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20.09.2015 - 13:460
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

In salmì, brasata, alla griglia o per fondue. Tutti i consigli di Andrea Stuppia per godersi la Regina: sua maestà la selvaggina

Il macellaio: "Dal ragù di cinghiale, passando per la fondue bourguignonne o chinoise di selvaggina mista, ai grandi classici: quanti piatti deliziosi. Oggi vanno i tagli pregiati. E beccacce, pernici o fagiani non lu cucina quasi più nessuno"

GIUBIASCO – Che sia in salmì, brasata, alla griglia, immersa in brodo o olio, la selvaggina resta la Regina di questo periodo. Ma anche qui, le mode e i tempi fanno il loro corso e le abitudini sono cambiate spiega il macellaio Andrea Stuppia. Dall’esperienza diretta dei due punti vendita di Giubiasco e Lamone, “ma anche parlandone con gli altri macellai – spiega –, notiamo che oggi si tende a preferire, magari anche acquistandola meno spesso, i tagli di selvaggina più pregati come il filetto, la sella o l’entrecôte. Questo penso anche per una questione di tempi: le lunghe cotture sono sempre meno gettonate e quelli che vanno per la maggiore sono infatti i tagli dalla preparazione più immediata”. Se si allarga poi il discorso anche ai volatili, aggiunge Stuppia, sentirsi richiedere beccacce, pernici, fagiani, e anche piccioni, è ormai cosa rara. “Entriamo in un campo difficile: sono in pochi a sapere ancora come cucinarli. Sono così diventati, in un certo senso, alimenti ricercati che si gustano al ristorante più che a casa”. Nonostante i trend, per chi è più pratico i grandi classici come salmì e brasato, siano di cervo o cinghiale, “tengono sempre botta”. Come, in generale, le vendite della selvaggina: “È un bel mercato. Soprattutto quando si hanno giornate uggiose, vien voglia a tutti di mangiare questi piatti belli sostanziosi e inzupposi”. La selvaggina che si trova in commercio, spiega, è spesso di importazione. “La cacciagione nostrana è più legata al consumo personale, fra parenti e amici, o alla vendita diretta, anche perché non ce n’è a sufficienza per le esigenze del mercato. Per questo ci arrivano spesso dall’estero: ma si tratta sempre di carne su cui possiamo dare ottime garanzie al cliente”. Nel suo caso, racconta, capriolo e cinghiale arrivano dall’Austria e dall’Europa dell’est, mentre il cervo dalla Nuova Zelanda. “Rispetto alla cacciagione nostrana, sono carni dal sapore più leggero. Il che per molti è un punto a loro favore, perché non tutti amano sentire in modo pungente il selvatico”. Chiediamo quindi all’esperto qualche dritta su quali tagli scegliere e come portali al meglio sulla nostra tavola. Per i contorni, gli accompagnamenti più classici restano anche i migliori: una bella polenta oppure, per una cottura più veloce, delle tagliatelle o degli spätzli; i funghetti trifolati che si sposano sempre bene come le castagne. “E per trovare nuovi spunti – scherza Stuppia –, il ristorante è sempre una buona fonte di ispirazione”. Il consiglio generale resta quello di affidarsi a macellai professionisti, “che vi sapranno sempre consigliare al meglio sulla scelta e la preparazione dei tagli”. E nell’era dei social, Stuppia corre in aiuto dei masterchef casalinghi anche dalla sua pagina Facebook. “Basta un pollicione e troverete sempre buone novità”, assicura. L’ultima in arrivo calza poi proprio con il tema della nostra chiacchierata: la ricetta del salmì. A La Macelleria, spiega, “non vendiamo prodotti precotti. Così ognuno a casa ha la possibilità di cucinarsi il piatto come preferisce, personalizzandolo. Lo stesso è per il salmì: noi prepariamo la carne facendola riposare in un vino da 14.5 gradi e poi diamo, come sempre, i consigli su come prepararlo”. Sempre più gettonate sono la fondue bourguignonne o chinoise di cervo o di selvaggina mista con anche capriolo e cinghiale e qui servono, naturalmente, parti tenere come filetto o scamone. “Piace perché, oltre che buono, è molto conviviale: non richiede grande preparazione, se non per le salsine, e una volta pronte e scaldato il brodo o l’olio la si gusta tutti insieme al tavolo”. Per i brasati, oltre al cervo, anche il cinghiale è ottimo. “Con il collo si può pure fare uno spezzatino o il famoso ragù alla toscana: è in sostanza uno sminuzzato a lunga cottura che porta poi la carne a sfaldarsi. Deve stare sui fornelli almeno tre ore con del buon vino, ma il risultato finale dà dei sapori e dei profumi che te li ricordi per un bel pezzo!” Con il filetto di cervo poi, continua, si può fare un po’ di tutto: “Dalla grigliata alla bourguignonne fino alla tagliata. È una di quelle parti più pregiate di cui parlavo prima, ma il costo, in realtà, non è così esorbitante ed è quindi sempre molto richiesto”. Nell’inventario di pietanze, ricorda Stuppia, non vanno dimenticati poi i salametti, di cervo o cinghiale. “Ma con il cervo prepariamo anche una fantastica carne secca”.
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