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03.01.2015 - 16:370
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

A tu per tu con il mago del foie gras: “Farlo conoscere è la mia missione. I miei abbinamenti? Unici, ma sempre nel rispetto del prodotto originale”

Al vino santo del Trentino, al pepe di Sichuan, al cioccolato o ai fichi della Turchia, ecco come nascono le terrine di Bernard Fournier, chef dello storico ristorante Da Candida a Campione

CAMPIONE – “Di foie gras? Oh, potrei parlarne per ore: è la mia passione e anche la mia missione”. Inizia così la chiacchierata con Bernard Fournier, chef dello storico ristorante Da Candida a Campione d’Italia, dove nascono le sue molte, e uniche, variazioni di fegato grasso.

Classe ’56 e uno spiccato accento francese che, nonostante gli anni trascorsi in Italia, dichiara ancora la sua provenienza, Bernard, nato in Lorena, nella capitale del cristallo Baccarat, è il penultimo di sette figli. Gli uomini della famiglia, ci racconta, sono da generazioni tutti macellai, “io sono stato l’unico maschio a sbandare”. Una ‘deviazione’ che, dopo gli studi presso la scuola alberghiera di Strasburgo, l’ha portato a maturare la sua esperienza dietro ai fornelli di grandi cucine come quella dello Schillinger a Colmar, della compagnia Paquet sul Mermoz e dell'Hilton di Parigi, solo per citarne alcune.

Ma Bernard, da noi come nel mondo, è soprattutto “Le Royal Fournier”: questo infatti il marchio registrato (depositato nel 1994 in Francia, e, dal 2000, reso europeo e svizzero con estensione mondiale) dal mago del fegato grasso nel segno della sua missione: far conoscere e apprezzare il foie gras anche al di fuori dei confini francesi.

Tutto è nato, racconta, quando si è trasferito in Italia. “A Parigi avevo conosciuto mia moglie, una italiana. Nell’84 ho voluto tentare l’esperienza e ci siamo trasferiti a Trento”, dove infatti Fournier fu Chef e Patron del ristorante Orso Grigio, in cui ha cominciato a fare le prime prove delle sue terrine di fegato grasso.

“Ho scoperto allora che gli italiani non sapevano bene cosa fosse il foie gras: lo confondevano con il paté, ma sono due cose completamente diverse. Da qui è partito il mio interesse e ho deciso di far conoscere questa pietanza. Una passione che negli anni è diventata quasi una missione”. Fournier spiega infatti che, oltre a proporlo nel suo ristorante e a vendere le sue terrine, organizza anche corsi privati. “Non con chef o esperti, ma direttamente a contatto con le persone che sono interessate. Sei ore, divise in due tranche, in cui propongo una degustazione delle varie terrine, dimostrazioni dal vivo e, soprattutto, in cui parlo della storia del foie gras e delle problematiche alimentari e animaliste”.

La sua è infatti una missione che si scontra a volte con le critiche, anche veementi, che la preparazione di questo prodotto comporta. “Ho ricevuto lettere anonime di insulti e di minacce dopo una trasmissione, andata in onda una quindicina di anni fa, sul maltrattamento degli animali, in cui si parlava anche dell’ingozzamento delle oche per produrre foie gras. Da allora molto è cambiato, le regole sono diventate più ferree e a livello europeo ci sono ora normative precise su come debba avvenire l’ingozzamento”.

Altro modo per farlo, oltre a quello osteggiato, però non c’è e Fournier invita quindi a diffidare di diciture come ‘prodotto senza ingozzamento’ o simili: “Le indicazioni sulle etichette di alcuni prodotti, spesso quelli che si trovano negli scaffali della grande distribuzione, confondono i consumatori. È un alimento criticato, ma ha una lunga storia – in Francia è infatti parte del patrimonio culinario nazionale – e, per assurdo quasi, più se ne parla male, più se ne mangia”.

Un paradosso, che, ci svela, è anche svizzero: nella Confederazione infatti le regole sono molto ferree e solo la sua importazione è ancora concessa. Eppure: “Indagando ho scoperto che proprio la Svizzera, dopo la Francia, è il secondo paese consumatore di foie gras per numero di abitanti”.

Insomma, “nonostante il pregiudizio iniziale, una volta assaggiato, il foie gras è poi molto apprezzato e mangiato”. E apprezzatissime sono le sue terrine, in cui il fegato grasso si sposa in abbinamenti davvero unici, come quella col vino santo del Trentino, la prima combinazione nata dall’estro di Fournier.

“In realtà sono un tradizionalista – racconta –, all’inizio preparavo solo la variazione col vino santo. Poi però avevo iniziato a pensare di organizzare una sei settimane con diverse serate a tema; l’idea è piaciuta, ma una di queste aveva al suo centro il cioccolato. Mi dicevo: Bernard però, cioccolato e foie gras assieme non vanno bene…” Come fare e come non fare, ed ecco che Fournier si inventa il fegato grasso con gocce di cioccolato. “Da allora la ricetta è stata perfezionata, migliorandosi costantemente nel tempo e oggi lo facciamo con cacao al 65%”.

Come da allora la varietà di abbinamenti si è arricchita e oggi si hanno così le terrine in torchon al Sauternes, al tartufo nero, alla vaniglia di Tahiti, al pepe di Sichuan, ai fichi della Turchia… Tutti abbinamenti, sottolinea, “fatti sempre difendendo il prodotto di base. Il gusto che ne deriva non deve essere forte, non deve sovrastare il sapore originale. È un’unione in grado di esaltare in cuore del foie gras e renderlo ancora più unico”.

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