in Svizzera. Basilea Città, Ginevra, Neuchâtel e Ticino sono nell’ordine i cantoni in cui vi sono più statali per abitante.
Il tema fa discutere a livello nazionale e cantonale, perché quella per il personale è una delle voci di spesa più importanti nei conti pubblici ed è in continua crescita. Non solo: i funzionari hanno in generale, rispetto al settore privato, salari più elevati e garanzie maggiori.
Il Morisoli-bis
Il centro destra invoca a gran voce misure di intervento, ritenendo che gli statali siano dei privilegiati e, soprattutto, che siano troppi. Proprio oggi il Corriere del Ticino ha dato notizia dell’iniziativa dell’UDC che propone un “decreto Morisoli bis” con l’obiettivo del pareggio dei conti cantonali entro il 2027. Ferma l’intenzione di plafonare le uscite di alcune voci, in particolare quella che riguarda il personale.
E proprio il capogruppo dell’UDC, Sergio Morisoli, sarà tra gli ospiti di Matrioska in onda questa sera alle 19,30 su TeleTicino. Con lui, il coordinatore dell’MPS Giuseppe Sergi, il co-presidente del PS Fabrizio Sirica, il capogruppo della Lega Boris Bignasca, il presidente dell’Associazione industrie ticinesi Oliviero Pesenti e il segretario del sindacato OCST Xavier Daniel. Titolo: “Siamo un popolo di funzionari?”.
La votazione di Soletta
Alla vigilia dello sciopero degli statali del 29 febbraio scorso, l’UDC lanciò un’offensiva sull’Amministrazione cantonale: “Va resa più funzionale e meno costosa – dichiarò alla Regione il presidente Piero Marchesi -. Come? Attraverso iniziative parlamentari. E magari anche una o più iniziative popolari, perché l’iter parlamentare impiega troppo tempo”.
Secondo uno studio dell’Idehap, l’Istituto di studi sull’amministrazione pubblica dell’Università di Losanna, aggiunse Marchesi, il Ticino ha il 33% di statali in più rispetto alla media degli altri Cantoni: “Bisogna dunque trovare un sistema che, in modo graduale e dunque senza licenziare nessuno, porti a una riduzione progressiva del numero di collaboratori a una quantità ragionevole. Un esempio concreto per farlo potrebbe essere quello che andrà in votazione nel Canton Soletta domenica, che lega il numero di dipendenti pubblici al rapporto col numero della popolazione”.
Già, si era, allora, anche alla vigilia della votazione di Soletta, che fece discutere in tutta la Svizzera. Ma la proposta di vincolare il numero di dipendenti pubblici a quello degli abitanti venne bocciata alle urne.
Si torna in piazza, ma piovono le critiche
In ogni caso, il tema del costo dell’amministrazione pubblica tornerà nel dibattito sul preventivo 2025 che entrerà nel vivo nelle prossime settimane. E già i sindacati annunciano mobilitazioni di piazza.
Una mossa criticata da entrambi i quotidiani. Ha scritto Jacopo Scarinci sulla Regione: “La decisione dei sindacati di mantenere la manifestazione del 16 ottobre per ‘tenere alta la mobilitazione’ in vista delle trattative per la concessione del carovita ai dipendenti pubblici e tutto quello che concerne la manovra di rientro allegata al Preventivo 2025 impone due letture. La prima è che i sindacati hanno il diritto e dovere di fare il loro lavoro, cioè difendere i propri affiliati e battagliare per migliorare le condizioni di chi di certo non ruba lo stipendio ma garantisce da un lato un servizio, dall’altro al Cantone di funzionare. La seconda, però, è che stiamo assistendo a dei sindacati storici sempre più, si passi il termine, ‘Erredipizzati’”.
Gli ha fatto eco Gianni Righinetti sul Corriere del Ticino: “Convocare preventivamente manifestazioni di piazza per metà ottobre come hanno fatto le principali sigle sindacali per, tra l’altro, ‘la difesa della qualità del servizio pubblico’ è in linea con il gioco delle parti, ma non si capisce bene cosa possa produrre per l’interesse collettivo che va oltre alle già esistenti garanzie di cui gode chi lavora per lo Stato. Le condizioni salariali e le condizioni quadro forse erano migliori in passato, ma la ‘certezza del posto di lavoro’ (giusto o sbagliato che sia) lì non conosce eguali. Va serenamente ammesso, anche da parte di chi suona la grancassa del sindacalismo cantonticinese”.