ULTIME NOTIZIE Archivio
L'Ippopotamo al Festival
06.08.2018 - 17:520
Aggiornamento: 07.08.2018 - 11:13

Spike Lee, il Ku klux klan, Trump...e l'artista che fa? Carica a testa bassa

“BlacKkKlansman” è un film che ti tiene sveglio, spesso col fiato sospeso, perché Lee è un regista afroamericano che sa raccontare le sue storie, di afroamericani. Però...

Basta con gli scherzi. Entriamo in punta di zampe in questo Locarno 71/2018, in ritardo e dalla porta della Piazza, e subito le cose si fanno serie. Fin troppo.

 
Ieri sera in una piazza piacevolmente bagnata abbiamo visto “BlacKkKlansman” di Spike Lee. Un film che ti tiene sveglio, spesso col fiato sospeso, perché Lee è un regista afroamericano che sa raccontare le sue storie, di afroamericani, con molta abilità, padroneggiando diversi stili cinematografici e mescolando generi che vanno, in questo caso, dal comico al drammatico, con punte da thriller su una colonna sonora sempre pertinente e affascinante.

 
Ma bastano pochi minuti per essere scossi dal brivido di un’intuizione, intravedendo quello che potrebbe essere l’inevitabile sottotesto, il leit motiv, il filo conduttore di tutto il festival. Siamo o non siamo nell’epoca dei populismi, dei sovranismi , dei trumpismi, dei putinismi, dei salvinismi e così via precipitando verso gli abissi di torbide nostalgie per il passato nazifascista? E come si comporta l’”intellettuale collettivo”, artista, giornalista o selezionatore di film che sia, di fronte a questi mostri? Com’è d’obbligo: caricando a testa bassa.

E’ lo spirito del tempo. Un momento però, non crediate che stiamo tuffandoci nel festival con il salvagente di giudizi precotti. Noi volteggiamo sullo splendido e limaccioso stagno locarnese liberi e leggeri come libellule, pronti a lasciarci sorprendere da tutto quel che possiamo scorgere nei pochi film che ci riuscirà di vedere con i nostri occhi e sentire con le nostre orecchie.


E poi, non solo è legittimo che un talentuoso regista afroamericano che ha fatto della lotta ai pregiudizi razziali –reali e tosti- che ammorbano (ancora) la società in cui vive lo scopo della sua arte, possa vedere il suo attuale presidente come un dito nell’occhio; ma è anche divertente la modalità scopertamente ironica con cui Lee mette in bocca ai suoi personaggi più macchiettistici (attivisti del famigerato Ku klux klan) gli slogan trumpiani stile “America fisrt” o “America great again”.

 
Possiamo solo rimproverargli la pesantezza con cui appiccica in coda all’happy end della pellicola, insieme a documenti di episodi recenti di stragi a sfondo razzista (che potrebbero anche starci), il brano di un discorso di Trump che suona apologetico di certi atteggiamenti tradizionalisti. Come dire: “se non l’avevate ancora capito…”.

 
Quanto a eventuali rimproveri da fare ai selezionatori del festival locarnese (sintagma cortese che sta per la parola “direttore”)… è un po’ presto, ne riparleremo, se mai. D’altronde, il selezionatore diligente potrà sempre invocare a propria difesa il semplice fatto che sono le opere di recente creazione ad essere intrise dello Zeitgeist (lo spirito del tempo), nell’ottica dell’intellettuale collettivo di cui sopra. E quanto a improbabili film populisti, se mai ne esistessero, è bene risparmiarceli; forse, però, c’è anche il cinema non militante che scava nel sottosuolo delle paure sociali, delle solitudini e dei terrori esistenziali, nel profondo della crisi dell’uomo contemporaneo, là dove pescano anche le derive populiste e gli egoismi sovranisti. Ma è un altro film.


Da parte sua, Spike Lee vuole fare i conti, in questo film, con i miti infranti che in passato hanno alimentato le sue simpatie per la le lotte dei neri americani, dalle Pantere Nere ai messianismi islamici di Malcom X (della cui stupenda autobiografia Lee ha tentato una trasposizione cinematografica, che purtroppo non conosco). Ci prova, con coraggio e nobiltà, ma a mio parere in modo un po’ confuso. Qualche brandello di “contro-razzismo” identitario gli rimane pur sempre attaccato, anche là dove critica le posizioni delle Pantere Nere e del loro guru Stokely Carmichael, cercando di abbracciare un’impostazione integrazionista, attraverso il simpaticissimo protagonista del film, Ron Stallworth, e il suo sodale Flip Zimmerman, unico bianco che non esca troppo malconcio da questo “BlacKkKlansman”. Un bel film.

Resta connesso con Liberatv.ch: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔
Tags
film
lee
spike
regista
blackkklansman
klux
ku
artista
trump
testa
News e approfondimenti Ticino
© 2024 , All rights reserved